1. La Rete e il Neoambientalismo
La ReTe è un'Associazione che nasce da un movimento e intende restar fedele a tale origine. Il radicamento in Toscana, anche se non esclusivo (presenze in Liguria, Emilia, Lazio, Marche e Veneto lo documentano), è attualmente una delle sue caratteristiche dominanti. La ReTe mette in rapporto le esperienze di decine di Comitati, le indirizza verso i medesimi obiettivi generali e ne fa nascere una strategia complessiva, che rafforza ognuna di quelle esperienze e ne facilita l'affermazione.
Il neoambientalismo della ReTe consiste in questo: la moltitudine delle esperienze e delle lotte, distribuite ormai in maniera molecolare sull'intero territorio toscano, si collega alle capacità elaborative e progettuali di gruppi intellettuali e professionali, che si mettono al servizio di queste cause al di fuori di ogni schema sovraimposto o burocratico. Il rapporto è inscindibile: una delle due componenti non potrebbe fare a meno dell'altra, e in effetti è stato così in maniera sempre più integrata fino a sboccare coerentemente nell'Assemblea dei Comitati del 3 febbraio, di cui qui di seguito si fornisce l'impianto complessivo. Questo impianto è il frutto di un lungo lavorio di scambio fra Comitati e ReTe: ed è destinato a essere ancora perfezionato nel percorso che ci separa dall'Assemblea del 3 febbraio e in seguito allo svolgimento dell'Assemblea medesima.
2. L'Assemblea del 3 febbraio e la consultazione politica elettorale nazionale
L'Assemblea indetta dalla ReTe per il 3 febbraio cade nel pieno di una campagna politica elettorale nazionale. Non si tratta di mancanza di attenzione o di una vera e propria distrazione: è invece una scelta fortemente voluta, del tutto intenzionale, per due motivi.
Innanzi tutto: senza teme di smentite possiamo affermare che, da parte delle forze politiche nazionali più rappresentative, il posto riservato nel proprio dibattito pubblico e nei propri programmi ai temi dell' ambiente, del territorio, del paesaggio, dei beni culturali, è finora più che modesto, per non dire inesistente. Intendiamo reagire, proponendo ai nostri interlocutori politici e istituzionali di pronunciarsi esplicitamente sulle tematiche che noi solleviamo. Sarebbe davvero disdicevole, anzi impensabile, che al nostro appello, in una condizione del genere, non si risponda.
In secondo luogo: intendiamo rimarcare con chiarezza che i problemi e le tematiche che solleviamo non sono una delle tante aree d'interesse cui una forza politica di ambizioni nazionali dovrebbe guardare ma, nello stato presente delle cose, quella che determina tutto il resto.
Dietro le nostre critiche e osservazioni e dietro il nostro progetto si cela un diverso modo d'intendere e concepire le fondamentali scelte civili e una diversa gerarchia delle scelte e dei valori. E' facile rendersene conto. Ma per chi ancora non se ne rende conto, lo diciamo con chiarezza in esordio. Non siamo dei critici a tutti i costi: siamo i portatori di un nuovo progetto, alternativo e calato profondamente nella società civile (di cui oggi molti parlano, ma pochi sanno di cosa si tratti, e ancor meno sono disposti e tenerne realmente conto); ed è su questo che chiediamo a politici e istituzioni di pronunciarsi.
3. La valenza nazionale del progetto e dell'Assemblea
E' su questo insieme di motivi che pensiamo che l'Assemblea del 3 febbraio e la discussione che intendiamo promuovervi abbiano un'origine e una documentazione prevalentemente toscane, ma una valenza nazionale. Spesso ci è stato chiesto di valutare come la Toscana si collochi rispetto alle altre regioni italiane in merito alle questioni di cui la "Piattaforma" si fa portatrice. Non abbiamo nessuna difficoltà a riconoscere che, se la discussione da noi impostata nasce e si colloca in Toscana, ciò si deve al fatto che qui i confini dell’inarrestabile logica del "profitto a tutti i costi" non sono stati ancora del tutto, - non del tutto, lo ribadiamo – superati.
Questo tuttavia rende le manifestazioni di rottura di questo precario equilibrio tra "sviluppo" fondato sullo sfruttamento e difesa dell'ambiente ancor più clamorose. Lo abbiamo già detto più volte ma lo ripetiamo con la forza di argomenti sempre più raffinati e inconfutabili: i casi dell'Amiata, delle Apuane, la devastazione delle coste, la sciagurata scelta del sottoattraversamento ferroviario di Firenze, la battaglia per una definizione ultimativa e soddisfacente dei problemi riguardanti il corridoio tirrenico, le politiche urbanistiche in molti casi dissennate, le "città d’arte" ridotte a “città merce”, il devastante consumo di suolo ai danni del paesaggio e dell'agricoltura, le questioni (ancora tutte in sospeso) legate alla costituzione dell'area metropolitana di Firenze, connesse a loro volta con la destinazione dell'area strategica della Piana (su cui torniamo più sotto), impongono alle Amministrazioni toscane una rapida inversione di rotta ancora possibile qui più che altrove, destinata, se adottata con chiara decisione, a diventare un elemento propulsivo per l'intera situazione nazionale italiana.
