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Roberto Ciccarelli
Quattro Sì per uscire dall’austerità
27 Giugno 2014
Articoli del 2014
«500 mila firme entro 90 giorni contro il Fiscal compact. Nel comitato promotore economisti, sindacalisti, parlamentari di tutti gli schieramenti politici. Per eliminare le disposizioni che obbligano governo e parlamento a fissare obiettivi di bilancio più gravosi di quelli definiti in sede europea».

«500 mila firme entro 90 giorni contro il Fiscal compact. Nel comitato promotore economisti, sindacalisti, parlamentari di tutti gli schieramenti politici. Per eliminare le disposizioni che obbligano governo e parlamento a fissare obiettivi di bilancio più gravosi di quelli definiti in sede europea».

Il manifesto, 27 giugno 2014
Novanta giorni, da gio­vedì 3 luglio a mar­tedì 30 set­tem­bre. È que­sto il tempo a dispo­si­zione del comi­tato pro­mo­tore dei quat­tro refe­ren­dum «Stop all’austerità, sì alla cre­scita, sì all’Europa del lavoro e di un nuovo svi­luppo» per rac­co­gliere 500 mila firme e con­vo­care una con­sul­ta­zione popo­lare sul Fiscal com­pact, il «pilota auto­ma­tico» che obbli­gherà l’Italia a tagliare il debito pub­blico dal 133% al 60% a par­tire dal 2016 fino al 2036.

Com­po­sto da eco­no­mi­sti, giu­ri­sti e sin­da­ca­li­sti di diverso orien­ta­mento cul­tu­rale e poli­tico, dall’ex vice­mi­ni­stro Pdl dell’Economia, Mario Bal­das­sarri, al sin­da­ca­li­sta Cgil Danilo Barbi, dagli eco­no­mi­sti Ric­cardo Real­fonzo e Gustavo Piga, a Cesare Salvi, Laura Pen­nac­chi e Paolo De Ioanna, ieri alla pre­sen­ta­zione dell’iniziativa alla Camera dei depu­tati il comi­tato si è mostrato fidu­cioso sulla pos­si­bi­lità di sca­lare una vetta impe­gna­tiva in breve tempo. Un giu­ri­sta come Giu­lio Salerno ritiene che i quat­tro que­siti refe­ren­dari su alcune dispo­si­zioni della legge 243 del 2012 (la legge che ha attuato il prin­ci­pio di equi­li­brio del bilan­cio pub­blico intro­dotto dalla legge costi­tu­zio­nale n°1 del 2012), pos­sano essere giu­di­cati ammis­si­bili dalla Corte Costituzionale.

Il refe­ren­dum si rivolge ad una legge ordi­na­ria di attua­zione della Costi­tu­zione e non com­por­terà la vio­la­zione degli obbli­ghi con­tratti dal nostro paese in sede euro­pea o in un trat­tato inter­na­zio­nale, fat­ti­spe­cie che non potreb­bero essere oggetto di una con­sul­ta­zione refe­ren­da­ria. Secondo Giu­lio Salerno, pur essendo stato votato dalla mag­gio­ranza asso­luta dei mem­bri delle Camere, il pareg­gio di bilan­cio non può essere con­si­de­rato una norma «rin­for­zata e orga­nica». In più, non tutte le parti del pila­stro dell’austerità finan­zia­ria sono costi­tu­zio­nal­mente vin­co­late. È anzi pos­si­bile abro­gare i punti che non inci­dono diret­ta­mente sulla defi­ni­zione del bilan­cio dello Stato.

Que­sto aspetto è stato stu­diato nell’ultimo anno in una serie di incon­tri e di pub­bli­ca­zioni curate dall’associazione «Viag­gia­tori in movi­mento». Creata dall’economista Gustavo Piga, a que­sta asso­cia­zione par­te­ci­pano anche poli­tici della prima e della seconda Repub­blica quali Mario Segni, Gior­gio La Malfa, Enzo Carra e Paolo Cirino Pomi­cino, oltre che Bruno Tabacci e Cesare Salvi. Una volta com­po­sto il comi­tato pro­mo­tore, e otte­nuto l’impegno della Cgil a rac­co­gliere le firme durante l’estate, si è pre­ci­sata la rispo­sta all’insidioso argo­mento sull’ammissibilità del refe­ren­dum anti-austerity. Tranne il rife­ri­mento ai para­me­tri giu­ri­dici euro­pei, la legge 243 del 2012 non accenna al trat­tato inter­na­zio­nale costi­tu­tivo del Fiscal com­pact. Quest’ultimo non riguarda l’Unione euro­pea, ma gli stati che hanno ade­rito alla moneta unica. Il comi­tato pro­mo­tore ritiene così di avere aggi­rato i divieti per l’iniziativa referendaria.

