In effetti non c’era (e non ci sarebbe) da scaldarsi troppo per la decisione della Cassazione. Perché in definitiva il referendum costituzionale è un atto dovuto quando si presentano le condizioni previste dall’articolo 138 della Costituzione, la prima delle quali è che la riforma non abbia ricevuto in parlamento la maggioranza «qualificata» dei due terzi dei voti. Come in questo caso. Ovviamente per presentare il referendum come il risultato dell’iniziativa di Renzi bisogna mettere un po’ tra parentesi questi dettagli. E poi, annunciare che solo adesso possiamo stare certi che il referendum si farà aiuta palazzo Chigi a gestire la prossima mossa: la scelta della data.
Al punto in cui siamo, nulla impedisce al presidente del Consiglio di convocare la prossima settimana il Consiglio dei ministri che deve fissare la data del referendum. Più volte Renzi ha sostenuto che, fosse per lui, si andrebbe a votare «il più presto possibile». L’ha detto anche in televisione ma a ogni buon conto lo ripeteva ancora ieri in un retroscena sempre su Repubblica, dunque possiamo fidarci: «Io voterei anche subito». Da qualche tempo però, da quando le amministrative prima e i sondaggi poi hanno fatto capire al presidente del Consiglio che rischia seriamente di perdere la «sfida», a queste solenni intenzioni si accompagnava la necessità di aspettare la decisione della Cassazione. Che è giunta solo ieri, all’improvviso, senza dare il tempo di immaginare una data – perché così ci fa capire Repubblica. E non basta. Ora «ci sono i tempi tecnici da rispettare», aggiunge Renzi, sempre nel retroscena.
Ma neanche questi tempi «tecnici» sono misteriosi: il referendum si deve tenere minimo 50 massimo 70 giorni dopo il Consiglio dei ministri che lo indice. Dunque, convocando i ministri la prossima settimana, potremmo tranquillamente andare a votare nelle prime settimane di ottobre. Anche il 2 ottobre, come Renzi si augurò in tv prima che cambiasse il vento. La legge di stabilità, il parlamento impegnato nella sessione di bilancio non possono essere indicati come un ostacolo, arriveranno dopo (l’anno scorso il governo presentò la legge in senato il 25 ottobre). Eppure non andrà così e voteremo a novembre inoltrato. Perché per allora Renzi spera di aver risalito la china. Aiuti non gli mancano.