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Carlo Tecce
"Per la Rai siamo inesistenti: al No solo pochi secondi"
25 Maggio 2016
Difendere la Costituzione
«Rai: il Sì marcia a reti unificate.L’intervista ad Alessandro Pace "La realtà supera le mie più fosche previsioni. Perfino con Berlusconi c’era più spazio per le opposizioni"».

Il Fatto Quotidiano, 25 maggio 2016, (p.d.)

Alessandro Pace ha un’agenda satura d’impegni: “Mi spiace, il tempo è scarso”. Il professore emerito di Diritto costituzionale presiede il Comitato per il No che intende bloccare la riforma della Carta. A ottobre ci sarà il referendum confermativo, ma la campagna elettorale è adesso. In piazza e sui media.

Professore, la presenza sui canali Rai del comitato la soddisfa?Mi fa una domanda ingenua, è retorica?

Anche retorica.Per la Rai siamo inesistenti. Io non mi sorprendo, non mi aspettavo trattamenti degni di un servizio pubblico aperto al dibattito. Ma la realtà supera le mie più fosche previsioni. Ho contato i secondi.

I secondi?Con i minuti facciamo troppo presto. Ascolti, le fornisco i dettagli. Il Tg3 mi ha intervistato per circa tre minuti, ma in onda sarà andato un pezzetto. Il programma Bianco e Nero su Radio1 mi ha interpellato per un paio di minuti o 120 secondi, scelga lei.

E il resto?A memoria ricordo Gaetano Azzariti a La7 da Lilli Gruber, e poi sempre a Otto e Mezzo nei prossimi giorni ci saranno altri esponenti. Ma noi parliamo di Rai, le nostre statistiche riguardano la Rai, esatto?

Sì, professore.Perché abbiamo capito che il tallone di Matteo Renzi è La7, l’unica rete che ospita le idee di chi non è schierato con il governo sul referendum. La7 fa servizio pubblico.

E che fa Viale Mazzini?Quello che fa da sempre: tutela gli interessi del governo. In questa circostanza – e mi stupisco ancora – con maggiore attenzione. Con Berlusconi c’era addirittura più spazio per le opposizioni. Oggi la situazione è peggiorata.

A chi vi appellate, come reag i te?Abbiamo scritto e riscritto al professore Angelo Cardani, il presidente dell’Autorità garante per le Comunicazioni.

Co s ’è accaduto?Niente.

Per voi il confronto pubblico fra le ragioni del sì e del no è impari?Ammetto che da un punto di vista oggettivo è una battaglia persa.

Perché, professore?In tv non compariamo e non abbiamo quattrini. Ho chiesto due pareri agli avvocati e sono riuscito a ricavare 30 mila euro dall’associazione “Salviamo la Costituzione”.

Allora è rassegnato?No, per carità. I ragazzi che incontriamo ai convegni ci trasmettono un’energia preziosa, proseguiamo con vigore, andiamo avanti. Abbiamo 285 comitati locali, l’11 e il 12 giugno lanceremo una manifestazione in cento e più città con la speranza di accelerare la raccolta delle firme. A Milano abbiamo riempito tre sale di Palazzo Marino, a Bergamo c’era gente in piedi, così pure alla Sapienza di Roma.

Ma chi se n’è accorto?Osservazione corretta: non c’era una telecamera.

E sui giornali va meglio?C’è chi ospita dei nostri interventi e chi osteggia il comitato per il no. Un cronista di un quotidiano nazionale ci ha definito “forza antisistema”. È una etichetta assurda, tremenda e, soprattutto, di una falsità eclatante. Noi difendiamo la Carta con passione, difendiamo i principi dell’articolo 138. Non possiamo tollerare degli insulti gratuiti.

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