Una sintetica illustrazione della condizione iniqua nella quale sopravvive il popolo palestinese. L'obiettivo non dovrebbe essere quello di rovinare la festa a chicchessia, si tratti pure di due sudditi dei poteri dominanti, ma di contribuire alla fine del massacro di un popolo. Il manifesto, 11 ottobre 2015
Privato di ogni diritto, relegato nei ghetti dei campi profughi in casa propria, guardato a vista dalle torre militari dell’occupante, separato dal Muro di Sharon — il primo edificato dopo il mitico crollo del muro di Berlino. E con una leadership ormai inascoltata perché incapace di corrispondere alle aspettative popolari. Quel popolo, che ha visto l’umiliazione dei propri capi storici come Arafat relegato dai tank israeliani nella Muqata e poi eliminato e come Marwan Barghouti che langue da anni nelle carceri israeliane, alla fine si è diviso e radicalizzato. Non nella forma a noi più consona, politicamente e socialmente ma, in assenza di una reale società civile, nelle modalità ideologiche del richiamano all’’Islam. Tema che, con i nuovi provvedimenti di Netanyahu e le ultime colonie israeliane — che ridisegnano anche la mappa dei luoghi religiosi di Gerusalemme est fino a impedire il diritto a pregare -, torna pericolosamente come l’unica bandiera. Ora una nuova generazione di giovani palestinesi è in rivolta. Ci si interroga se sia una nuova Intifada e i media, a dir poco disattenti alla tragedia dei Territori palestinesi occupati, preparano schede ammonendo da lontano sui risultati della prima e della seconda Intifada.
Certo non abbiamo mai visto una rivolta più disperata, mentre l’appello alla protesta generale viene dai leader di Hamas dalla Striscia di Gaza che ha subìto in questi anni tre guerre impari nelle quali dall’alto dei cieli la sua gente è stata massacrata sotto gli occhi distratti del mondo. È disperata questa rivolta perché il popolo palestinese si presenta a questo appuntamento ancora una volta spaccato e ridotto alla protesta individualizzata dei coltelli e quindi quasi suicida e perdente in anticipo. Sgomentano gli accoltellamenti dei coloni e le immagini dei giovani con il coltello in mano, ma nessuno s’indigna di fronte alle immagine dei carri armati, delle mitragliatrici o dei fucili dei soldati israeliani che sparano sui manifestanti.
Quelle armi sono «normali», ma sono di uno degli eserciti più potenti al mondo che occupa militarmente un altro popolo. Che ora, con una nuova generazione che scende in piazza, può far saltare gli equilibri fin qui disastrosi e criminali del Medio Oriente. Nessuno giri lo sguardo dall’altra parte. La questione palestinese irrisolta è all’origine dell’intera tragedia mediorientale: i profughi delle Palestina occupata, diventati milioni, hanno destabilizzato regni, pseudo– democrazie e regimi, dalla Giordania al Libano, alla Siria. Intanto Israele si è trasformato in poco meno di un regime integralista religioso d’estrema destra. Inoltre, prima che sia troppo tardi, com’è possibile dimenticare che l’argomento ideologico fondamentale quanto capace di alimentare odio, quello della «occupazione dei luoghi sacri dell’Islam», è il tema costitutivo di Al Qaeda e dello Stato islamico?
Due le vergogne da denunciare. Quella di Obama e quella dell’Italia renziana.
La Casa bianca ieri ha denunciato le nuove proteste palestinesi come «terroriste». È lo stesso presidente che al Cairo nel 2009 dichiarava di sentire «il dolore dei palestinesi privati del diritto alla loro terra». Sono passati sei anni ed è legittimo chiedere: al di là dell’accordo geostrategico con l’Iran, che cosa ha fatto realmente perché la condizione palestinese cambiasse, quali occasioni ha dato, se non sostenere la strategia di Benjamin Netanyahu che rilancia la colonizzazione della Palestina? Ma che farebbe il popolo americano se fosse occupato militarmente e disseminato di colonie?
L’altra vergogna è quella di Matteo Renzi, il governo più filoisraeliano della storia repubblica italiana. All’ultima seduta dell’assemblea generale dell’Onu si è dimenticato dell’esistenza della Palestina ridicolizzando il ruolo di Abu Mazen. Ora la bandiera della Palestina - che ha avuto perfino uno stand all’Expo - sventola all’Onu, ma si rischia la beffa perché quello Stato e quella terra non esistono. Renzi annuncia che farà un tour di propaganda nei teatri italiani per rappresentare la piece «quanto sono bravo». Roviniamogli lo spettacolo. Portiamo ad ogni suo appuntamento la bandiera palestinese: sventolarla nei Territori occupati per il governo israeliano è reato.