La Nuova Sardegna, 5 luglio 2014, con postilla
Il Consiglio comunale di Arzachena ha approvato nei giorni scorsi un piano attuativo, oltre 7mila metricubi nei pressi di Porto Cervo. La cornice è lo strumento urbanistico (PdiF) utilizzato negli anni '40 e '50, con l'approssimazione di quel tempo lì, e di manica larga – per dirla in modo sbrigativo.
L'acronimo PdiF sta per Programma di Fabbricazione, voluto per assicurare un minimo di disciplina edilizia nei più piccoli comuni dalla legge del 1942, scritta quando del paesaggio nella pianificazione se ne parlava nella cerchia ristretta di Croce e Bottai.
Se lo sono tenuto ben stretto, a Arzachena, quella specie di piano, dandogli ogni tanto un' aggiustata con la prudenza dei collezionisti antiquari, e mancando ostinatamente a tutti gli appuntamenti con la storia dell' Autonomia in materia di governo del territorio. Per cui delle disposizioni di legge dagli anni '80 a oggi, non c'è traccia nel PdiF del comune gallurese, del quale è certificata l'intolleranza alle disposizioni della pianificazione paesaggistica, avviata in Sardegna verso una terza fase.
Il PdiF di Arzachena è più figlio della cultura dell'Italia anteguerra che delle riforme prodotte nell'isola al tempo di Mario Melis o di Renato Soru. Così evocano un mondo antico in bianconero quelle planimetrie ingiallite: inchiostro di china, foto Alinari, cinegiornali Luce, ecc., più che il clima multicolore degli anni '70 (me la immagino custodita tra i cimeli la carta originale, quella visionata dal principe Karim quand'era ancora sposato con Begun Salimah).
Insomma una trascuratezza imperdonabile. D'altra parte per il Comune gallurese è passato da un po' il tempo dell'innocenza; e non può pensare che uno dei posti più belli del pianeta – nelle mire dei più attrezzati gruppi imprenditoriali – si possa difendere con il bluff delle armi scariche. Ti aspetteresti squadre di tecnici specialisti, muniti di sofisticati attrezzi, a presidiare la splendida natura residua, e invece scopri la leggerezza di una conduzione familiare.
E tuttavia fa pensare il consenso scarno alla delibera del mese scorso (9 voti a favore, 8 tra astenuti e assenti). Segno di preoccupazione diffusa tra i consiglieri per la debordante liberalità di quell'atto che sfrutta una specie di congiunzione astrale: quel vecchio PdiF accomodante che incontra il recente furbesco piano casa, perfetto lasciapassare per grandi affari (ma presentato come risposta alle necessità di ogni famiglia).
E così un ettaro di terra intercluso (?) a Porto Cervo è trattato come un lotto nella periferia di un centro abitato tutto l'anno. Per quanto in Sardegna un villaggio turistico (dove magari risiede qualcuno pure d'inverno) debba essere oggi compreso per legge e buonsenso tra “gli insediamenti di tipo prevalentemente stagionale”. L'importanza di chiamarsi “C”: un vetusto privilegio utile per sfuggire alle disposizioni del Ppr complice il piano casa salvacondotto. La famigerata legge regionale ispirata da Berlusconi e incorporata al Pps, sta consentendo dappertutto pratiche simili a questa, uno stillicidio di cui ci scandalizzeremo quando vedremo gli effetti.
Il caso di Porto Cervo è un dettaglio – il diavolo è spesso nei dettagli, pare – che spiega il senso delle politiche del precedente governo regionale, ispirate dagli ultras della liberalizzazione edilizia, ovvero di “su connottu” contro ogni moderna idea di tutela del territorio.
Anche per questo, come promesso dal presidente Pigliaru, è necessario liberarsi quanto prima di tutti i lasciti ingombranti e pericolosi di Cappellacci urbanista: in grado di disorientare i comuni impegnati ad aggiornare i propri piani. E quindi le stesse iniziative della Regione a sostegno della pianificazione locale in grave ritardo e di cui ha parlato l' assessore Erriu agli organi d'informazione. Una bella notizia, ed è importante notare che i centri urbani inadempienti sono quelli dove il vento della speculazione immobiliare è stato più forte.
postilla
Quello che molti lettori non sanno è che il "programma di fabbricazione" (PdF) non è un piano urbanistico vero e proprio, ma solo un allegato grafico al Regolamento Edilizio. E magari non sanno neppure che in Sardegna è stato eliminato dal 1989 (come del resto in tutte le regioni italiane). Stupisce però che in Sardegna non si sia provveduto ancora a operare perché i comuni che non abbiano ancora provveduto a sostituirli con veri e propri piani urbanistici comunali (magari adeguati ai piani paesaggistici) non siano stati commissariati.