'Coniugare ambiente e sviluppo': uno slogan ripetuto con enfasi da esponenti di partiti fuori tempo massimo – come ha scritto su queste pagine Flavio Soriga con la consueta efficacia. Un'espressione svuotata di senso, mistificante perché non esclude le peggiori scelte contro il disgraziato territorio italiano (molto vulnerabile e troppo maltrattato – come sappiamo bene). C'è spesso malafede dietro queste parole. O l'inadeguatezza di chi pensa di cavarsela con quel guizzo linguistico buono per prendere tempo.
Per 'coniugare ambiente e sviluppo' si programmano grandi opere inutili, si dà il via a piani-casa, si promuovono iniziative con titoli fantastici. La Sicilia di Lombardo annuncia una sfacciata speculazione edilizia nei litorali con titolo 'Progetto per la salvaguardia del sistema costiero' dentro un 'Piano straordinario per la conservazione dei beni culturali'.
Chi usa queste formule ambigue sa che passa per moderato. Piero Bevilacqua nel suo «Elogio della radicalità» ha scritto di moderatismo: virtù suprema della politica che spintona tutti al centro sconsigliando ogni altra collocazione («Esso si fonda interamente, malgrado i vari scongiuri di rito, sul ’senso comune’ neoliberista: un insieme di convinzioni dottrinarie fra le più estremiste») .
La battuta di Totò – «E poi dice che uno si butta a sinistra» – nel film anni Cinquanta, è la sintesi di un'Italia bigotta: chi si sposta dal centro lo fa perché costretto suo malgrado a lasciare la rassicurante postazione, dove si sta tutti assieme badando a non perdere nessuno.
La distanza tra parole e fatti è “antipolitica”, contribuisce ad accrescere quel sentimento di sfiducia o di avversione per i partiti. Sconveniente soprattutto per la sinistra incapace di suscitare passioni, per la propensione a rendere vaghe le differenze tra un progetto politico e un altro, che nelle scelte urbanistiche annuncia i peggiori patteggiamenti.
Si veda la pubblicità di Cappellacci a leggi incostituzionali, e quindi estremiste; si legga la rappresentazione che il suo assessore all'urbanistica dà dell'azione di governo. Un quadro capovolto, per cui la sua circolare sulle case in agro passa per intransigente, più severa del Ppr – gulp – e invece è volta ad abrogare norme di salvaguardia della fascia costiera interpretando allegramente una legge contro il Ppr .
Questo lessico ingannevole sta trionfando. In questa campagna elettorale, ovunque serva chiarezza sui programmi di governo del territorio trovi l' idea di conciliare tutto. Chiunque può passare per ecologista e ottenere consensi qua e là.
Sentite come risponde alla stampa un candidato sindaco alla domanda sulla pressione dei costruttori. «Mi batterò – premette – per la conservazione dell'esistente e la riqualificazione di vaste zone». E poi prosegue indicando il sito costiero per ubicarci volumi «... ma senza assalti alle coste» – esaltando il suo progetto per – «alberghi da costruire verso l'interno, nella pineta». Nella pineta? verso l'interno? Che si può immaginare chissà quanto lontano dal mare, e invece la pineta – vittima designata – confina con la spiaggia e si estende per 200 metri. Evidente che «senza assalti alle coste» vuol dire che non si metteranno i plinti dei palazzi sulla riva. (Non importa chi, dove, di che parte politica: conta la mancanza di adeguate reazioni).
Il Movimento Cinque Stelle ha certamente difetti, ampiamente segnalati dai commentatori, ma l'impressione è che abbia adottato un linguaggio chiaro e diretto, forse alla base del suo successo tra i più giovani elettori, meno disposti a farsi raggirare, e che sui temi delle trasformazioni dei luoghi sono molto attenti. Forse pure dal comico Grillo qualcosa da imparare c'è: per i partiti che dicono di volersi rinnovare.