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Ernesto Menicucci e Maurizio Giannattasi
Piazze vuote senza comizi
2 Giugno 2016
Democrazia
«A Roma, Milano, Napoli, Torino, siamo ben oltre il celebre "piazze piene, urne vuote": il rischio vero, con l’astensionismo che galoppa, è che ci siano «piazze vuote e urne vuote».
«A Roma, Milano, Napoli, Torino, siamo ben oltre il celebre "piazze piene, urne vuote": il rischio vero, con l’astensionismo che galoppa, è che ci siano «piazze vuote e urne vuote».

Corriere della Sera, 2 giugno 2016 (m.p.r.)

Roma. Alla vigilia del voto amministrativo e in attesa del «ponte» più lungo che ci porterà alle elezioni di domenica, anche Pietro Nenni sarebbe costretto a cambiare il suo slogan. Perché a Roma, Milano, Napoli, Torino, siamo ben oltre il celebre «piazze piene, urne vuote»: il rischio vero, con l’astensionismo che galoppa, è che ci siano «piazze vuote e urne vuote».

I segnali ci sono tutti, specie sotto il Campidoglio, dove lo tsunami di Mafia Capitale, la traumatica fine dell’esperienza del «marziano» Ignazio Marino, gli scontri nel Pd, la spaccatura nel centrodestra (fino a poche settimane fa erano ancora quattro i candidati in campo) producono due effetti: non solo il possibile «vento» a Cinque Stelle che spingerebbe Virginia Raggi, ma anche la difficoltà enorme — per tutti i partiti, ma soprattutto per i dem — di organizzare un evento, un comizio, persino una cena. A Milano, Napoli e Torino va un po’ meglio, ma le piazze del 2011, la «rivoluzione arancione» di Giuliano Pisapia e di Luigi de Magistris, i 40 mila di piazza del Duomo o le adunate a piazza del Plebiscito, sono un ricordo. Tutto è più soft, più circoscritto. Beppe Grillo diserterà piazza del Popolo dove chiude la Raggi (con Claudio Santamaria sul palco), Renzi si è «rinchiuso» ieri sera con Roberto Giachetti all’Auditorium della Conciliazione, Alfio Marchini si sposta sul litorale di Ostia, Giorgia Meloni e Stefano Fassina addirittura in periferia.

E, in queste settimane, trovare qualcuno disposto a partecipare ad eventi di vario tipo è stata un’impresa, prova ne sia che c’era molta più gente a piazza di Pietra alla presentazione del libro di Goffredo Bettini, vecchio «guru» del centrosinistra romano, che in certi comizi in giro per la città.

Dario Franceschini si è imbufalito per un appuntamento sulla cultura, in un cinema vicino al Parlamento, andato deserto. Lo stesso Giachetti, in un’altra occasione, era già in viaggio per Corviale (periferia estrema) quando lo hanno avvertito: «Non venire, non c’è nessuno». Il deputato dem Umberto Marroni, su WhatsApp , aveva creato un gruppo per pubblicizzare l’incontro dal titolo «Una stagione di riforme», il 31 maggio. Risposta, una sfilza di «ha abbandonato il gruppo», di proteste («mi avete fatto attaccare i manifesti e non mi avete neppure trovato il posto di lavoro promesso»), di «non partecipo, non mi scrivete più». E alla cena da Eataly , a «casa» di Oscar Farinetti, organizzata dalla civica di «Bobo», via mail era stato chiesto a tutti i candidati di portare «almeno venti persone»: i candidati, in tutto, sono circa 350, ma alla cena c’erano appena 150 persone.

Marchini, per evitare i flop, seleziona al massimo gli appuntamenti: poche (e mirate) manifestazioni, per il resto molto «porta a porta». Vale anche per Giorgia Meloni, che dopo il «lancio» della sua campagna elettorale sulla terrazza del Pincio torna domani a Tor Bella Monaca.

Non va molto meglio a Milano con Sala e Parisi che hanno scelto chiusure «minimal»: Parisi sarà a piazza Gae Aulenti, mentre Sala dalla Darsena dovrà spostarsi «causa maltempo» in un luogo chiuso. Ma anche qui conta il clima generale. All’Alcatraz, per il concerto della «Sinistra per Milano» con Vecchioni, Morgan e Rocco Tanica c’erano 300 spettatori. E l’8 maggio, quando Silvio Berlusconi era al Teatro Manzoni, dopo un po’ la gente ha cominciato ad andarsene: «C’è la festa della mamma». Scena simile è capitata a Maria Elena Boschi, alla Stazione Marittima di Napoli: a causa dei ritardi sul programma, i due pullman organizzati sono andati via proprio quando la ministra stava iniziando il suo discorso, lasciando Boschi con la sala semivuota. Un po’ meglio va a de Magistris, che tra cantanti (vedi Bennato ed altri), artisti, militanti, le sue uscite da capopolo (vedi quella su Renzi) riesce a «smuovere» un po’ di più le folle, ma anche a Napoli si tratta più di microeventi, qualche salotto buono, sale ristrette. E i Cinque Stelle? Anche per loro l’aria pare un po’ cambiata rispetto al passato. A Torino, per Luigi Di Maio, complice la pioggia, non c’era il pienone. Stessa cosa a Roma, quando la Raggi ha presentato i suoi candidati a Cinecittà, nella piazza del funerale di Vittorio Casamonica. Anche per l’attesa dei risultati la scelta di Virginia è molto «privata»: dentro M5s circola voce che, domenica sera, ci sarà una cena a casa di Di Maio oppure di Di Battista. E poi tutti al comitato elettorale della favorita alle elezioni romane, in un semplicissimo ufficio in zona Ostiense .

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