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Pasquale Doria
Quei palazzi del centro storico? Possono essere destinati tutti a finalità turistico-alberghiera
28 Aprile 2016
Leggi regionali
Come si incentiva l'accoglienza turistica? In deroga ai piani, ovviamente. Così prevede una legge della Basilicata che consentirà a chiunque di aprire un albergo in centro storico
Come si incentiva l'accoglienza turistica? In deroga ai piani, ovviamente. Così prevede una legge della Basilicata che consentirà a chiunque di aprire un albergo in centro storico, con e senza opere. La Gazzetta del Mezzogiorno, 24 aprile 2016 (m.b.)

Nessun vincolo. Si può mutare la destinazione d’uso di qualsiasi immobile legittimamente edificato. Che sia connesso o meno a alla realizzazione di opere edilizie, qualunque edificio del centro storico può essere trasformato in una struttura turistico-alberghiera. Lo stabilisce una legge della Regione. Spinto ai suoi limiti più estremi, è piuttosto il trionfo della deregulation. In inglese si dice così e da noi si ripete pari pari, forse anche per non farsi capire da tutti. Del resto, la traduzione in italiano non è il massimo. Si parla di deregolazione, oppure di deregolamentazione per indicare un processo vasto. Comporta l’allentamento dei controlli e delle restrizioni in economia come in urbanistica, con l’obiettivo di incoraggiare l’iniziativa, specialmente quella privata, confidando in una sorta di autoregolamentazione interna al sistema che promuove queste pratiche. Il dibattito, in realtà, va avanti da decenni ormai, perché spesso i mercati liberi da controlli hanno finito per rendere subalterno lo stato di diritto al mercato. Poche regole, significa anche far west. Con tanti saluti alla ricchezza del Bel Paese, faro di civiltà e attrattore da secoli dei visitatori del mondo intero, per ragioni storiche ben precise.

Basterebbe citare la prescrizione del poliedrico genio del Rinascimento italiano dal quale tutta la cultura urbanistica occidentale ha tratto nutrimento. Si trova nel De re aedificatoria, opera alla quale Leon Battista Alberti lavorò fino alla morte, nel 1472. Un trattato in cui, già nel Prologo, si sottolinea decisamente il legame tra attività progettuali, costruttive e convivenza civile: "a riunire e mantenere insieme gli esseri umani". Da allora, la ricerca di una finalità sociale e di un giustificazione morale è entrata nel centro dello statuto e della riflessione urbanistica in tutto il mondo.

Quanto però si coniuga a questa esigenza di convivenza civile la legge regionale n. 5 del 4 marzo 2016 - Collegato alla legge di stabilità regionale 2016, non è chiaro. Anzi, è possibile mutare giudizio leggendo attentamente i tre comma dell’articolo 39 della legge. Si occupa di «Norme in funzione di Matera Capitale della cultura 2019. Riuso e recupero del patrimonio edilizio esistente per stimolare l'accoglienza turistica». Ecco, nel dettaglio cosa dice: «1. La Regione, a seguito della designazione di Matera Capitale Europea della Cultura 2019, al fine di stimolare l'accoglienza turistica promuove iniziative di riuso e recupero del patrimonio edilizio esistente. 2. Per le finalità di cui al comma precedente, nei centri storici dei comuni del territorio regionale, è consentito il mutamento di destinazione d'uso di immobili legittimamente edificati, connesso o meno alla realizzazione di opere edilizie, da residenziale, direzionale o commerciale a turistico- alberghiera. 3. I comuni di cui al comma 2, entro il termine perentorio di 120 giorni dall'entrata in vigore dalla presente legge possono, con motivata deliberazione, individuare gli immobili per i quali le disposizioni di cui al presente articolo non trovano applicazione»

Bisogna incrociare le dita e confidare sull’espressione «motivata deliberazione». Gli appetiti, indotti da una falsa rappresentazione della città, purtroppo non mancano. Trascorsi 120 giorni dall'entrata in vigore della legge, quindi, sul patrimonio edilizio esistente nel centro storico si potrà realizzare qualsiasi cosa per l'accoglienza turistica, e non solo a Matera, città patrimonio mondiale dell’Unesco. Ecco perché gli anglofili parlano di deregulation, mentre gli italiani - una minoranza sempre più esigua in verità - continuano a dire, senza esagerare, che spesso dietro quel termine si nascondono barbarie contro la storia e la civiltà. A giusta ragione.

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