Per una«libera scuola di libera politica
1. La politica
Crediamo di aver individuato il focus della nostra attività nel tema – anzi, nella dimensione - della politica, e la forma della nostra attività nella scuola: una scuola in cui tutti siano al tempo stesso discenti e docenti “Libera scuola di libera politica” potrebbe essere il nostro motto, o il nuovo nome della nostra associazione
Vogliamo parlare e ragionare di politica. Bisognerebbe avere una concezione molto ristretta della politica per pensare che essa abbia a che fare solo con i "partiti", e per di più quelli di oggi, e per di più quelli della "sinistra” di oggi. Per noi la Politica è una dimensione della vita e dell'attività della persona umana che viva nella sua realtà sociale.
Ricordando ciò che ha scritto Lorenzo Milani si può affermare che l'esigenza della nasce in ciascuno di noi quando scopre che il suo problema è quello di molti, e che solo mettendosi insieme si può sperare di affrontarlo.
Il contrario della "politica", secondo lo stesso autore, è l'avarizia: il rinchiudersi nella difesa dei propri individuali interessi: che è ciò che stanno producendo l'ideologia del neoliberalismo - avviato Von Hajek e Milton Friedman, Von Mises, e Walter Lippman -e le sue conseguenze politiche,
2. Politicanti e diffidenti
Non molti condividono la nostra visione della politica.
Alcuni, una parte consistente, lo fanno perché hanno una visione della politica diversa dalla nostra: diversa, e anzi opposta. Vedono la politica come mera tecnica di gestione del potere in vista dell’affermazione e del rafforzamento dell’interesse e del potere proprio o del gruppo, sociale o di classe, cui si appartiene
Altri, e sono forse la maggioranza, lo fanno perché non immaginano, scottati dall’esperienza degli ultimo decenni, che sia possibile praticare un’altra poliica
I primi, i “politici politicanti”, sono i nostri avversari. I secondi, i diffidenti, saranno i nostri alleati, se riusciremo a convincerli che un’altra politica, una buona politica, è possibile.
3. Due eventi: Trump e Bergoglio
Due eventi sono accaduti nelle ultime settimane, che danno entrambe conferme alle nostre scelte. Due eventi di segno diverso: le elezioni negli USA; il discorso di papa Bergoglio sulla politica..
Condividiamo le preoccupazioni che la vittoria di Donand Trump ha provocato. Ma non condividiamo affatto l’opinione di chi vede nell’establishment rappresentato da Hillary Clinton e Barack Obama un efficace contrasto ai Trump del mondo.
Chi ha seguito un po’ la geopolitica degli ultimi decenni ha imparato che sia l’ex segreteria di stato sia l’ex presidente degli USA sono stati, nei fatti se non nelle parole, i prosecutori di una vecchia politica della globalizzazione capitalistica. Non hanno abbandonato l’impiego della guerra come strumento per l’accrescimento del potere, né lo sfruttamento delle risorse altrui, né il saccheggio di quelle del pianeta, e neppure gli strumenti dell’imperialismo culturale.
Credo che si possa dire che, al di là delle parole, Obama è stato di fatto il continuatore della dottrina Truman: “il modello del capitalismo occidentale è l’unico valido, abbiamo il dovere e il diritto di esportarlo e imporlo a tutti i popoli, a tutte le civiltà”.
Come si può pensare che persone e aree politiche cha hanno prodotto i danni e le paure che alimentano la demagogia dei Trump siano idonei a combatterle? Lo ha scritto Barbara Spinelli oggi sul Fatto Quotidiano: «La vittoria del tycoon è frutto di rigetto dell’establishment globalizzato e delle sue politiche neoliberali»
Spero che abbiate letto il discorso di papa Bergoglio sulla politica. Un papa che ha proclamato a le parole che la sinistra storica non sa più dire, e la pseudosinistra renziana reprime. Vi consiglio di leggerlo nella versione integrale, su eddyburg, dove lo trovate se digitate :”Popolo, Democrazia e Politica”. Ne riporto alcuni passaggi:
«Non abbiate paura di entrare nelle grandi discussioni, nella Politica con la maiuscola ha detto Bergoglio alle “organizzazioni degli esclusi. «Il divario tra i popoli e le nostre attuali forme di democrazia si allarga sempre più come conseguenza dell’enorme potere dei gruppi economici e mediatici che sembrano dominarle.»
