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Jolanda Bufalini
Punta Perotti, mai più cemento ma ditte risarcite per 49 milioni
11 Maggio 2012
Articoli del 2012
Bene così, ma meglio sarebbe stato se il comune non avesse autorizzato un intervento vietato da una legge dello stato. L’Unità, 11 maggio 2012

La saracinesca, come chiamavano a Bari l’ecomostro di Punta Perotti, non tornerà a sequestrare il panorama più bello del lungomare. Al posto del mostro adesso c’è un grande prato, simbolo della legalità ripristinata, inaugurato nel 2007 con don Ciotti. Il prato in riva al mare è frequentato da migliaia di persone, che possono continuare a correre, come fanno d’abitudine, dopo aver infilato le scarpe da jogging. Nessuna sentenza glie lo toglierà.

La decisione della Corte europea dei diritti umani che dà ragione ai proprietari e impone allo Stato italiano un risarcimento di 49 milioni non è così terribile come appare in un primo momento. Il gruppo Matarrese e gli altri avevano chiesto risarcimenti per 353 milioni e l’incubo dei baresi era di pagare di “tasca propria”, cioè dalle casse comunali, l’abbattimento di quello che era e resta un gigantesco abuso edificato in dispregio della legge che stabilisce che non si può costruire a meno di 300 metri dal mare [quindi sulla base di un atto abilitativo illeggittimo, poiché in contrasto con la legge Galasso e il codice del paesaggio - ndr].

La sentenza scrive, dopo 17 anni, la parola “fine” a una vicenda che è iniziata nel 1995, quando aprì il cantiere per la costruzione di tre edifici, realizzati dalle imprese Sud Fondi, del Gruppo Matarrese, Mabar, del gruppo Andidero e Iema di Antonio Quistelli. E, ieri, le dichiarazioni del sindaco di Bari Michele Emiliano trasudavano soddisfazione: «Il comune di Bari non deve nulla, ha agito per obbligo di legge. La sentenza ha origine in una legge sbagliata dello Stato». Il sindaco si dice pronto ad incontrare subito i proprietari delle aree per trovare un’intesa perequativa.

IL PASTICCIO ITALIANO

Il pasticcio che ha dato origine ad una lunga serie di ricorsi e di opposizioni ha origine nel testo unico per l’edilizia (la legge 380 del 2001 che modifica la legge 47 del 1985) dove si dispone «la confisca dei terreni abusivamente lottizzati» anche quando non vi sia una condanna penale. È accaduto che pur essendo acclarato che l’ecomostro era un abuso, il Gup Mitola, nel febbraio del 1999, assolve i costruttori per “errore scusabile” ma ordina la confisca degli immobili e trasferisce il patrimonio al comune. Sul piano formale, infatti, le tre società avevano tutte le carte in regola, concessioni edilizie e autorizzazioni di Comune e Regione risalenti agli anni Ottanta. Peccato che quei permessi non potevano essere validi, poiché violavano le norme urbanistiche nazionali.
 In quel cruciale 2001, in cui una sentenza della Cassazione ribadisce confisca e l’abbattimento, anche se gli otto imputati sono assolti in corte d’appello, ricorda l’avvocato Gianfranco Grandaliano dell’avvocatura comunale, c’è anche il fatto che «il governo Berlusconi appena insediato, in un articolo della Finanziaria, avverte che se non sarà il comune dovrà essere la Regione amuoversi».

Michele Emiliano, eletto nel 2004, diede corso, quindi, ad obblighi di legge. Prima dello show down ci fu un ultimo tentativo di fermare le ruspe: la Salvatore Matarrese acquistò dalla banca il credito alla società costruttrice garantito da ipoteca e tentò il pignoramento degli immobili ormai diventati proprietà del comune.

L’ecomostro fu abbattuto, con grande festa popolare e diretta Tv, nell’aprile del 2006.

Dunque la sentenza della Corte di Strasburgo, spiega l’avvocato, «sconfessa un’ipotesi di rasarcimento multimilionaria» e riconosce, invece, «l’incidente di esecuzione». Incidente felice e il comune di Bari, che in un primo tempo si era opposto, aveva poi offerto la restituzione dei terreni ai proprietari. Ma il bene, risposero Matarrese e gli altri, è «completamente trasformato», in altre parole come si fa a togliere alla città un immenso e amatissimo parco? Rifiutarono. Anche forse sperando di avere il massimo dal risarcimento.

Ieri anche le imprese hanno espresso soddisfazione. La Corte Europea hanno dichiarato Sud Fondi (gruppo Matarrese) e Mabar (gruppo Andidero) ha accolto e condiviso tutte le tesi e i principi su cui erano fondate le richieste di risarcimento; risarcimento quantificato in una misura inferiore alle richieste in considerazione della restituzione della proprietà dei suoli, della loro destinazione edificatoria e del notevole valore ad essi attribuito anche dallo Stato italiano». Le imprese fanno sapere di essere pronte ad «avviare al più presto un confronto con l'amministrazione comunale per arrivare ad una soluzione condivisa». Una soluzione, dicono, «che consenta, da un lato la conservazione di un parco nell' area di Punta Perotti e, dall' altro, l'utilizzo da parte dei legittimi proprietari delle aree tuttora edificabili e ricomprese nei due piani di lottizzazione approvati dal Comune di Bari e mai annullati». Il tutto, conclude la nota, «nel rispetto del Piano regolatore generale della città e delle norme oggi vigenti a tutela del paesaggio». Parole dolci come il miele per il sindaco Emiliano che dà la sua piena disponibilità: «Adesso potrò incontrare i proprietari delle aree per definire con loro il destino del parco e le modalità con le quali garantire i loro diritti edificatori».

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