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Alberto Vitucci
Quelli rovinati dal Mose. Il diritto di critica processato nei tribunali
5 Luglio 2014
MoSE
Sarà difficile trovare ancora avvocati difensori capaci di far prevalere la tesi che

Sarà difficile trovare ancora avvocati difensori capaci di far prevalere la tesi che debba essere punito chi ha criticato gli errori del MoSE e le malefatte dei suoi numerosi promotori, autori e coadiutori. La Nuova Venezia, 5 luglio 2014

VENEZIA I danneggiati del Mose. Non c’è soltanto chi ha preso soldi (tangenti, contributi, studi) dal Consorzio Venezia Nuova. Ma anche chi avendo criticato la grande opera si è ritrovato in tribunale con richieste danni. L’ultimo caso è quello di Vincenzo Di Tella, ingegnere esperto in tecnologie sottomarine. Suo, insieme agli ingegneri Paolo Vielmo e Gaetano Sebastiani, il progetto delle «Paratoie a gravità», alternativa al Mose – «meno costosa e più affidabile», garantivano gli ingegneri – presentata in Comune nel 2006 dal sindaco Massimo Cacciari.
Il governo non l’aveva nemmeno considerata. E il Consorzio aveva citato in tribunale Di Tella, chiedendogli mezzo milione di euro di danni. Alla fine l’ingegnere era stato assolto. «Diritto di critica», aveva sentenziato il giudice. «Non avevo offeso nessuno», ricorda, «solo messo in dubbio il funzionamento della struttura, perché il sistema con cui avevano fatto le prove era quello dei modelli matematici, senza prove in vasca. Li ho sfidati pubblicamente, ma non hanno mai accettato il confronto. Nemmeno quando la società di ingegneria Principia aveva messo nero su bianco le «criticità» del sistema Mose e la tenuta delle paratoie in caso di mare agitato.
Altra querela milionaria quella presentata nel 2005 dal Consorzio ai danni di Carlo Ripa di Meana, ex commissario europeo all’Ambiente ed ex presidente della Biennale che da candidato sindaco aveva condotto allora una campagna molto forte contro i danni ambientali della grande opera. «Mi avevano chiesto tre milioni di euro», ricorda, «poi la querela era stata ritirata davanti al Tribunale di Perugia. Adesso la storia ci dà ragione».
Un plotone di avvocati di peso – a Venezia Alfredo Bianchini e Alfredo Biagini, a Milano lo studio Vanzetti. Cause e risarcimenti che in qualche caso hanno prodotto l’uscita degli interessati dalla battaglia contro il Mose. Come nel caso di Riccardo Rabagliati, ex direttore dell’Accademia di Belle Arti e presidente della sezione veneziana di Italia Nostra. Alla fine degli anni Ottanta aveva affisso in città decine di locandine del settimanale «Il Mondo» con la foto del Mose davanti a San Marco e lo slogan «Le idiozie che costano miliardi». Querela ritirata dopo molti anni. Ma Italia Nostra nel frattempo era stata «azzoppata» dalle richieste di danni.
Denunce qualche anno più tardi anche per i dimostranti del Morion che avevano occupato i cantieri e la sede del Consorzio in campo Santo Stefano. Una delle cause più note era stata quella intentata ai due fratelli Spagnuolo, geometri padovani che avevano lavorato per la diga del Vajont. Per anni avevano esposto manifesti e distribuito volantini e dossier in campo San Salvador, denunciando la «pericolosità» del Mose. La vicenda penale si era conclusa per la morte di entrambi.
«Non solo richieste danni, molti di noi hanno pagato per la loro opera di tecnici indipendenti», ricorda Andreina Zitelli, docente Iuav e componente della commissione Via (Valutazione di Impatto ambientale) che nel 1998 aveva bocciato il Mose. «Io, Zitelli e Vittadini fummo oggetto di una campagna denigratoria», ricorda Carlo Giacomini, anche lui docente Iuav, «solo perché avevamo fatto il nostro dovere. All’epoca c’erano i tecnici inossidabili e quelli ossidabili. Noi facevamo parte della prima categoria». Difficoltà al Cnr anche per Georg Umgiesser, che aveva dimostrato l’efficacia delle opere alternative al Mose per ridurre le acque alte, per l’ingegnere idraulico Luigi D’Alpaos («Il Mose aggrava lo squilibrio della laguna») e per Paolo Pirazzoli, del Cnr francese.
Polemiche e vicende che dopo l’inchiesta vanno rilette sotto un’altra luce.
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