Nel sollecitare il popolo a entrare nella politica con la maiuscola ha messo in guardia contro due rischi che ruotano attorno al rapporto tra i movimenti popolari e politica: il rischio di lasciarsi incasellare e il rischio di lasciarsi corrompere.
4. Da dove partire
Partire dal popolo, partire dai movimenti nei quali si esprime in forma collettiva il rifiuto del disagio nel quale la stragrande maggioranza delle persone vive.
Ciò che questo vasto e mutevole mondo esprime non è ancora "politica” in senso pieno, ma rappresenta certamente la base di una possibile alternativa al sistema economico-sociale dominante: diciamolo chiaramente: una alternativa al capitalismo le cui velenose radici si esprimono oggi nella figura del neoliberalismo.
5. Historia magistra
Poiché Historia magistra, ci proponiamo anzitutto di riflettere su qual era la forza antagonista a quel sistema nei secoli passati, e su quale era la radice ideale e sociale della sua forza.
Non per crogiolarci in un’atmosfera nostalgica, ma per comprendere, da ciò che stato, come si può pensare e agire in una direzione che sia giusta e possibile .
Ci proponiamo, ovviamente, una riflessione che non si limiti a esplorare ciò che esiste nei recinti del cosiddetto Primo mondo (Recinti che oggi gli Usa di Trump e l'Europa della UE vogliano munire di più temibili muraglie), ma si estenda alla vastissima area dove moltitudini di persone sono sfrattate dalle loro terre e cacciate verso sponde lontane.
Penso oggi soprattutto al dramma di quelli, più fortunati di moltissimi altri, che arrivano da noi come “migranti” e da noi vengono respinti con odio e paura.
6. Lo spazio pubblico e Venezia
Perché la riflessione sia possibile, occorre che ci sia lo spazio pubblico nel quale essa possa svolgersi liberamente. “Libera scuola di libera politica”, ha bisogno dello spazio pubblico della democrazia: e di una democrazia più sostanziale di quella che abbiamo conosciuto. Una democrazia simile a quella che hanno immaginato i Padri della nostra costituzione del 1949, che i loro successori non hanno saputo completare. Anche per questo il tema della difesa e del completamento della nostra Costituzione ci sembra oggi essenziale, e anche per questo abbiamo chiesto a Salvatore Settis di parlarcene, a partire dal suo ultimo libro.
Ma noi – e tutto il mondo dei movimenti, delle associazioni, delle persone che vogliono lavorare insieme per contribuire a cambiare il mondo) abbiamo bisogno anche di spazi fisici. A Venezia questo è sempre più difficile
Venezia, e soprattutto la città antica, è diventata una città nella quale ogni aspetto dello spazio è sottratto agli usi di tutti (alla contemplazione e all’incontro, alla cultura praticata all’uso alle attrezzature del welfare) a causa delle due facce della peste del 21° secolo: il turismo sregolato di massa e il turismo di lusso, che occludono da una parte e privatizzano all’altra spazi che per secoli sono stati comuni, entrambi tenacemente agevolati da chi ci governa.
Tant’è che oggi, per trovare una sala in cui riunirci abbiamo dovuto affidarci alla cortesia dell’ Ateneo Veneto, e pagarne le spese, in solido con gli amici di “Campo aperto” e di “Scelgo no”, con i quali abbiamo organizzato questo incontro e che ringraziamo molto anche per questo.
Venezia, 12 novembre 2016