CAGLIARI. Il messaggio che gli ecologisti del Gruppo d’Intervento Giuridico e degli Amici della Terra spediscono al presidente Renato Soru è molto chiaro: non basta creare leggi che tutelano l’ambiente, occorre anche applicarle. «Signor presidente - scrivono infatti - le chiediamo di svolgere le necessarie e opportune attività finalizzate all’effettuazione di coordinati interventi coattivi di demolizioni di abusi edilizi insanabili in aree di rilevante interesse tutelate con vincoli di natura ambientale». Insomma, in parole povere: si mettano in moto le ruspe e venga spazzato via tutto il cemento abusivo dalle coste sarde.
Non è la prima volta che gli ambientalisti chiedono alla Regione un atteggiamento più deciso contro gli abusi edilizi lungo i litorali dell’isola. Due istanze simili sono infatti state presentate in passato. Una nell’ottobre del 2006 e l’altra nel febbraio scorso. «Con le voci che circolano su nuovi e improbabili provvedimenti di condono e con la scarsa efficacia delle procedure repressive - dice il portavoce dei gruppi ambientalisti Stefano Deliperi - l’abusivismo edilizio imperversa. Ecco qualche dato: se nei primi otto mesi del 1994 erano stati accertati 397 casi di abusivismo edilizio nella sola provincia di Cagliari, nel 2005 sono stati accertati ben 420 nuovi casi abuso nel solo territorio comunale di Quartu Sant’Elena. E ancora: nel 2006, nel territorio di Quartucciu gli abusi riscontrati sono stati 105. Parlando di quest’anno, vorrei solo citare le oltre trenta ville messe sotto sequestro penale in Costa Smeralda dal Corpo Forestale e di vigilanza ambientale».
E sono i numeri a disegnare le reali dimensioni del fenomeno del quale parlano oggi i movimenti ecologisti. Secondo il censimento regionale con aerofotogrammetria del 2001, i casi stimati di abusivismo edilizio erano circa 45 mila. Quelli insanabili superavano i 4.500 e quasi tutti erano lungo i litorali. Secondo il Gruppo d’Intervento giuridico, Quartu Sant’Elena continua a essere la capitale dell’abusivismo in Sardegna, ma anche una delle prime in Italia. La verità è però che si tratta anche dell’unico comune dell’isola che è riuscito a disegnare una mappa completa degli abusi sul proprio territorio. Nel 1995, e cioé al termine dell’operazione-condono del 1985, a Quartu erano stati registrati 10.400 casi di abusivismo. Per capire meglio le drammatiche dimensioni del fenomeno, basti dire che in Italia solo Napoli e Gela potevano vantare un numero superiore di abusi edilizi.
Di questi, ben 486 sono risultati “insanabili totali” e 127 “insanabili parziali”. Andando ad analizzare più in profondità quei dati, è risultato che in 2.858 casi - per una volumetria complessiva di oltre 739 mila metri cubi - si è trattato di abusi nelle zone F turistiche. Dopo il secondo condono edilizio (1999) i casi di abusivismo “insanabili totali” sono scesi a 147 e quelli “insanabili parziali” a 72. Sempre tantissimi, quindi.
«Tra i casi sicuramente più eclatanti - continua Deliperi - c’è quello, sempre a Quartu, di addirittura 185 edifici abusivi all’interno del parco naturale di Molentargius-Saline. Ebbene, l’amministrazione comunale ha predisposto ventinove piani di risanamento, ancora in gran parte inattuati e sono cresciuti a dismisura gli oneri collettivi per dotare di servizi gli “abusi condonati”. La spesa complessiva è stata stimata in 222 milioni di euro a fronte dei 18-20 milioni di entrate derivanti dalle oblazioni pagate. Per quanto riguarda l’ultimo condono edilizio, cioé quello del 2003-2004 a Quartu sono state presentate oltre 3.500 istanze di condono. Un numero davvero imponente se si considera che, secondo i dati forniti da Confedilizia, le domande presentate a livello nazionale sono state 102.126. Nel comune di Cagliari, per capirci sono state circa 2.300».
Ma il caso di Molentargius non è isolato. Gli abusi edilizi in aree di pregio naturalistico sono segnalati dagli ecologisti del Gruppo d’Intervento Giuridico anche in altre zone della Sardegna. Come i complessi abusivi all’interno del parco naturale di Porto Conte, alcune strutture sul Monte Ortobene e perfino cinquanta abusi all’interno del parco nazionale dell’Arcipelago della Maddalena. Ma l’elenco continua con tredici unità abitative a Capo Ceraso (sequestrate nelle scorse settimane dal Corpo forestale e di vigilanza ambientale) e le 45 strutture abusive nell’isoletta di Corrumanciu nello stagno di Porto Pino.
Conti alla mano, Deliperi denuncia poi anche il fallimento finanziario della politica dei condoni: «Nel 1985, a fronte di una previsione di entrate di 2.995 milioni di euro, le entrate effettive furono pari al 58%; nel 1994, rispetto a un gettito previsto di 2.531 milioni di euro, le entrate salirono al 71%. Oggi, infine, rispetto a una previsione di 3.165 milioni di euro, la stima sulle entrate effettive è davvero molto bassa: appena il 40%. Sono numeri che parlano da soli e dimostrano che la linea del condono non paga non solo sotto il profilo dell’emersione dell’abusivismo, ma non paga neppure sul piano squisitamente finanziario».
Per concludere, gli ambientalisti ricordano i casi più noti di ordine di demolizione di abusi edilizi sulle coste contenuti in sentenze penali ormai passate in giudicato e perciò irrevocabili:
1) Porto Malu-Baia delle Ginestre. Risale ormai al 1996 la sentenza della Cassazione che ordinava la demolizione delle opere abusive e il ripristino ambientale. Dopo un lunga battaglia di ricorsi e opposizioni in fase di esecuzione, le ruspe del genio militare entrarono in azione nel giugno del 2001, ma si attende ancora il ripristino ambientale. Nel 2002 la Cassazione ha accolto un ulteriore ricorso del Comune e ora pende un nuovo incidente di esecuzione davanti alla corte d’appello di Cagliari.
Intanto, nel settembre dello scorso anno, il gruppo Antonioli ha acquistato all’asta fallimentare l’intero complesso (4,110 milioni di euro), sembra anche la parte che era diventata proprietà del comune di Teulada per effetto della sentenza penale.
2) Baccu Mandara. Sulla costa di Maracalagonis le ruspe sono entrate in azione nel marzo del 2002 per abbattere 29 unità immobiliari realizzate dalla Tre P srl e dichiarate abusive dal pretore di Cagliari dal 1996.
3) Piscinnì. Su questo tratto di costa sulcitana intervenne anche il ministero dei Beni culturali per annullare l’autorizzazione paesaggistica regionale in sanatoria delle opere abusive.
Il progetto, prima del gruppo Monzino e successivamente della Lega delle Cooperative, prevedeva 80 mila metri cubi complessivi.
4) Piscina Rey. Sono state necessarie ben dieci pronunce giurisdizionali per arrivare alla demolizione di un complesso di villette a schiera realizzate dalla Saitur srl in terreni a uso civico.