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Paolo Boccacci
"Piano regolatore, i falsi di Report"
7 Giugno 2008
Roma
La querela di Morassut ad un'inchiesta di grandissimo impatto e il commento di eddyburg in una postilla. Da la Repubblica, ed. Roma, 7 giugno 2008 (m.p.g.)

«Il Campidoglio ha venduto la città ai re del mattone? Falso. Ha barattato aree verdi con milioni di euro per i servizi? Falso. Ha autorizzato una "colata di cemento" sul territorio della metropoli? Falso. Ed infine: il nuovo piano regolatore è stato approvato con "un colpo di mano"? Falso».

Dietro ai microfoni della saletta stampa della Camera di via della Missione, affollata come non mai, l'ex responsabile dell'Urbanistica ora deputato del Pd, Roberto Morassut, snocciola i diciotto punti della denuncia-querela contro l'inchiesta "I re di Roma" della trasmissione Report condotta da Milena Gabanelli, che ha suscitato a sua volta un'inchiesta della magistratura. È mezzogiorno. Due ore prima aveva depositato in Procura le mille pagine del suo esposto.

Ad ascoltarlo ci sono gli ex assessori Silvio Di Francia, Giancarlo D'Alessandro, Lia Di Renzo, Jean Leonard Touadi, Gianni Borgna, Domenico Cecchini; il portavoce dell'allora sindaco Veltroni Walter Verini, il capogruppo del Pd Umberto Marroni, la deputata Marianna Madia, il senatore Lionello Cosentino; il portavoce romano del Pd Riccardo Milana, l'assessore regionale Daniela Valentini, Michele Meta. E anche il costruttore Claudio Toti.

«Da parte mia» dice Morassut sottolineando le parole «è un atto dovuto per difendere l'onore di un'intera amministrazione e di tanti tecnici, professionisti, consulenti, che hanno contribuito a redigere il nuovo piano regolatore con intelligenza e onestà». Al suo fianco l'architetto Daniel Modigliani, lo storico direttore del Piano regolatore, e Luca Petrucci, l'avvocato che sosterrà la causa.

«Il Prg - precisa l'ex assessore - non è stato un atto clandestino, è stato discusso per dieci anni, votato tre volte dal Consiglio Comunale, ha ricevuto 7000 osservazioni che hanno avuto risposta, è stato oggetto di discussione con cittadini, ambientalisti, imprenditori. Il risultato è uno strumento importante, criticabile, correggibile, ma che costituisce una svolta per la città e che Alemanno deve attuare».

Poi snocciola i punti. «Report parla di "colata di cemento? Noi abbiamo tagliato 60 milioni di metri cubi dalle previsioni del vecchio prg, tutelato a verde 87.800 ettari pari al 68% di tutto il territorio». Ma l'attacco più duro è all'accusa di aver scelto le nuove centralità in base ai terreni di proprietà dei grandi costruttori. «Noi non abbiamo mai trattato con i costruttori. Non solo. Dal 2001 al 2008 non è stata avviata nessuna centralità su terreni privati. Ma, soprattutto, nel 2000, quando sono state scelte, erano quasi tutte di proprietà pubblica, da Acilia a Magliana. Erano private solo Lunghezza, Eur Castellaccio e Bufalotta. Alcuni terreni, dopo, sono passati di mano. Ma questo è il mercato».

Ancora: «È falso che a Bufalotta trasformeremo in edilizia privata le cubature degli uffici. Abbiamo ritirato la delibera dal Consiglio. È falso che lì non c'è il verde: ci sono i 120 ettari dati al verde che si stanno cominciando ad allestire. È falso che Romanina era un'area verde: era destinata a servizi pubblici. Abbiamo tagliato a Scarpellini 700 mila metri cubi. È falso che ad Acilia non andrà il campus dell'università. E Ponte di Nona e Grottaperfetta erano state approvate prima della giunta Rutelli. A Tor Pagnotta abbiamo tagliato 4 milioni e mezzo di metri cubi». Morassut è un fiume in piena. Afferma di aver rifiutato «dieci minuti di replica offerti da Report». In sala c'è anche il cronista di Report Paolo Mondani: «Siamo tranquilli, ci vedremo in tribunale. Le nostre stesse tesi le hanno sostenute compagni di partito dell'ex assessore come Tocci e Pasetto» (Ma Tocci e Pasetto replicheranno: «Non condividiamo l'inchiesta di Report»). E poi: «Morassut voleva prima 15 minuti di replica fatta girare da lui con un service. Una soluzione bulgara che abbiamo rifiutato. Alla fine ha chiesto 30 minuti». «Dopo un'ora di diffamazioni» ribatte Morassut «mi sembrava il minimo». In sala anche uno dei "re del mattone di Roma", Claudio Toti. «Volevo capire» ha detto «come Morassut controbattesse alle inesattezze trasmesse da Report. In realtà non c'è stato nessun favoritismo».

Postilla

La reazione, più volte preannunciata, dell'ex assessore Morassut sottolinea ancora una volta che il prg rappresenta uno degli snodi non solo dell'urbanistica capitolina, ma dell'intero “Modello Roma” nel senso politico più ampio del termine. Alla presenza degli stati generali dell'establishment PD romano a far fronte comune, Morassut ha rivendicato ancora una volta “l'importanza” del suo prg. L'insieme delle repliche a difesa, in realtà, non pare affatto scalfire l'impianto dell'inchiesta di Report e ci si limita a limare cifre e percentuali per di più paragonandole alle previsioni di un piano regolatore di quarant'anni fa: è con la situazione della capitale così come si è venuta a costituire in questi ultimi lustri, nell'assenza di regole e di una visione complessiva della forma e dell'uso urbano che si doveva confrontare il nuovo piano. Invece di proporre un'inversione di tendenza rispetto a questa deriva che aveva condotto sia il centro storico che le periferie, con modalità diverse, ma ormai dirompenti in entrambi i casi, a livelli preoccupanti di degrado e di invivibilità, il prg di Morassut&C si è limitato a sancire tutte le linee di tendenza in atto al momento della redazione che, fatalmente, non potevano che rispecchiare le volontà speculative di lobby cresciute, in questi anni, in ricchezza, influenza e potere, senza che la mano pubblica pensasse minimamente di rivendicare per sé – e quindi per la collettività che l'aveva eletta – un ruolo di verifica, controllo e, si licet, contrasto.

L'elevatissimo numero delle osservazioni ricevuto dal suo prg, sbandierato da Morassut come elemento di democraticità, è il sintomo, al contrario, dell'ostilità diffusa dei cittadini ad un piano sentito in contrasto con aspirazioni ampiamente condivise e che, non avendo mai esercitato strumenti di partecipazione effettivi, si è limitato a calmierare alcune previsioni senza saper o poter correggere l'impianto complessivo.

E così, all'affermazione più volte ribadita dal giorno della trionfale approvazione, che si tratti di uno strumento di importanza storica, tautologicamente comprovata sulla base della semplice esistenza (“è bello perchè c'è”) ai cittadini non è rimasto che rispondere, sinteticamente, ma inequivocabilente, il 27 e 28 aprile. (m.p.g.)

Sul PRG romano, in eddyburg

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