Mentre tutto va male nel mondo economico, ci siamo dimenticati che dai palazzi vaticani arriva la buona notizia che stiamo per diventare (in ottobre) 7 miliardi. Per di più, e meglio ancora, arriva anche una nuova previsione demografica. Finora si stimava che nel 2050 saremmo arrivati a 9 miliardi, per poi cominciare a decrescere. Ma oggi la stima è diventata che a fine secolo, nel 2100, saremo 10 miliardi. È anche perché l'Aids è diventato controllabile e non ucciderà più come prima. Ma è anche per merito (o per colpa) della Chiesa cattolica che si ostina – pressoché sola tra tutte le religioni – a proibire i contraccettivi e a demonizzare il controllo delle nascite.
Eppure la nuova proiezione dei dieci miliardi è terrorizzante. Anche perché il sovraccarico demografico colpirà soprattutto l'Africa. Per fortuna per fine secolo la popolazione cinese scenderà a quota 950 milioni, e anche se l'India dovrebbe salire da 1 miliardo e 200 milioni di oggi a più di un miliardo e 500 milioni, anche così il totale dei due colossi asiatici rimarrebbe invariato. Invece l'Africa è davvero votata al disastro. Quest'anno la zona in crisi di siccità e di cibo è il Corno d'Africa; ma lo è da parecchio, si tratta di una crisi ricorrente. Che ricorre un po' dappertutto. Ma la proiezione che più spaventa è quella della Nigeria, che dai 150 milioni di oggi dovrebbe addirittura salire a 730 milioni. Follia suicida? Certo. Ma la stessa follia è diffusa in tutta l'area, fino al Sud Africa.
Aggiungi che i dati demografici non dicono tutto. Di tanto un Paese povero si sviluppa davvero, di altrettanto aumentano i consumi pro capite: consumi di cibo ma anche di comodità di vita. Chi non ha mai visto la luce elettrica, ora la vuole; chi ha sofferto il freddo dell'inverno e il caldo dell'estate ora vuole riscaldamento e condizionatori; chi va in bicicletta aspira a una motocicletta; chi mangiava solo riso ora vuole anche carne. Quindi l'aumento demografico comporta aumenti moltiplicati di cibo e di comodità. È giusto. Ma il «carico ecologico» diventa così sempre più insostenibile. L'altra faccia del problema è che la sovrappopolazione fa salire l'inquinamento e anche il riscaldamento dell'aria. Per il 2100 l'aumento dovrebbe essere di 4 gradi con effetti sconvolgenti sul clima e anche sul livello del mare.
E mentre l'acqua salata cresce, l'acqua dolce diminuisce. Ovunque le falde acquifere che alimentano l'agricoltura si assottigliano (scendono) da decenni. Cina e India possono ancora contare sui fiumi alimentati dai ghiacciai dell'Himalaya; ma il granaio del mondo, gli Stati Uniti, dipende in buona parte dalle falde acquifere di Ogallala, che oramai si abbassano tra i trenta e i novanta centimetri l'anno.
Che fare? Io dico che la crescita demografica va fermata ad ogni costo. Ma nessuno osa dirlo; l'argomento è proibito. Tutti o quasi tutti invocano la tecnologia e le sue scoperte. Ma non c'è tecnologia che basti e che ci salvi con dieci miliardi di viventi.
e se ci potesse mettere una piccola grande pezza (anche) una intelligente politica urbana? Non solo da lustri la povera sottofinanziata e decadente scienza occidentale ci spiega che la città correttamente pianificata (non lo slum globale in fondo amato dai finanzieri) ha una impronta ecologica e un consumo energetico proporzionalmente inferiore a quella di insediamenti tradizionali. Non solo anche le attività agricole che oggi degradano il territorio troverebbero spazio qualificato e ruolo virtuoso nei contesti urbani post-moderni. Ma soprattutto, come ci insegna la storia, la società urbana fabbrica automaticamente meno figli, paternità e maternità cosiddette responsabili, ovvero meno automaticamente legate all’atavico istinto dell’accoppiamento (se mi si consente di semplificare così la faccenduola), e meno legate alla pure atavica idea della famiglia autoritaria e patriarcale, della progenie come braccia per i campi, del brulicare di sudditi come simbolo di potere. Paiono sciocchezze, ma sarebbero sciocchezze storicamente confermate, no? (f.b.)