Green report, 21 luglio 201421 luglio 2014
Dopo la tappa in Mozambico, dove ha firmato gli accordi già stesi dall’Eni con il governo di Maputo per gli immensi giacimenti gasieri del Paese africano, Renzi nel suo tour petrolifero si è recato in altri due Paesi già marxisti-leninisti: la Repubblica del Congo (Brazzaville) e l’Angola, ora convertiti al liberismo familistico/tribale più sfrenato, ma gestito sempre dagli stessi uomini che hanno cambiato casacca ideologica.
La visita di Renzi in Africa sembra più quella di un piazzista dell’Eni che quella di un premier di uno Stato democratico, e la “tecnica” utilizzata sembra ormai essere quella “cinese”, adottata anche da democrazie che poi si scoprono “selettive” se si parla di Ucraina o Gaza: accordi e pacche sulle spalle con tutti e nessuna domanda sui diritti umani e le libertà di opinione.
Comunque, se l’accordo in Mozambico – il più democratico tra i Paesi visitati – era più o meno ordinaria amministrazione (al di là dell’enormità delle riserve di gas scoperte da Eni) come ben sanno i lettori di greenreport che hanno seguito le scoperte di Eni nell’offshore di quel Paese, diversa è la situazione per quanto riguarda il Congo-Brazzaville, dove Renzi ha incontrato l’inossidabile presidente Dennis Sassour Nguesso, prima dittatore marxista-leninista e poi autoritario e ricchissimo presidente eletto.
Alla presenza di Renzi e Nguesso, l’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi, e il ministro degli Idrocarburi congolese, Andre Raphael Loemba, hanno firmato un accordo di cooperazione che conferma la storica presenza della nostra multinazionale nel Paese e «nel quale si afferma – spiega un comunicato Eni – la volontà di perseguire nuove iniziative nel bacino costiero congolese, che si estende dall’onshore Mayombe al deep-offshore».
Eni opera nella Repubblica del Congo dal 1968, ininterrottamente (anche ai tempi della dittatura filo-sovietica). Nel 2013 la compagnia italiana ha estratto circa 120.000 barili di olio equivalente al giorno. Descalzi, che in questo tour africano è sembrato fare le funzioni di ministro degli Esteri dell’Italia, ha confermato «l’importanza storica e strategica del Paese per Eni e ha riaffermato il massimo impegno della compagnia a proseguire nello sviluppo delle proprie attività, in particolare dei giacimenti rispetto ai quali, in seguito a un negoziato strategico, il governo congolese a fine 2013 ha prolungato i permessi (Madingo, Marine VI e Marine VII)».
Nell’Africa Sub-Sahariana, dove produce circa 450.000 di olio equivalente al giorno, Eni è presente inoltre in Ghana, Gabon, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Togo, Kenya e Liberia e Angola, ed è proprio in quest’ultimo Paese che Renzi ha fatto tappa per incontrare il presidente Jose Eduardo Dos Santos, del partito egemonico ex marxista-leninista dell’Mpla, e soprattutto suo figlio Jose Filomeno Sousa, presidente del Fondo sovrano angolano, creato con i proventi del petrolio.
Anche qui Renzi era stato preceduto il 19 luglio da Eni, che in un comunicato ha annunciato: «N’Goma FPSO è pronta a salpare in direzione dell’area offshore del blocco angolano 15/06, dopo la cerimonia di battesimo che si è tenuta ieri a Port Amboim. In seguito inizierà le operazioni di ormeggio e aggancio. Questa è per Eni e i suoi partner una tappa fondamentale per il conseguimento del first oil del West Hub Development Project previsto per la fine del 2014. Il progetto segnerà il ritorno di Eni in Angola come operatore in acque profonde». Eni è presente in Angola dal 1980, in piena guerra civile tra i marxisti dell’Mpla, appoggiati da cubani e sovietici, che avevano liberato l’Angola dal colonialismo portoghese, e i ribelli dell’Unita appoggiati dal Sudafrica razzista e dagli occidentali, e nel 2013 ha avuto una produzione netta di 87.000 barili al giorno.
La visita di Renzi in Angola, che a Lunada ha parlato davanti ad una platea composta quasi interamente composta da investitori italiani e occidentali (vedi foto), serve quindi a mettere il suggello definitivo al West Hub Project, tra i blocchi assegnati in Angola nel 2006 con un bid internazionale, la prima area di sviluppo che andrà in produzione. Questo progetto, spiega Eni, «comprende i campi Sangos, Cinguvu e Mpungi e prevede la perforazione di 21 pozzi sottomarini di cui 12 produttori, 4 iniettori acqua e gas alternativi e 5 iniettori d’acqua. La profondità d’acqua è compresa tra i 1000 e i 1500 metri. Un secondo progetto di sviluppo simile è inoltre in corso di esecuzione (East Hub) per sfruttare le riserve scoperte nella zona nord-orientale dello stesso blocco».