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Tomaso Montanari
Piazza plebiscito privatizzata
27 Luglio 2012
Beni culturali
Nel silenzio del Mibac, come al solito privo di una linea d’azione chiara, il nostro patrimonio culturale è sottoutilizzato e abusato nello stesso tempo.Corriere del Mezzogiorno, 26 luglio 2012 (m.p.g.)

La vicenda dei concerti pop in Piazza Plebiscito incrocia questioni cruciali, e oggi roventi, nel nostro rapporto col patrimonio storico e artistico pubblico: a cosa serve quel patrimonio, e dunque qual è il suo uso corretto? E poi: entro che limiti, e in che modi, il patrimonio pubblico può generare profitto privato?

Non esiste una risposta condivisa a queste domande, né tantomeno una linea univoca e chiara del Ministero per i Beni Culturali, perpetuamente afflitto da una sostanziale ‘sede vacante’.

La soprintendente di Firenze trova normale far svolgere una sfilata di moda (aperta da guerrieri Masai che corrono brandendo spade e lance), e la relativa mondanissima cena, nel sancta sanctorum dell’arte italiana, la Galleria degli Uffizi. Pochi giorni dopo, al contrario, il soprintendente di Napoli giudica fuori posto un concerto di musica leggera in Piazza Plebiscito.

Mi sembrano entrambe posizioni insostenibili, perché non tengono conto della natura e dei fini dei luoghi monumentali a cui si riferiscono.

Il delicatissimo corridoio cinquecentesco degli Uffizi, gremito di sculture antiche, non è fatto per ospitare eventi mondani che lo mettono a rischio materialmente, e lo tradiscono moralmente: i musei pubblici servono a costruire l’eguaglianza dei cittadini attraverso la crescita morale e culturale, non ad approfondire, attraverso l’esaltazione del lusso, il solco che li divide.

Al contrario, le piazze storiche nascono per accogliere manifestazioni popolari, anche di massa se le dimensioni lo consentono. Il patrimonio monumentale ha senso se è teatro della vita della comunità: un museo e una piazza devono poter svolgere fino in fondo la loro funzione (possibilmente senza confonderle!).

E, francamente, non vedo proprio niente di male nel fatto che Ligabue, o Laura Pausini si esibiscano in Piazza Plebiscito.

Il problema è la tutela dei monumenti sulla Piazza? Se è davvero così, il soprintendente non solo può, ma deve, intervenire con atti formali prima della manifestazione, e non già dopo con un’intervista.

Se il problema è lo sporco, non è certo difficile risolverlo. Due volte l’anno quel salotto gotico che è Piazza del Campo a Siena accoglie trentamila persone, stipatissime per assistere alla corsa del Palio. Quando lasciano la ‘conchiglia’ del Campo, essa è inevitabilmente coperta di rifiuti: che vengono rimossi in meno di due ore. E mi rifiuto di credere che non possa avvenire lo stesso a Piazza Plebiscito.

Il problema è invece l’uso improprio della terrazza di Palazzo Reale? La soprintendenza ha tutti i mezzi per reprimere duramente l’abuso della propria stessa sede: e se è vero che sono stati addirittura staccati gli allarmi notturni del Palazzo, immagino che anche la Procura della Repubblica potrà dare una mano a farlo.

Nel caos che contraddistingue l’utilizzo del patrimonio monumentale italiano c’è un’unica costante: il trionfo dell’interesse privato su quello pubblico.

Anche chi non condivide il mio giudizio sulla sfilata di moda agli Uffizi, trova che aver affittato per la miseria di 30.000 euro il più famoso museo italiano ad un’impresa privata (e al suo marketing) sia stato un’indecenza: una vera svendita di un bene pubblico, i cui contorni dovrebbero destare l’interesse della Corte dei Conti.

Per lo stesso motivo trovo incredibilmente grave lo sconto del 99,9% praticato sulla tariffa pagata da chi occupa Piazza Plebiscito per un’iniziativa che crea un notevole utile privato. Ogni giorno qualcuno ci spiega che per salvare il patrimonio monumentale c’è bisogno di sponsor privati. Personalmente sono assai scettico su questa soluzione, perché l’esperienza insegna che quasi mai i legittimi interessi di lucro del privato coincidono con i fini costituzionali del patrimonio pubblico.

Ebbene, una volta tanto che le due cose coincidono (una piazza è fatta anche per i concerti), cosa fa l’autorità pubblica (in questo caso la Giunta comunale)? Sostanzialmente regala il bene pubblico a chi lo usa per (legittimi) fini di lucro. Si potrebbe ricordare al sindaco, con qualche ironia, che il bene comune non è il bene del Comune: che non può dunque decidere arbitrariamente a chi ‘regalarlo’, ma deve amministrarlo nel vero interesse della comunità.

La prossima volta che qualcuno lamenterà i crolli delle statue sulla facciata di Palazzo Reale verso il plebiscito non dica, per favore, che non si sa come trovare il denaro per restaurarle.

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