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Carla Ravaioli
Ravaioli, Un mondo diverso è necessario, Preambolo
2 Dicembre 2007
Capitalismo oggi
Di questo bellissimo libro (Carla Ravaioli, Un mondo diverso è necessario, Editori Riuniti, Roma 2002), esaurito e non ancora in ristampa, inserisco per ora l'indice e il preambolo. Ne pubblicherò a puntate parti a mio parere particolarmente interessanti

INDICE

Doppio Spot (Preambolo)

Parte I – I “fondamentali”

1 - Beni § Servizi

2 - L’anima del sistema

3 – L’informazione-mercato

4 – I servizi-merce

Parte II – I fatti

1 – Globalizzati

2 – Il capitale di sempre?

3 – Il fallimento della sostenibilità

4 – L’inquinamento sociale

5 – Il dolore degli altri

6 - Liberazione a rischio

7 - L’artificializzazione del mondo

8 – I consumi e la guerra

9 – I conti sbagliati

Parte III – Le domande

1 - Il modello mancante

2 – Una crisi diversa

3 – Vecchie sinistre

4 – L’insostenibile crescita

Parte IV – Risposte?

1 – Quali valori

2 – L’accumulazione sociale

3 – Il mondo

4 – Forse l’Europa

Doppio spot ( Preambolo)

“Interrompiamo per qualche minuto di pubblicità,” annuncia il conduttore. E allo schianto delle Twin towers, indefinitamente riproposto e sempre inesorabilmente portatore della stessa carica di insopportabile tragedia, succede una levigata ragazza golosamente intenta a succhiare un cono gelato. Allo strazio di cadaveri e di viventi fatti a pezzi segue il gruppo gioiosamente ciarlero di un villaggio-vacanza, la desolazione di miserabili capanne in macerie dà spazio alla giovanissima coppia abbracciata in groppa a un motorino, il lutto di gente in fuga da ordigni mortali stacca su una bellissima pronta al fascino di una superveloce iperaccessoriata automobile e del suo possessore. La guerra cede alla felicità del consumo. L’ottimismo facile e dozzinale del mercato si alterna all’apocalisse.

E’ accaduto dall’11 settembre in poi, e continua ad accadere, da noi e dovunque, in tv pubbliche semipubbliche private. A volte senza neppure l’annuncio dell’ interruzione pubblicitaria. Come sempre d’altronde: spezzare un film un telegiornale un concerto un dibattito politico con lunghi intervalli di promozione commerciale è stata ed è la regola, e non vuole esitazioni nè pudori. Quella data che a giudizio di tutti avrebbe cambiato il mondo e la storia, e che senza dubbio non poche cose ha cambiato, non ha spostato minimamente la supremazia della merce. Sui televisori di tutto il pianeta continuano a scorrere in sequenza immediata immagini violentemente dissonanti. Nella disattenzione generale, o piuttosto nell’assuefazione a un mezzo che omologa tutti i messaggi, ci raggiunge la rappresentazione di una realtà scissa in due facce opposte ma in sostanza equivalenti, quasi i due termini di un’endiadi, in una sorta di narrazione allegorica, addirittura una metafora, della nostra realtà. Dopotutto perché mai separare merci e guerra? Non sono merci anche le armi? E non è la guerra il luogo del loro consumo?

La domanda mi era presente fin dal primo abbozzo di queste pagine destinate alla riflessione su un tema che senza retorica può definirsi “l’impero delle merci”. Ma dopo l’11 settembre mi si è posta sempre più perentoria, fino a situarsi al centro della materia, e a dettarne una lettura forse di radicale pessimismo, ma temo non lontana dalla verità.

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