I quat­tro «Sì» richie­sti potreb­bero modi­fi­care l’applicazione «ottusa» del prin­ci­pio dell’equilibrio di bilan­cio, eli­mi­nando alcune gravi stor­ture intro­dotte dal par­la­mento ita­liano. Si vuole così eli­mi­nare le dispo­si­zioni che obbli­gano governo e par­la­mento a fis­sare obiet­tivi di bilan­cio più gra­vosi di quelli defi­niti in sede euro­pea. Il refe­ren­dum abroga la dispo­si­zione che pre­vede la cor­ri­spon­denza tra il prin­ci­pio costi­tu­zio­nale di bilan­cio e il con­sid­detto «obiet­tivo a medio ter­mine» sta­bi­lito in Europa, una norma che non è impo­sta dal Fiscal com­pact. Vin­cendo il refe­ren­dum, l’Italia potrebbe ricor­rere all’indebitamento per rea­liz­zare ope­ra­zioni finan­zia­rie, un’azione oggi vie­tata. Infine, ver­rebbe abro­gata l’attivazione auto­ma­tica del mec­ca­ni­smo che impone tasse o tagli alla spesa pub­blica in caso di non rag­giun­gi­mento dell’obiettivo di bilan­cio, deciso dai trat­tati inter­na­zio­nali e non dall’Unione europea.

Al di là dei tec­ni­ci­smi, il signi­fi­cato del refe­ren­dum è poli­tico. Vuole rom­pere l’embargo intel­let­tuale e la para­lisi poli­tica creata dal com­mis­sa­ria­mento della poli­tica eco­no­mica da parte delle lar­ghe intese e rac­co­gliere un con­senso dif­fuso sul fatto che i trat­tati euro­pei vanno cam­biati, non sem­pli­ce­mente appli­cati. Secondo l’economista Ric­cardo Real­fonzo, la pro­spet­tiva indi­cata dal pre­si­dente del Con­si­glio Renzi, quella dell’«austerità fles­si­bile», è ina­de­guata: «Va incon­tro ai Paesi in dif­fi­coltà senza però cam­biare real­mente il disa­stro pro­dotto dalle poli­ti­che ispi­rate all’”austerità espan­siva” — afferma — Tra l’altro sono stati fatti errori enormi sui mol­ti­pli­ca­tori fiscali. È scien­ti­fi­ca­mente pro­vato ormai che, ad esem­pio, un taglio da 10 miliardi di euro alla spesa pub­blica implica una per­dita di 17 miliardi di euro del Pil. Renzi vuole atte­nuare l’austerità invo­cando la fles­si­bi­lità dei trat­tati, ma in realtà si è impe­gnato a rag­giun­gere gli stessi obiet­tivi di lungo periodo sta­bi­liti nei trat­tati. Per que­sto oggi abbiamo biso­gno di una spinta dal basso per eser­ci­tare una pres­sione sul governo ita­liano e quelli euro­pei. Biso­gna dare un segnale forte».

Ad oggi hanno ade­rito alla cam­pa­gna refe­ren­da­ria Sel e alcuni espo­nenti del par­tito Demo­cra­tico. Per l’ex vice-ministro dell’economia Ste­fano Fas­sina (Pd), il refe­ren­dum è l’unica strada «per sal­vare l’Europa» anche se il «Par­la­mento non è ancora con­sa­pe­vole della dram­ma­ti­cità della que­stione», così come lo stesso Renzi non ha «dato la sen­sa­zione di essere con­sa­pe­vole». Al refe­ren­dum sarebbe inte­res­sato anche Gianni Cuperlo. L’ex Sel, Gen­naro Migliore, pas­sato al gruppo misto, lo sostiene. «Oggi si fa molta reto­rica sull’austerità – ha detto Giu­lio Mar­con (Sel) – ma sulle scelte poli­ti­che non si fa un passo avanti. I trat­tati vanno cam­biati, il refe­ren­dum ci offre uno stru­mento per rilan­ciare il dibattito».

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