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Carlo Galli
Palazzo senza sacrifici
16 Luglio 2011
Articoli del 2011
«Se aumenterà la scollatura fra questa politica e la società che si risveglia, sulle rovine della democrazia trionferanno egoismi selvaggi e populismi inquietanti». La Repubblica, 16 luglio 2011

La politica più screditata degli ultimi decenni ha imposto agli italiani i sacrifici più duri. Una riedizione del biennio 1992-1993, probabilmente aggravata e peggiorata. Che la manovra economica sia – in queste circostanze – inevitabile, non toglie che essa sia legittimata più dallo stato di necessità e dall´autorità di Napolitano che non dalla supremazia della politica, dalla sua lungimiranza, o almeno dal consenso popolare. La rapidità con cui i due rami del parlamento hanno approvato i sacrifici presenti e futuri, con la responsabile copertura politica anche di chi ha votato No, vuole trasmettere l´idea dell´urgenza e della compattezza ai mercati finanziari.

Ma non convince il fronte interno. Ossia i cittadini, che vedono, certo, l´unità della classe politica ma che al tempo stesso constatano lo scollamento impressionante fra questa e la società.

La società non è, in sé, il ricettacolo del Bene – è un crogiolo instabile di paure e di egoismi, oltre che di speranze. E la politica non è in sé il Male: anche se oggi è in crisi strutturale e morale, minacciata com´è dalla disastrosa autonomia dell´Economico (e della Finanza) e dalla penosa inadeguatezza di troppi suoi esponenti, è pur sempre la funzione direttiva della Cosa pubblica, un´attività nobile e difficile che deve avere le caratteristiche tanto dell´esercizio intellettuale quanto della saggezza pratica quanto della competenza tecnica. Ebbene, oggi la politica non mostra questo volto: e si presenta invece come una Casta – percorsa da troppa corruzione e collusa con troppi poteri opachi – che non riesce a comunicare alla società, né a leggerne i segni.

Non comunica. E infatti non sa cogliere l´occasione che questa doppia crisi – economica e politico-morale – le offre per rilegittimarsi agli occhi dei cittadini. Mentre interviene per decreto sulla vita delle famiglie, mentre si accanisce sui bilanci del ceto medio e basso, mentre alza i ticket e taglia servizi ai deboli, mentre colpisce i risparmiatori e il pubblico impiego, mentre alza le tasse (o abbassa le detrazioni) a chi le paga nel contesto d´evasione a tutti noto, non trova invece la forza e l´intelligenza per un gesto simbolico – non però demagogico né inefficace – che riavvicini i politici ai cittadini, i potenti a coloro che devono subire. Qualcosa come un provvedimento che dimezzi, fino dalle prossime elezioni il numero dei parlamentari, norme organiche e severe contro la corruzione, la riforma immediata dell´infame legge elettorale. Per iniziare, basterebbe la capacità di trovare un atteggiamento unitario verso l´arresto dei parlamentari per i quali la magistratura lo chiede; o che i ministri sospettati di mafia abbiano un soprassalto di decoro e si dimettano. Messaggi di questo tipo non vengono oggi dalla politica – capace, al contrario, di votare una legge talebana sul "fine-vita", pur consapevole che tre quarti degli italiani la aborrisce, e che è, oltre che barbara, anticostituzionale.

Non sa, poi, leggere i segni dei tempi. Le elezioni amministrative e i referendum, ma anche la protesta delle donne, sembrano passare come acqua fresca sui Palazzi del potere. Una società civile che si mostra non fatta solo di chiusure e di rancori, un messaggio non qualunquistico di protesta e di fiducia nel futuro, una scommessa sul valore di ciò che è pubblico e comune, un´ansia di dignità individuale e collettiva, una ricerca di spazi di cultura e di comunicazione, la voglia – urlata, senza rabbia – di partecipare alla ricostruzione di un Paese umiliato; tutto ciò chiede ascolto e risposta, vuole attenzione, esige una parola che lo decifri, che offra un senso, che immagini una nuova democrazia. Un´idea che ripensi il ruolo dei partiti e li apra alla società, invece che farne delle arene di carrierismi e dei serragli di complotti; che ne attenui la presa sulle infinite "spoglie" di cui la politica si impadronisce, e che spartisce fra i propri adepti, suscitando nella società rabbia, risentimento e feroce spirito d´imitazione.

Tutto ciò resta invece senza riscontro. Prima di tutto a sinistra, dove la parola d´ordine è ancora "educare le masse", e dove, in nome di una superiorità della politica che oggi in Italia non può proprio essere invocata, ci si prepara a far digerire, nel prossimo futuro, una politica moderata a un elettorato che è ben più radicale dei suoi rappresentanti – ai quali, per fare un esempio, non è ancora venuto in mente di fornire un elenco delle leggi berlusconiane che, senza alcun costo per le casse dello Stato, sarebbero abrogate nel caso di vittoria. Ma perfino a destra ci si sta già accorgendo che quella del "partito degli onesti" era o un´illusione o una boutade, e che la strada verso la riscoperta della politica e verso l´autonomia del partito (e del segretario politico) dal suo declinante padrone è ancora molto lunga.

Il potere logora chi non ce l´ha, d´accordo. Ma un potere che non capisce neppure quando deve riformarsi, che non coglie le occasioni per rigenerarsi, si logora da sé. Si potrebbe scrollare le spalle e ricordare che quos vult perdere deus amentat, che dio rende stolti quelli che vuol rovinare. Ma la rovina non sarà solo dei politici: se aumenterà la scollatura fra questa politica e la società che si risveglia, l´attuale crisi perderà, verosimilmente, le proprie potenzialità morfogenetiche e democratiche. Priva di sponde politiche la società lascia presto cadere le proprie speranze, soprattutto in tempi difficili, e dà il peggio di sé. Anziché una nuova politica libera e moderna in una società viva, c´è così il rischio – e l´Europa ne offre già esempi – che sulle rovine della democrazia trionfino egoismi selvaggi e populismi inquietanti.

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