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Tomaso Montanari
Qualcuno lucrò sul nido del colibrì
2 Marzo 2012
Beni culturali
Un Mibac ormai asservito e in stato confusionale, sperpera le poche risorse residue. Il Fatto Quotidiano, 2 marzo 2012 (m.p.g.)

Mentre sulla scena internazionale si afferma una «nuova forma di colonialismo il cui dominio non si fonda più sugli eserciti ma sul debito» (Gad Lerner), in Italia prende piede un neofeudalesimo che fa leva sul dissesto degli enti locali e sulla debolezza dello Stato per costruire zone di potere privato sottratte allo spirito e alla lettera della Costituzione.

E, come sempre nella storia, il patrimonio artistico è il luogo in cui tutto questo acquista un’evidenza simbolica. Benetton ‘regala’ sei milioni di euro al Comune di Venezia in cambio delle concessioni che gli consentiranno di stravolgere lo storico Fondaco dei Tedeschi, a Rialto; la ditta Essebiesse dona 50.000 euro all’anno alla Soprintendenza Archeologica di Campobasso, che l’ha autorizzata a piazzare un impianto eolico sull’intatta Sepino; il National Geographic ‘compra’ con nemmeno duecentomila euro il diritto di ‘bucare’ gli affreschi di Giorgio Vasari a Palazzo Vecchio a Firenze, per cercare spettacolarmente un inesistente Leonard. Poteva mancare, in tutto questo, un serraglio di animali esotici mantenuti a caro prezzo per la delizia dei nuovi feudatari? Certo che no: e infatti è a Trieste, nel fiabesco parco del Castello asburgico di Miramare.

Qui, dal 2005, alcune delle serre antiche del parco ospitano un allevamento di rarissimi e delicatissimi colibrì appositamente importati dal Perù. Senza un progetto scientifico, ma grazie ad una serie incredibile di appoggi politici, un privato cittadino è riuscito ad imporre ad un sito monumentale statale un serraglio, peraltro abusivo, che non ha nulla a che fare con l’identità storica di Miramare, né tantomeno con i compiti istituzionali del Ministero per i Beni culturali. E questo sarebbe ancora niente: mantenere il clima necessario ai delicati uccellini costa una fortuna in gas e luce, oltre ad una colossale quantità d’acqua, che è stata procurata con allacci illegali al sistema idrico, e che ha finito per infiltrarsi nel terreno compromettendo la salute dei pini storici del parco. Il tutto è culminato nell’incendio che, l’8 novembre del 2011, ha distrutto parte delle serre antiche di Miramare.

Il fatto che (nel gennaio 2011) a fianco dei colibrì sia sceso in campo Berlusconi in persona (alla schiusa dell’ennesimo uovo triestino il «Corriere della Sera» salmodiò che «al neonato verrà dato il nome di Silvio, per l’impegno preso da Berlusconi a salvare» i minuscoli pennuti) – oltre ad un variopinto schieramento di volti noti che va da Margherita Hack a Laura Pausini, da Piero Angela a Maurizio Gasparri – ha consigliato ai prudentissimi vertici del Mibac di schierarsi dalla parte degli uccellini abusivi, lasciando del tutto solo il soprintendente del Friuli, Luca Caburlotto (insediatosi nel maggio 2010), il quale continua a battersi, con coraggio esemplare, per la legalità e il buon senso, e dunque per la rimozione dei colibrì da Miramare.

Con le biblioteche e gli archivi sull’orlo della chiusura per mancanza di fondi, con la pioggia che entra dai lucernari di Brera, con Pompei che si sgretola, il Ministero per i Beni e le Attività culturali usa oltre 400.000 euro per coprire danni e debiti del colibrì Silvio e dei suoi simpatici colleghi volatili.

Insomma – parafrasando Flaiano –, come sempre la situazione del patrimonio storico e artistico italiano è grave, anzi gravissima. Ma certo non è seria.

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