Il declino dell'Italia non è inevitabile. E' vero: i più recenti dati sulla crescita economica nazionale confermano una linea di tendenza modesta. In assoluto, e anche se si fa un raffronto col resto d'Europa. Ma la strada imboccata non è inesorabilmente in discesa. Le possibilità di andare avanti, di riprendere a crescere, il nostro Paese le ha tutte. E ci sono realtà che in questi anni, nonostante uno scenario nazionale «stanco», lo hanno dimostrato.
Lo dico senza alcuna presunzione, ma con il giusto orgoglio: Roma è una parte importante di queste realtà, la principale. E' la più grande area metropolitana italiana e da sola, secondo le stime del Censis, produce il 6,5% del pil. Nel 2004 è cresciuta del 4,1% contro l'1,3% nazionale. E anche i segnali congiunturali più recenti continuano a essere positivi: l'ultima indagine dell'Isae sottolinea quanto stia crescendo il clima di fiducia degli imprenditori, passato nel terzo trimestre del 2005 dall'89,4 al 98,1. In quattro anni poi, e questo lo dice l'Istat, l'occupazione è cresciuta di 145 mila unità, il 10,3% in più, contro il 3,7% a livello nazionale. Il tasso di occupazione è cresciuto di 5,7 punti, mentre in Italia di 1,4 punti: è del 48,3%, contro una media nazionale del 45,4%. Di questi risultati, peraltro, protagoniste decisive sono le donne: tra il 2001 e il 2004 la crescita dell'occupazione è aumentata, per quanto le riguarda, del 17%, contro una media del 5,3%. E l'imprenditoria femminile è passata, nello stesso periodo, da 144.742 a 154.306 unità, vale a dire il 6,6% in più.
Questi sono i dati. A spiegarli c'è un lavoro, c'è una visione della città e del suo futuro, ci sono alcuni fattori che vorrei provare a riassumere. Parto da un modo di procedere che a Roma in questi anni è stato una costante. Tutti i risultati che abbiamo raggiunto sono la conseguenza di una comune assunzione di responsabilità, di una capacità di programmazione e di concertazione. Pubblico e privato insieme, con l'Amministrazione che definisce un'agenda, che dà garanzie e certezze negli obiettivi e nei tempi, e con le energie di cui sono ricche l'economia e la società romana: imprenditori, istituzioni, associazioni, centri di ricerca e formazione, rappresentanti dei lavoratori. E' il metodo che abbiamo seguito insieme con un principio: non c'è vero sviluppo senza qualità sociale, una città, una comunità, non cresce davvero se di essa cresce solo una parte o un solo settore.
E poi, certo, c'è stata la capacità di compiere scelte chiare, precise. Roma ha avviato un importante ciclo di investimenti in infrastrutture su cui ha convogliato risorse finanziarie per 6 miliardi di euro. Risorse non solo pubbliche, perché anche i privati sono stati coinvolti, ad esempio, in vasti programmi di riqualificazione urbana, dedicati in particolare alle periferie della città, che hanno visto una forte partecipazione dei cittadini stessi. Con lo stesso metodo si sono realizzate opere come il Centro agroalimentare o l'Auditorium, il Passante a nord-ovest o la nuova Fiera di Roma, che sarà inaugurata ad aprile, così come i passi che stiamo compiendo per l'Alta velocità e per la nuova rete di metropolitane.
Secondo fattore è l'investimento nell'inclusione sociale. Se in cinque anni abbiamo aumentato del 63% i posti negli asili nido, se migliaia di anziani sono seguiti ogni giorno grazie alla teleassistenza e se le famiglie che hanno al loro interno un ragazzo disabile sanno di poter contare su una fondazione chiamata «Dopo di noi», è perché ad animarci è l'idea di un nuovo welfare
locale, assai lontano dal vecchio assistenzialismo. Non più uno Stato che elargisce dall'alto, ma una welfare community, dove le risorse della società civile, di tanti volontari e associazioni, delle stesse famiglie, disegnano una rete in cui la cura dei bisogni va di pari passo con nuove tutele a favore dell'ingresso nel mondo del lavoro e della stabilizzazione degli impieghi. Terzo fattore: Roma e il suo sistema produttivo hanno risposto con la prontezza e la fiducia ai momenti più difficili di questi anni, moltiplicando gli sforzi di promozione, non abbassando la guardia sulla difesa della principale attrattività di Roma, quella legata alla cultura, al turismo. Se nel 2005 siamo arrivati al massimo storico di 16 milioni e mezzo di presenze turistiche, è anche perché oggi a Roma non si viene più soltanto per ammirare le sue bellezze artistiche e archeologiche, ma anche per i grandi eventi, per i concerti, per le mostre, per il ritorno della grande architettura contemporanea: la nostra città sta assumendo un volto nuovo, con l'Auditorium di Renzo Piano, il Polo culturale e multimediale di Rem Koohlaas negli ex Mercati generali, il Macro di Odile Decq, il Centro congressi di Massimiliano Fuksas, l'Ara pacis di Richard Meyer.
Quarto fattore della crescita di Roma è la scelta della diversificazione. La nostra competitività è più forte anche perché sempre più Roma ha una struttura produttiva diversificata, perché possiamo contare sulla forza del terziario avanzato, del settore della comunicazione, dell'audiovisivo e del cinema, sull'editoria, sull'informatica e sulle nuove tecnologie, sulla ricerca. Proprio sull'università abbiamo puntato come motore dello sviluppo locale, favorendo programmi di rilocalizzazione e di ampliamento, per il trasferimento tecnologico e per l'eccellenza formativa. E grazie anche all'investimento da parte dell'Inail di 500 milioni, diventeranno presto realtà i nuovi grandi campus universitari di Tor Vergata, Pietralata e Acilia. Ecco: i risultati di questi anni sono venuti da questa visione della città. E d'altra parte è all'Italia intera che ho sempre pensato in questo modo: un'unione di storia e di modernità, di antica cultura e di innovazione, di capacità della nostra società e della nostra economia a pensare il mondo e il futuro. Dobbiamo guardare avanti per non perdere l'appuntamento con i più importanti obiettivi di interesse nazionale. Perché l'Italia ritrovi fiducia e voglia di fare, di cercare, di intraprendere.
Sarebbe interessante conoscere, oltre ai dati celebrati dal Sindaco di Roma, anche il contributo che all’incremento del PIL è dato dalle attività immobiliari, e l’incentivo offerto allo “sviluppo” della rendita dal nuovo PRG e dalle variazioni in aumento che la Giunta sta promuovendo.
In queste settimane si registrano (trovando poca eco sulla stampa) le protesta di moltissime associazioni e comitati di cittadini che, in molti municipi, stanno contestando le “compensazioni” che aumentano le cubature edificabili (attraverso i Programmi di recupero urbano) rispetto a quelle, gia esageratamente eccessive, del PRG adottato
L’immagine in apertura dell’articolo, che riportiamo qui sotto, è stata diffusa via e-mail da uno di questi comitati. Essa è accompagnata dallo slogan:
centro sinistra +
centro destra =
centro commerciale .