Dopo l'11 settembre europeo qualcosa è improvvisamente cambiato nello spazio politico del dibattito sulla sinistra.
Il manifesto, 17 novembre 2015
Pochi giorni fa il manifesto ha pubblicato un inserto/dossier (da lunedì 16 sarà possibile anche acquistare il pdf sul sito, ndr), ispirato e curato da Norma Rangeri, dal titolo significativo “C’è vita a sinistra ”.
L’ho trovato molto interessante e ricco di spunti di riflessione, ma anche carente di un quid che non riuscivo ad identificare. Come se tutta la discussione fosse fuori dal tempo che stiamo vivendo perché non prendeva in considerazione qualcosa che ha modificato profondamente lo “spazio politico”, per usare una categoria di Bourdieu. Sentivo che alla nostra discussione mancasse non un tema, sia pure importante, ma proprio una dimensione che caratterizza il nostro tempo.
Purtroppo, adesso mi è chiaro: quel qualcosa che mancava, quella dimensione ignorata, si è tragicamente materializzata nella strage di Parigi, un vero e proprio 11 settembre per l’Europa. Questa forma di terrorismo ha un impatto devastante sulla popolazione europea, crea un panico generalizzato, un senso di insicurezza tale che si traduce sul piano politico in una richiesta pressante di Ordine, Vendetta, Guerra.
Altro che politiche di accoglienza, che integrazione di immigrati, che società multiculturale, con questa orrenda strage cambia lo scenario politico europeo, spalancando un’autostrada per la cultura della Destra xenofoba, razzista e guerrafondaia. Che poi siano i governi socialisti o socialdemocratici a portare avanti questa politica non fa che aggravare la situazione.
Certo, lo sappiamo che l’Occidente ha praticato un terrorismo sistematico nei confronti di molti popoli del mondo, che i droni che uccidono civili in Afghanistan o in Iraq sono più buoni dei terroristi islamici solo perché non vediamo gli effetti di queste azioni: i media non ci fanno vedere donne e bambini massacrati, povere case sventrate e ridotte in macerie. Come nella striscia di Gaza,
dove Israele ha compiuto veri e propri atti terroristici, con molte più vittime di quelle che ha fatto finora l’Isis in Europa.
E potremmo continuare, ma servirebbe a poco per convincere la maggioranza degli europei che la strada della guerra, che Hollande ha già abbracciato con entusiasmo per vendicarsi della strage di Charlie Hebdo e che oggi ripropone con più forza, ci porta verso l’autodistruzione.
Provate a convincere i nostri concittadini, quelli che non leggono il manifesto, che bisogna ritornare a una pratica politica di ampio respiro per sconfiggere il terrorismo.
In primis, isolando il governo dell’Arabia Saudita e gli altri Stati del Golfo che finanziano il terrorismo da molti anni, ed anche quelli occidentali che agiscono attraverso i servizi segreti. Allo stesso tempo contrastando il governo israeliano con tutti i mezzi — anche con le sanzioni — finché rimangono occupati i territori palestinesi, e poi sostenendo tutte le esperienze democratiche che tra mille difficoltà resistono nel Nord Africa ed in Medio Oriente, a partire da un sostegno forte e convinto al governo tunisino. Ci siamo già dimenticati della strage dell’Isis al museo Bardo di Tunisi che ha causato tante vittime e un danno enorme alla fragile economia tunisina: da quel momento le navi da crociera hanno saltato la tappa di Tunisi e complessivamente i flussi turistici sono crollati dell’80 per cento!
Un fatto è certo: il Califfato Islamico ha una strategia politica e usa gli attacchi terroristici come strumento per conseguire i suoi fini.
Di contro, l’Occidente risponde istericamente, accecato dalla sete di vendetta, non ha più una visione e una strategia politica, e ripete i tragici errori fatti dopo l’11 settembre in Afghanistan ed Iraq.
Come non si è mai sconfitta la mafia mandando l’esercito, così non verrà mai sconfitto l’Isis con le bombe.
Anzi, i bombardamenti occidentali, colpendo tanti civili innocenti (i famosi “effetti collaterali”) fanno crescere l’odio e la sete di vendetta dei parenti delle vittime, procurando al Califfato islamico un “esercito terrorista di riserva”.
Fare vedere che esiste concretamente un’altra strada per combattere il terrorismo islamico è oggi una priorità politica per chi vuole costruire un futuro diverso per l’Europa.
Questa è la più grande sfida per la Sinistra Europea nel XXI secolo.