4. I documenti preparatori della "Piattaforma toscana"
I documenti preparatori della "Piattaforma toscana" si articolano in tre fondamentali Sezioni:
I. Energie, risorse, acqua, rifiuti;
II. Urbanistica e Territorio aperto;
III. Infrastrutture e Grandi Opere.
Nel loro insieme esse costituiscono la base essenziale e organica della "Piattaforma toscana". Andrebbero lette nel loro complesso. Ognuna di loro rimanda infatti alle altre due. Le articolazioni interne di ognuna di loro costituiscono d'altra parte l'inizio di un altro possibile discorso fondato su di una documentazione di prima mano, che andrebbe ulteriormente sviluppato. L'idea generale, che presiede all'insieme dei documenti, è che, a ogni posizione critica, corrisponde un progetto alternativo. Questo significa che un diverso orientamento e una diversa prospettiva sono realmente possibili nei campi che abbiamo scelto di privilegiare. Difficile d'ora in poi considerare tale "Piattaforma" come puramente negativa.
5. Considerazioni Politico-Istituzionali
Attiriamo ora l'attenzione su quelle questioni che, preliminarmente, e in una prospettiva più vasta, comportano la necessità di un orientamento politico- istituzionale diverso da quello che ha dominato nel corso degli ultimi anni (in taluni casi, decenni). L'enunciazione di tali materie chiarisce ancor meglio l'intreccio fra questioni toscane e questioni nazionali, sia in termini ampiamente culturali sia, come si diceva, in termini di scelte politico-istituzionali.
Ad esempio: che il nostro orientamento non sia privo di realismo e di prospettive attuabili lo dimostrano vari fattori ed esperienze anche molto recenti (confermando anche da questo punto di vista la valenza nazionale delle nostre battaglie).
Ci richiamiamo fra gli altri al fatto che il 16 novembre il governo ha approvato il Disegno di legge quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo del suolo, che in una prima versione (settembre) era già stato oggetto di dibattito e di osservazioni da parte di comitati e associazioni, inclusa la ReTe. Va osservato che la nuova versione ha recepito alcune delle critiche anche se è suscettibile di ulteriori miglioramenti. Nonostante che non vi siano le condizioni perché questo testo di legge venga discusso nell’attuale legislatura, riteniamo che i principi che esprime vadano riproposti come base di una nuova politica del territorio. Non si può non concordare con quanto affermato nell’art. 1, comma 3, secondo cui «le politiche di sviluppo territoriale nazionali e regionali perseguono la tutela e la valorizzazione della funzione agricola attraverso la riduzione del consumo di suolo e l’utilizzo agroforestale dei suoli agricoli abbandonati, privilegiando gli interventi di riutilizzo e di recupero di aree urbanizzate».
Il secondo esempio tocca più da vicino la situazione toscana. La legge regionale 1/2005 ha esasperato la spinta verso il decentramento, che in materia urbanistica era cominciata con la legge 5/1995, producendo macroscopiche distorsioni. Il modello toscano è stato definito "pluralismo istituzionale paritetico", consistente in buona sostanza nell'eliminazione di ogni rapporto gerarchico e nell'assoluta equipollenza degli Enti locali (Comune, Provincia, Regione). E' dunque indispensabile attribuire a "piani di area vasta" la responsabilità di determinare, attraverso percorsi concordati, il riordinamento degli strumenti urbanistici comunali. Continuare con l'assoluta, inappellabile autonomia comunale in materia di previsioni di crescita costituisce uno dei primi fattori della dilapidazione del territorio.
