Il manifesto, 16 maggio 2015
Per ora l’unica cosa certa è che bisogna aspettare che dall’Onu arrivi la risoluzione che darà il via libera alla missione europea contro gli scafisti ma soprattutto che metterà finalmente fine al diluvio di dichiarazioni contrastanti tra loro dei vari ministri italiani. Dopo il titolare degli Interni Alfano, che due giorni fa ha parlato di «azioni mirate in Libia», ieri i suoi colleghi Gentiloni (Esteri) e Pinotti (Difesa) hanno negato che un solo soldato metterà piede sul suolo libico (ma entrambi in passato si sono detti pronti all’intervento). Intanto da New York arrivano le prime indiscrezioni su quella che potrebbe essere la bozza definitiva della risoluzione e che,s e confermata, smentirebbe a sua volta i responsabili della Difesa e della Farnesina.
Il testo anticipato ieri parla della possibilità per le navi che prenderanno parte alla missione di operare contro gli scafisti sia in acque internazionali, che in acque territoriali libiche, ma anche nei porti di partenza dei barconi. Una via libera, quindi, alla possibilità di colpire le imbarcazioni.
E’ chiaro che gli ultimi due punti, oltre a richiedere un esplicito mandato da parte della Nazioni unite, implicano uno scontro con le varie fazioni che oggi si dividono la Libia. A partire del governo di Tripoli, quello più direttamente interessati visto che la stragrande maggioranza degli scafisti prendono il via dalle sue coste.
Il testo non avrebbe incontrato particolari resistenze da parte della Russia che però, al pari degli american, preferirebbero mettere in chiaro che la missione è limitata al solo contrasto dei trafficanti di uomini, Una preoccupazione volta a impedire che una volta iniziato, si vada oltre il solo contrasto delle organizzazioni criminali che gestiscono il traffico di esseri umani. «Non c’è nessuna intenzione di andare in Libia a intervenire», ha detto ieri la Pinotti. «C’è il problema di evitare che gli scafisti possano lucrare, in modo amplissimo sulla tragedia di queste persone. C’è bisogno di fare questo, le soluzioni verranno poi trovate».
Dall’Onu però intanto arrivano le considerazioni per le decisioni prese dalla Commissione europea riguardo al reinsediamento dei profughi,. Il relatore per i diritti umani dei migranti, Francois Crèpeau, pur apprezzando la linea scelta l’ha però giudicata «inadeguata». «Il numero di 20 mila posti di reinsediamento appare assolutamente insufficiente», si legge in una nota.
Per l’esperto non si tratta di una risposta adeguata alla crisi attuale, che nel 2014 ha visto oltre 200.000 migranti –la maggior parte dei quali richiedenti asilo –giungere in Europa via mare. «Per gli oltre 500 milioni di abitanti dell’Ue — ha concluso — 20 mila persone rappresentano lo 0,00004% della popolazione».