Le conseguenze anche nel bollettino economico della Banca Centrale Europea. Oggi il dualismo economico tra Nord e Sud Italia si è allargato al Nord e Sud Europa. L'analisi degli economisti Emiliano Brancaccio e Riccardo Realfonzo». Il manifesto, 30 luglio 2015
Echi si ritrovano nel rapporto 2015 dello Svimez sul Mezzogiorno (italiano) dove al rapporto asimmetrico tra il centro (in sostanza la Germania) e le periferie (i paesi dell’Europa del Sud) se ne aggiunge un altro: quello tra Sud e Est europeo integrato nell’Eurozona. «Dal 2001 al 2013 la crescita del Pil considerato in potere di acquisto (Ppa) è stato un quinto inferiore di quella delle regioni deboli dei nuovi paesi dell’Est. Nei primi cinque anni della crisi, 2008–2013, il Pil è aumentato del 4,5% nelle aree più forti («regioni della competitività») ed è diminuito dell’1,1% in quelle più deboli (quelle della «convergenza») che all’inizio avevano un reddito pro-capite inferiore al 75%. Prima della crisi, dal 2001 al 2007, le regioni più deboli avevano registrato una convergenza crescendo del 39,6%, più delle aree forti (+31,3%). È accaduto in Spagna, mentre in Germania si è registrata una maggiore omogeneità.
L’Italia fa storia a parte. Sud e Centro-Nord crescevano prima della crisi con il 19% e il 21,8%, poi il crollo: +0,6% il Centro-Nord, –5,1%. Le asimmetrie si sono aggravate con l’allargamento a Est. Il Sud ha sofferto la concorrenza del dumping fiscale. Tra il 2000 e il 2013 l’Italia è stato il paese che è cresciuto di meno in termini di Pil in Ppa: +20,6% contro il 37,3% dell’Eurozona a 18. Il Sud è cresciuto oltre 40 punti in meno della media delle regioni di convergenza dell’Europa a 28 (+53,6%). A una conclusione simile è arrivata la Bce nel bollettino economico di maggio 2015: l’Italia «ha registrato i risultati peggiori» sulla crescita del Pil procapite tra quelli che hanno adottato l’euro fin dall’inizio». La richiesta Bce è aumentare la flessibilità nei mercati dei beni e servizi e del lavoro. Per gli economisti italiani (e Krugman) è l’opposto. Per loro è fallito il modello economico per cui la produttività e la crescita dipendono dal contenimento del costo del lavoro. Questi paesi hanno invece bisogno di politiche industriali.