Per restare in argomento con un esempio particolarmente significativo, osserviamo che la scelta d'identificare come "area metropolitana" [ o "ciuttà metropolitana"? -ndr.] l'insieme delle Province di Firenze, Prato e Pistoia (FI-PO-PT), avrebbe il merito di non spezzare in due(o in tre) la rete delle interdipendenze funzionali e struttura1i di tale importantissima realtà urbanistica e territoriale, e potrebbe dar luogo in Toscana al progetto più significativo (appunto, di livello nazionale) di una pianificazione di "area vasta". Il cuore di tale progetto, il cardine di tale interdipendenza, è la Piana. Come sappiamo, le questioni che oggi affliggono la Piana sono numerose e complicate: il deprecabi1e progetto di ampliamento dell’aeroporto, il completamento del progetto Fondiaria-Ligresti, il termovalorizzatore dell' Osmannoro, la terza corsia dell' A11, il raccordo stradale Signa-Prato. Questioni tutte di difficile soluzione in una logica che continui a vedere la Piana come periferia di Firenze: invece, nella prospettiva della Città metropolitana esse emergerebbero come incompatibilità troppo vistose per non essere risolte al più presto e in via definitiva. Lo stesso auspicabile progetto di Parco agricolo,
6. Difesa del territorio e sviluppo economico: il “laboratorio Toscana”
La prospettiva politica in cui si colloca la ReTe salda la difesa e la valorizzazione di territorio, ambiente e paesaggio con le questioni dell'occupazione e del reddito. L'atteggiamento delle istituzioni e dei politici, anche di quelli che hanno mostrato o mostrano timide aperture verso gli obiettivi della ReTe, è stato di considerare il patrimonio territoriale (nelle sue declinazioni di ambiente e paesaggio) come un'esternalità dello sviluppo di cui devono essere mitigati e risarciti gli aspetti negativi. Solo lo sviluppo inteso come incremento del PIL, secondo questa fede, produce occupazione e reddito, indipendentemente dalla natura degli investimenti. Nello sfondo una fede cieca nei mercati. Occorre perciò sottolineare un principio fondamentale dell'azione della ReTe. Investire in ambiente e paesaggio produce reddito e occupazione. Gli investimenti in ambiente e paesaggio e in generale nei cosiddetti 'beni comuni' si traducono fra l'altro in beni salario. Detto in altri termini, un incremento del reddito dei lavoratori può essere monetizzato, ma può anche essere materializzato come possibilità di usufruire di servizi alla famiglia, di un ambiente pulito, di scuole accessibili, di un sistema sanitario efficiente, di, parchi e occasioni di loisir, di forme alternative di commercio. Investire sui 'beni comuni' è perciò una importante chance di occupazione e reddito ed è in grado di saldare movimenti e comitati verso obiettivi unificanti. Su questo terreno l'importante esperienza del referendum per impedire la privatizzazione dell'acqua.
La Toscana, proprio per la natura e la storia del suo territorio, può proporre straordinari modelli di produzione della ricchezza futura in forme durevoli, in cui molte cose devono decrescere (consumo di suolo, grandi opere, grande distribuzione, grandi apparati industriali, grandi dipendenze dalla finanza globale, grandi metropoli e grandi periferie), altre devono crescere (cittadinanza attiva, reti corte fra produzione e consumo, spazi pubblici, sistemi di economie locali, ripopolamento rurale e montano ecc). I percorsi del ritorno ai campi hanno lo scopo di nutrire le città con cinture di agricoltura peri-urbane (fattorie didattiche, orti, frutteti giardini) e parchi agricoli con cibo sano a km zero), con l’obiettivo di fermare i processi di deruralizzazione, riqualificare i margini urbani e avviare il ripopolamento produttivo con forme di “neoruralità” fondate sul modo di produzione contadino; di ridurre l’impronta ecologica con la chiusura locale dei cicli dell’acqua, dell’energia, dell’alimentazione; di elevare la qualità
ambientale (salvaguardia idrogeologica, qualità delle reti ecologiche e del paesaggio); di elevare la qualità abitativa delle periferie (standard di verde agricolo “fuori porta fruibile”), di riqualificare i margini urbani (qui finisce la città, là comincia la campagna); di restituire un ruolo produttivo ai paesaggi rurali storici con regole sapienti ambientali, idrogeologiche, ecologiche, produttive, in grado di dare indicazioni per la multifunzionalità dell’agricoltura e per affrontare le conseguenze del cambiamento climatico.
7. Un'altra idea di partecipazione
Le altre questioni, grandi e piccole, che riguardano il territorio e l'ambiente toscani, sono minuziosamente analizzate nei testi che seguono. Ma qui, per concludere, vogliamo introdurre un tema di riflessione di primaria importanza: quello della partecipazione. Siamo decisamente favorevoli a qualsiasi forma, giuridica e istituzionale, di promozione e regolamentazione della partecipazione. Ma la forma primaria della partecipazione è quella che prevede forme organizzate delle esperienze e delle lotte dei cittadini, che, muovendosi dal basso e da ogni possibile luogo del conflitto, presentano alle forze politiche e alle istituzioni richieste di correzione, mutamento e miglioramento.
Insomma, bisogna accettare il principio che fra le istituzioni e la politica si muove una terza forza, che non si identifica né con l'una né con le altre, ma rivendica nei loro confronti pari dignità. Non esiste solo il voto a rappresentare la cittadinanza. La ReTe e il neoambientalismo costituiscono un'esperienza decisiva in questa direzione.
La nostra idea di partecipazione prevede la consultazione preventiva dei soggetti popolari interessati, quando siano in gioco il mutamento o la trasformazione di fondamentali beni comuni. La democrazia partecipata non viene dopo ma prima: quella che cresce insieme con le decisioni dei poteri costituiti e passa, dall’inizio alla fine, attraverso un confronto continuo, da cui non possono prescindere le decisioni conclusive. E’ in questo modo che la democrazia si allarga a macchia d’olio sul territorio, invece di rimanere chiusa come spesso accade, nei Palazzi del potere.
Perciò l'Assemblea del 3 febbraio è così importante: potrà infatti costituire un momento serio di democrazia partecipata intesa in questo senso, se istituzioni e forze politiche accetteranno seriamente il confronto invece di rifugiarsi, come troppo spesso accade, in una pretesa di autosufficienza. Con questo spirito la ReTe va al confronto, chiamando i Comitati e i cittadini a esservi attivamente presenti.
Qui il testo completo del documento.