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Vittorio Emiliani
Quel costoso regalo all’illegalità
12 Ottobre 2011
Abusivismo
Le mille e una ragioni per opporsi al condono edilizio. Da l’Unità, 12 ottobre 2011 (m.p.g.)

Sei milioni di italiani vivono in 1,7 milioni di alloggi tirati su abusivamente. “Case della domenica”? Nel dopoguerra, negli anni ’50 e ’60. Poi soprattutto case, ville, villone, lottizzazioni, interi quartieri, per esempio a Casalnuovo di Napoli, denunciati dalla trasmissione Rai “Ambiente Italia”. Finanziati sovente con soldi “sporchi”. “Il trionfo del ‘Paese fai da te’ ha portato alla cancellazione di fatto dello Stato in Italia”. Lo sostiene Paolo Berdini autore della recente, documentata “Breve storia dell’abuso edilizio in Italia” (Donzelli).

Eppure Silvio Berlusconi riparla di condoni e quindi anche di condono edilizio.“Per i piccoli abusi”, minimizza lui. In realtà per venire incontro alle attese elettorali del popolo inesausto degli abusivi, degli evasori di ogni regola e legge (“Così rivinceremo le elezioni”). E solo parlandone ridà fiato ai fuorilegge del mattone, alla speranza che quei loro nuovi cantieri rientreranno in una prossima sanatoria. Il centrodestra sembra diviso fra il sì e il no. Lo è pure il governo: contrario il leghista Calderoli, favorevole La Russa che, senza arrossire, definisce il condono “un antibiotico forte” per l’Italia malata. E chi si oppone invocando l’etica pubblica? Per Cicchitto e Boniver è “un Savonarola”. Del condono fiscale si è già detto tutto il male possibile. Quello edilizio è, chiariamolo, un regalo sciagurato alla illegalità criminale e un delitto contro ambiente-paesaggio- difesa del suolo. Quando si costruisce una villa abusiva, tutto è “in nero”: niente oneri di urbanizzazione; nessun rispetto dei vincoli idrogeologici e altro; illegali le imprese di trasporto e costruzione; niente contratti, né contributi per i lavoratori, e così via.

Quindi, sono, già in partenza, una raffica i danni assicurati al bene primario e collettivo “paesaggio”. Ma, almeno, il condono edilizio frutta incassi immediati? Di voti sì, di denari no. Secondo la Corte dei conti, nel 2008 restavano da incassare ancora 5,2 miliardi di euro previsti col condono del 2003-2004, quattro o cinque anni prima, cioè il 20 % del gettito previsto. Ma vi sono ancora aperte pratiche del primo condono, quello voluto, con l’intento in parte sincero, di “chiudere per sempre la partita dell’abusivismo edilizio” dal governo Craxi nel 1984. Una pia illusione, nel migliore dei casi. E sì che il condono berlusconiano del 2003 (il secondo del Cavaliere, dopo quello del 1994) era stato edilizio e ambientale e sanava pure guasti avvenuti in aree protette. Addirittura in aree in parte demaniali. Come del resto è successo per decenni in Sicilia dove la colata di cemento si è riversata a filo di arenile, cioè in buona parte su aree demaniali. Abusi di per sé insanabili. Che da decenni non hanno più nulla a che fare con l’edilizia illegale “di necessità”.

Dunque, il condono edilizio non fa incassare denari a breve. Anzi, ne fa spendere allo Stato: 500 euro ogni 100 incassati, sostiene l’urbanista Berdini. Per portare servizi pubblici essenziali. Oggi esso unisce in un solo fronte contrario i costruttori veri che si oppongono e chiedono (Paolo Buzzetti, presidente dell’ANCE) norme per riqualificare il patrimonio edilizio degradato, i Comuni (“una istigazione a delinquere”, tuona il sindaco di Piacenza, Roberto Reggi), associazioni come FAI e Wwf. Rianima l’edilizia? No, deprime slealmente quella che c’è. E allora, perché inserirlo in questa manovra? Per ragioni sfacciatamente pre-elettorali che riguardano soprattutto il Mezzogiorno dove si concentrano da sempre (record in Sicilia e Campania) i due terzi dell’edilizia fuorilegge. Sono ricorrenti le istanze per una sanatoria speciale dedicata alla Campania, sempre più imbruttita e sfregiata, dove l’abusivismo (inquinato dalla camorra) ha devastato costa, interno e splendide isole come Ischia ormai in costante pericolo di sfacelo. All’inizio della sua “discesa in campo” Berlusconi proclamò: “Ciascuno è padrone a casa sua”. Era l’invito al “fai-da-te” più totale e sfrenato dei padroncini. E alla parallela distruzione di ogni nozione di interesse generale o collettivo, di controllo dello Stato. Peggio del fascismo? Alla fine, probabilmente sì.

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