il Fatto quotidiano, 29 maggio 2017
Professore, ci sarà di nuovo un governo di larghe intese con Pd e Forza Italia con i Cinque stelle all’opposizione?
Perché?
«Il ceto medio in Italia è stato trattato come carne da macello dalla politica, usato e abbandonato. Oggi rappresenta una parte di società arrabbiata, per via della disoccupazione e dell’impoverimento. A queste persone nessuno sa dare risposte, nemmeno i Cinque Stelle. Non credo che potranno farlo neanche D’Alema e Pisapia. Il ceto medio è stato indebolito, e non solo economicamente. Intendo anche da un punto di vista culturale, sociale e politico. I partiti hanno usato alcune rivendicazioni e alcuni movimenti finché ha fatto loro comodo. Ricordo che Fassino si presentò alla manifestazione dei girotondi, dove i partiti non erano invitati, e si mise a firmare autografi. Oggi quando D’Alema cita “i comitati del No al referendum di Zagrebelsky” fa la stessa cosa: un’operazione opportunista e senza contenuti. Invece di riconoscere che esiste una società civile che va incoraggiata a crescere, cerca di risucchiarla. È un grande segno di miopia».
Come potrà un elettore del Pd che per lustri ha fatto la guerra a Berlusconi votare il suo partito sapendo che probabilmente si alleerà proprio con Berlusconi?
«Io vivo in Toscana e vedo quotidianamente quanta accondiscendenza c’è verso il leader, verso tutto ciò che viene dall’alto. Lo spirito critico difetta. Ma non stupiamoci, è un atteggiamento che viene da lontano: “Compagni, è cambiata la linea!”, il caro vecchio centralismo democratico. Penso che ci siano elementi di ubbidienza cieca, passati dai padri ai figli».
Perché gli intellettuali tacciono?
«Dirò una cosa antipatica: in tanti settori – della cultura, alla giustizia e alle professioni – tutto passa attraverso il potere. Se il Pd esercita un dominio vasto, si aspetta e ottiene fedeltà. In Inghilterra le risorse che la politica può distribuire sono molto meno».
Tutti tengono famiglia?
«L’altra sera ho detto a mio figlio maggiore: “Ben, ho sbagliato tutto. Avrei dovuto essere un padre ‘clientelare’, utilizzare i miei contatti per sistemare i miei figli”. E lui mi ha detto: “E’ vero, babbo. Così se Bossi aveva il Trota, io potevo essere il tuo Merluzzo”. Scherzi a parte, credo che la situazione sia tristemente e banalmente questa: la maggioranza teme di inimicarsi chi ha – o anche potrebbe avere – il potere».
In Europa il premier che attirava sorrisini, ora diventa un fattore di stabilizzazione, benvenuto agli appuntamenti del Ppe. Come è possibile?
«In Europa la situazione è disperata: non possono rischiare altre “exit”. Anche se Renzi porta il partito di Berlusconi al governo, proveranno a digerirlo. Siamo in buona compagnia, del resto: basta pensare al premier ungherese, ben peggio di Berlusconi. Credo però che Berlusconi continuerà ad avere un peso, ma resterà defilato».
Non può neanche candidarsi!
«Dopo il fallimento del rinnovamento a sinistra negli anni Novanta, bisogna essere onesti e dire che non c’è molta differenza tra le politiche neoliberiste di Berlusconi e quelle di Renzi.
Come vede le elezioni in ottobre?
«Non c’è un altro Paese come l’Italia fissato su quando e come si vota. La discussione sulla legge elettorale è stupefacente per uno straniero. Credo che Renzi voglia tornare al potere il prima possibile. Credo che non dorma la notte nel timore che il potere gli scivoli dalle mani. In politica le cose cambiano con eccezionale rapidità: Harold Wilson, un premier inglese degli Anni 60, diceva che “una settimana in politica è un tempo lunghissimo”».