loader
menu
© 2024 Eddyburg
Mario De Vita
Residence Leopardi
24 Agosto 2013
Beni culturali
«L'eremo di Recanati, tanto caro al poeta, rischia di essere trasformato in una lottizzazione per ricchi turisti. Con i Beni culturali che, privi di fondi e personale, assistono impotenti allo scempio». Il manifesto, 24 agosto 2013

L'ermo colle che sovrasta Recanati e che fu sempre caro a Giacomo Leopardi rischia di scomparire sotto il peso di un residence. Siamo nel 2012 quando, sfruttando il piano casa regionale, spunta fuori un progetto chiamato «Piano di recupero di iniziativa privata», che prevede, tra le altre cose, la trasformazione della casa colonica sul colle da manufatto rurale a lotto residenziale: aumento delle volumetrie, metri cubi di cemento armato e locali interrati. Appresa la questione, i funzionari della sovrintendenza dei Beni culturali prima sbiancano e poi fanno presente ai costruttori che, su tutta l'area, esiste un vincolo imposto dal ministero nel 1955. La vendetta della modernità sulla poesia, però, si consuma qualche tempo dopo, in un'aula del Tar: il vincolo è da sciogliere, sull'ermo colle si può costruire, è proprietà privata. A nulla sono servite le parole dei tecnici, secondo i quali «l'incidenza visuale determinata dagli interventi in progetto si configurerebbe come un danno al patrimonio paesaggistico». Dall'altra parte si ribatte che «il colle così com'è non ha senso», che «la zona è abbandonata al degrado» e che la casa colonica è soltanto «un rudere», concludendo che, in ogni caso, i proprietari della zona hanno il diritto di disporre dei propri averi come meglio credono.

La questione va avanti da anni, con l'amministrazione e la famiglia Leopardi che si oppongono a oltranza al progetto della country house al posto della veduta che ispirò quello che forse è il componimento più famoso del poeta di Recanti. Dietro il progetto c'è una proprietaria terriera, Anna Maria Dalla Casapiccola, titolare di una dimora «esclusiva» nel recanatese nata nel '600 per ospitare i pellegrini diretti a Loreto e che ora dispone di tre camere doppie da 130 euro a notte. La signora, segnalano le gazzette locali, qualche tempo fa si esibì anche in un imperdibile «Corso di bon ton» nel quale lei «molto preparata sull'argomento, essendo continuamente in contatto con personalità di alto rango e del jet set internazionale, ha spiegato con modestia, semplicità e competenza le regole del buon vivere affascinando i partecipanti».
Ogni manuale di letteratura parla del rapporto difficile tra Leopardi e i suoi conterranei, ma il poeta, sicuramente, non si aspettava che i posteri avrebbero avuto in serbo per lui un contrappasso tanto doloroso: la ginestra si arrende alle «magnifiche sorti e progressive», il titanismo nulla può davanti alla ben più prosaica giustizia amministrativa e ai voleri di una donna che svende i propri quarti di nobiltà a turisti con le tasche piene e la voglia di immergersi, almeno per qualche ora, nel fascino per nulla discreto di un'aristocrazia affondata dalla Storia: altro che canto notturno, questa è proprio la notte in cui tutte le vacche sono nere. In Regione, d'altra parte, Leopardi torna utile soltanto quando c'è da far recitare qualche suo verso a uno spaesato Dustin Hoffman in un costosissimo spot delle bellezze locali mandato in onda qualche anno fa.
In Sovrintendenza sono disperati: «Non abbiamo i soldi, non abbiamo personale, non siamo in grado di gestire tutti i casi che ci arrivano», e allora la signora Dalla Casapiccola ha giocato sul velluto e, in poche udienze, ha ottenuto il permesso per fare quello che vuole con la casa colonica, che tra le altre cose è a un tiro di schioppo da un altro simbolo leopardiano: la torre del passero solitario. Un problema - quello della mancanza di fondi - che si presenta sempre uguale davanti ad ogni questione che riguarda i beni culturali sparsi lungo la penisola: Pompei cade a pezzi, ogni volta che dal sottosuolo delle città emerge qualche testimonianza del passato si preferisce coprire tutto e continuare i lavori, i pochi precari della cultura che dispongono di un contratto hanno stipendi da fame. Il paese che, secondo diverse statistiche, dispone della maggior parte dei beni artistici e culturali del pianeta Terra preferisce sempre voltarsi dall'altra parte. L'ultima carta da giocare prima dell'arrivo del cemento è un ricorso al Consiglio di stato. La Sovrintendenza sta lavorando a ritmo febbrile per produrre una documentazione convincente da depositare entro i primi di ottobre: bisogna dimostrare che, i progetti presentati dalla signora Dalla Casapiccola snaturerebbero un'area dall'indiscutibile valore storico e culturale, vincolata da sessant'anni. Detta così potrebbe anche sembrare una cosa semplice, ma il giudizio espresso dal Tar è un precedente inquietante. L'Infinito che scopre i suoi confini; un naufragare molto poco dolce, in questo mare di cemento.

Qui "l'infinito" nei suoi confini

ARTICOLI CORRELATI

© 2024 Eddyburg