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Pisapia già in pasto ai re del cemento
2 Giugno 2011
Articoli del 2011
Le elezioni a Milano, secondo il quotidiano della famiglia del Capo. Il Giornale, 1° giugno 2011, con postilla

Il vecchio monito «se tira l’edilizia tira tutta l’economia» è forse un po’ abusato ma nasconde una verità di fondo: difficilmente per lo sviluppo dell’occupazione e della ricchezza si può fare a meno dell’indotto creato dalle costruzioni, dato che da solo esso pesa circa il 10 per cento della produzione lorda nazionale. Potrà forse farne a meno la Milano dell’ecologismo neocomunista di Pisapia? Probabilmente no.
Il peso del mattone nell’economia milanese che, storicamente difettando di risorse naturali o bellezze paesaggistiche da sfruttare, ha avuto come ricchezza principale nient’altro che la propria posizione geografica, è sempre stato grande.

Un perfetto emporio, un’area a vocazione terziaria è normale che conviva con le gru: la vetrina deve essere sempre moderna, nuova, sfavillante. Per questo da sempre Milano si consuma e si ricostruisce, mantenendo qualche angolo di ricordi ma sempre proiettata verso il nuovo. Negli ultimi anni la trasformazione di Milano ha imboccato una fase nuova, salendo verso l’alto, con i grattacieli che attirano gli sguardi dei passanti sotto i cantieri e impiegano migliaia di operai per la loro costruzione. Adesso da questi cantieri si guarda con preoccupazione alla rivoluzione di Palazzo Marino e ci si domanda cosa cambierà con il nuovo sindaco che, in modo esplicito, aveva promesso una «ripartenza da zero» rispetto al Piano di governo del territorio vigente. Non per niente tutta l’industria delle costruzioni è stata da subito definita come la grande sconfitta di questa tornata elettorale e i cognomi degli immobiliaristi famosi come Cabassi e Ligresti, i Catella o i Caltagirone, Hines e Bizzi vengono pronunciati da qualche ingenuo con un tono che ricorda molto l’«Ei fu» di manzoniana memoria. In particolare, per Ligresti il contrasto fra i suoi progetti di espansione urbanistica verso il sud della città e i punti del programma di Pisapia che invece vagheggiano in quell’area prati orti e paperelle sembra del tutto inconciliabile.


Ma le cose stanno proprio così? Difficile. Se si dovesse prendere alla lettera l’intento del nuovo sindaco che proclama al primo punto delle sue strategie urbanistiche la necessità di «smettere di crescere nel territorio e valorizzare l’agricoltura di prossimità» staremmo freschi: Milano che punta sull’agricoltura è come far puntare Piacenza sull’alpinismo. È vero che la sinistra ci ha abituato a queste sciocchezze demagogiche mirate a colpire il «core business» dei territori in nome di un ecologismo da signori, vedi l’infausta tassa sugli yacht inventata da Soru in Sardegna. In quel caso però i mancati introiti li avrebbe come al solito pagati Milano a suon di trasferimenti ma se anche Milano si mettesse a giocare con l’orticello non ci sarebbe più qualcun altro a cui far pagare il lusso.

È più probabile quindi che in realtà la grande rivoluzione sarà solo di facciata e che a Milano si continuerà a costruire tanto quanto prima, magari cambiando gli attori e infiocchettando di verde il cemento. La contraddizione era infatti evidente sin dalle prime riunioni per il programma di Pisapia quando si toccava il delicato tema dei parcheggi: con il sorrisone pacioso veniva spiegato agli astanti che in sostanza la Moratti cattiva voleva i parcheggi per far arrivare in centro più macchine con conseguente smog e morte (fischi e buu tra i convenuti) mentre l’idea era quella di realizzare parcheggi per i residenti in modo da poter togliere le macchine dalle strade e far crescere pascoli e ruscelli (applausi a scena aperta). Oplà, riuscito il giochetto di prestigio: i parcheggi si faranno sempre, ma se da una parte erano brutti sporchi e di destra dall’altra saranno belli puliti e di sinistra. Nessuno che avesse alzato il ditino per osservare che un parcheggio è sempre un parcheggio, che è fatto di cemento e che si realizza scavando per terra.
Dato che probabilmente le cose andranno in questa direzione sarebbe carino se Pisapia cominciasse da subito a comunicare chi sono i costruttori e gli immobiliaristi «buoni» che, di certo, già stanno preparando cazzuole e betoniere. Le Coop dei costruttori? Qualche bel cognome dell’edilizia allegramente attivo nei purissimi comitati pro Sinistra Ecologia e Libertà? La domanda non è peregrina perché non è indifferente sapere se dobbiamo prepararci a una delle solite furbe operazioni di immagine della sinistra (e passi) o se nella prossima giunta prevarranno gli integralismi stile Carlo Monguzzi, quello che, per intendersi, ebbe la bella pensata di proporre la chiusura di tutto il nord Italia per una settimana per ridurre lo smog. Tanto mica paga lui.

Postilla

Sono bastate poche ore perché apparisse evidente a tutti qual era il vero scontro, la vera minaccia per il gruppo di potere berlusconiano. Non l’estremismo, non l’islamismo, non il terrorismo, non il comunismo raffigurati dall’immagine di “Pisapia canaglia”, ma il mattone. Nell’immaginario dei berluscones (che la loro gigantesca macchina propagandistica ha tentato di dissimulare) la buona borghesia lombarda non è la classe legata all’innovazione e al profitto industriale ma alla rendita immobiliare; non al progresso della scienza ma allo sfruttamento della tecnologia, e allo sviluppo degli strumenti di comunicazione e mistificazione capaci di giustificare il parassitismo economico e sociale: quel parassitismo di cui rendita e potere sono gli ingredienti essenziali.

La loro speranza è che, nonostante tutto, anche Pisapia e il nuovo governo della città restino fedeli allo slogan obsoleto per cui, come ricordano, «se tira l’edilizia tira tutta l’economia».

La nostra speranzaè quella opposta: che la nuova maggioranza resti fedele alla catena di eventi, di volontà espresse, di proposte avanzate da associazioni, comitati, gruppi di cittadinanza attiva che si sono manifestati negli ultimi anni: di quei «tanti sassolini bianchi» che (come ha scritto Barbara Spinelli) hanno costituito il sentiero della vittoria, a Milano cme a Napoli, Cagliari e in tante altre città e province italiane.

Ciò che noi aspettiamo con speranza da Pisapia è abbondantemente raccolto sulle pagine di eddyburg: a proposito del Parco sud e del consumo di suolo (ricordiamo con orgoglio il contributo che abbiamo dato con l’appello su cui raccogliemmo un numero inaspettato di adesioni), del Piano di governo del territorio e della profonda revisione del progetto della giunta sconfitta, dell’Expo e delle vistose alternative emerse fin dai primi mesi della sua discussione. In sostanza, ciò che aspettiamo con speranza sono gli atti conseguenti a quel profondo cambiamento di rotta di cui Pisapia a Milano è per noi l’espressione: assumere, come principio direttore delle politiche della città e del territorio, quello del maggiore benessere per tutti (a partire dai più deboli), anziché quello della massimizzazione del potere e della ricchezza per gli usurpatori del bene comune.

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