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Giampaolo Calchi Novati
Periferia perduta
20 Febbraio 2011
Articoli del 2011
I sommovimenti del mondo arabo visti dal centro dell’Impero rivelano le ragioni e le radici del dramma in atto. Il manifesto, 20 febbraio 2011

La notizia è che uno dei forzieri con cui in anni di dominio, influenza e sviluppo vigilato l'Occidente ha regolato il rapporto Centro-Periferia sta cedendo a una pressione ormai fuori controllo. L'ampiezza del fenomeno è tale da offuscare i casi singoli. Non ci sono più alcuni «cattivi» spazzati via o sul punto di essere travolti dalla protesta delle rispettive piazze con il loro carico di frustrazioni, disoccupazione e voglia di libertà. Il contagio può aver fatto da detonatore ma all'origine ci sono cause più profonde. È sul punto di crollare un intero sistema di «sicurezza» che andava ben oltre la tutela degli interessi personali, clanici o dinastici di rais, generali, colonnelli e sceicchi. E quando sarà il turno dell'Arabia Saudita?

Finita l'epoca coloniale, il Terzo mondo è stato oggetto di un presidio accurato. Man mano, nel mezzo secolo della guerra fredda è toccato all'America centrale, al Sud-Est asiatico o all'arco della crisi in Africa di occupare il proscenio, ma il Medio Oriente è stato l'epicentro fisso di tutte le strategie di contrasto.

Il primo conflitto dopo il 1989 ha avuto come teatro il Golfo. Si intuì subito che il neo-impero stava traslocando gli apparati militari e para-ideologici da Est a Sud. Dal contenimento dell'Urss e della rivoluzione si passò all'Iraq, all'Iran e finalmente alla «guerra al terrore». Di volta in volta si è trovata la causa per legittimare il «grosso bastone». Si è creduto che gli alti e bassi nel Medio Oriente andassero misurati con parametri di tipo culturale fingendo che le dinamiche sociali e politiche interne, con tutti gli impedimenti che rendono così ardue le transizioni alla modernità di paesi arretrati e soggetti da tempo a forme svariate del potere altrui, non fossero condizionate e manipolate da forze esterne. L'orientalismo come approccio agli affari del mondo arabo-islamico ha dimostrato di auto-riprodursi fino a oggi. Non per niente Bernard Lewis, il principale bersaglio delle polemiche innescate dal famoso libro di Edward Said, è ricomparso come consulente nelle guerre di Bush che Obama ha dovuto coprire perché nel frattempo si è trovato a farle proprie.

Né i «moderati» alla Ben Ali né i «radicali» alla Gheddafi hanno retto alla prova. Gli oneri sulle spalle dei regimi della Periferia sono esagerati sia in termini economici che in termini morali. Alla lunga diventano insostenibili. Qui si può capire la contestualità delle vampate. Sono stati impiegati metodi autoritari, la distribuzione della rendita è stata iniqua, la crescita dell'economia non ha tenuto il passo della demografia. Mubarak e gli altri non sono stati semplicemente appoggiati da Europa e Stati Uniti: hanno combattuto una guerra, silenziosa o rumorosa a seconda dei momenti, per difendere il petrolio, le grandi linee di comunicazione internazionali, Israele e da ultimo le nostre spiagge dagli sbarchi dei clandestini.

È ingeneroso infierire contro Berlusconi, piccola rotella di un meccanismo tanto più grande di lui. Per colmo d'ironia, a ballare mentre il Titanic va verso l'iceberg del destino non sono i passeggeri ignari ma lo stesso comandante in capo visto che gli Stati Uniti proprio in questi giorni hanno bocciato con il veto l'ennesima, vana risoluzione dell'Onu sugli insediamenti ebraici in Cisgiordania. Come sempre, i grandi eventi si accompagnano a piccoli vizi.

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