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E invece non bisogna solo sbarrare la strada a una cattiva riforma della Costituzione e al disegno neopresidenzialista della legge elettorale. Occorre sconfiggere Renzi per ragioni drammaticamente più serie. La presente riflessione è indirizzata ai tanti democratici, intellettuali, giornalisti e varie altre personalità pubbliche che considerano Renzi, nella presente situazione italiana, il male minore. E invece anche una sommaria considerazione ci consente di vedere e prevedere, fuori da ogni ragionevole dubbio, che egli è il male peggiore.
La sua eventuale vittoria al referendum segnerebbe un grave arretramento per la sinistra e soprattutto per l’intero paese. Ho considerato da subito sorprendente il fatto che il gruppo dirigente del PD si sia accorto con tanto ritardo dell’estraneità profonda di questo personaggio alla sua migliore cultura politica, quella ex comunista e quella cattolico-democratica. Ma quel ritardo è un segno dell’esaurimento storico di una tradizione. Certo, la distribuzione degli 80 euro, astuta mossa elettorale, ha tratto molti in inganno.Tra l’altro, il consenso che ne è venuto al PD alle elezioni europee la dice lunga sul bisogno drammatico che ha il paese di una redistribuzione della ricchezza, di superare le disuguaglianze crescenti che lo lacerano e lo fanno ristagnare. E infatti quando il centro-sinistra si è presentato con un programma passabilmente di sinistra (Pisapia, De Magistris, Zedda nelle amministrative del 2011) ha potuto constatare quale consenso maggioritario ha nel paese.
Ma Renzi ha preso la strada che conosciamo: abolizione della tassa sulla prima casa, conflitto aperto con il sindacato, ulteriore liberalizzazione del mercato del lavoro (Jobs Act), dialogo preferenziale con la Confindustria, ridisegno verticistico della scuola (legge sulla Buona scuola). Oggi la manomissione della Costituzione e l’Italicum dovrebbero completare il disegno coerente di una sempre più spinta “neoliberalizazione” della società italiana. Ma insieme alle scelte legislative andrebbero considerati i simboli e il linguaggio. Non era mai accaduto nella storia della sinistra che il segretario del partito eleggesse a proprio campione un manager della grande industria. Renzi, com’è noto, ha scelto come simbolo della nuova Italia Marchionne, nel momento in cui veniva ridimensionata la più grande industria italiana e imposto agli operai Fiat un violento disciplinamento dell’organizzazione del lavoro.
Ma anche sul piano del linguaggio le novità sono state rilevanti, ed è forse l’aspetto più profondamente rivelatore della personalità di Renzi. Rottamazione, termine che ha avuto tanta fortuna, che riduce le persone a cose, a ferri vecchi, introducendo una semantica del disprezzo per i compagni del proprio partito senza precedenti nella storia politica nazionale. E poi è seguito il repertorio dei gufi, rosiconi, civette e altre metafore di derisione culminate nell’incredibile: «nel partito c’entriamo col lanciafiamme», rivelatore di una non comune capacità di violenza, camuffata dalla maschera della bonomia pubblica.
Chiedo: perché tale veemente volontà di imposizione, espressa dentro il suo partito, non dovrebbe estendersi al resto della società italiana? E infatti abbiamo visto e vediamo come Renzi ha fatto della riforma della costituzione, materia per eccellenza del Parlamento, una battaglia del governo e sua personale. Egli ha alterato gravemente lo spirito e la lettera della Carta, tanto nell’iter parlamentare che nella campagna referendaria: dalla sostituzione dei parlamentari dissidenti in Commissione costituzionale al recente cambio di guardia dei direttori della Rai, che oggi occupa senza tregua con la sua propaganda referendaria.
Ebbene, questo segretario di partito e presidente del Consiglio, che mostra una spregiudicatezza senza precedenti nel manomettere il potere pubblico, che non indietreggia di fronte alla spaccatura del paese per vincere la sua personale battaglia, quale futuro ci predisporrà nel caso dovesse prevalere nel referendum? Se già ora si mostra capace di controllare tante sfere del potere, di violare le regole, che cosa accadrebbe con l’Italicum, una volta acquisita una capacità di comando enormemente rafforzata rispetto all’attuale? Non è evidente che egli darebbe una torsione autoritaria alla vita italiana?
Caro Scalfari, caro Cacciari, non c’è bisogno di immaginare un Videla o un Pinochet, siamo pur sempre in Europa, i cittadini devono consumare, non possiamo rinchiuderli negli stadi o farli sparire. E allora? E’ davvero difficile immaginare quanti milioni di italiani che hanno potere, nei partiti, nei media, nelle Università, nelle banche, diventerebbero renziani? Ci vuole troppa fantasia per prevedere in quale totalitario conformismo precipiterebbe il paese per almeno un decennio, con un incalcolabile impoverimento culturale di tutti ? Occorre avere una sfera di cristallo per intuire che anche sotto il profilo economico l’Italia non fermerebbe il suo declino, perché Renzi - tardivo epigono neoliberista - persegue la stessa politica che ha generato la crisi in Italia e nel mondo?