.». Il manifesto, 23 agosto 2016 (c.m.c.)
Siamo entrati nella terza guerra mondiale, a bassa intensità, così le parole di Francesco sul mondo in fiamme. Ci sono guerre dappertutto: in Africa, in Siria, in Iraq, in Afghanistan. Siamo in guerra con la Natura e con i suoi ecosistemi di supporto alla vita. Ci sono guerre nelle città e dove la guerra non è stata proclamata, come in Europa, ci sono le aggressioni del capitale finanziario che distrugge ancora più spietatamente popoli e paesi (Grecia docet). E c’è ancora l’ideologia liberista che ha scatenato una competizione darwiniana di ognuno contro tutti: guerre dei ricchi contro i poveri, guerre di poveri contro migranti.
In questo contesto planetario l’unica manifestazione universale di pace – alcuni affermano – è rappresentata dalle Olimpiadi. Sopprimerle sarebbe abdicare totalmente a ogni tentativo di sana competizione planetaria, di universalismo dei popoli. Ma è vero? È un’affermazione che oggi si può condividere? Crediamo di no.
Alcuni episodi avvenuti nelle recenti olimpiadi di Rio, hanno segnato qualche tentativo di dissacrare almeno quel falso tabù del corpo perfetto. Mi riferisco alle tre atlete italiane che hanno conquistato l’argento al tiro con l’arco, alla portiera Teresa Almeida della squadra di pallamano dell’Angola. Finalmente anche corpi “imperfetti” hanno avuto cittadinanza in questa fiera di esibizione muscolare.
Ma è ben poca cosa a confronto con le operazioni di maquillage urbano (per dirla con un eufemismo) che hanno reso ancora più sofferenti gli abitanti dei quartieri di Rio smantellati per fare spazio ai fasti e alle opere faraoniche della celebrazione. La città se ne è avvantaggiata? Città è un termine astratto: bisognerebbe chiederlo a tutti i suoi abitanti e scopriremmo che chi stava male, chi soffriva, adesso sta ancora più male e soffre di più. Qualcuno ne ha certamente tratto qualche vantaggio: i soliti noti per i quali ogni evento costituisce occasione di ulteriore profitto. Per il resto, sulle prime pagine dei giornali troviamo solo la nascita di nuovi eroi o, al contrario, la caduta di consacrati dei pagati a suon di milioni e diventati icone nazionali.
Sono le olimpiadi un antidoto alla terza guerra mondiale a bassa intensità? Non crediamo.
Anche esse hanno subito la Grande Trasformazione che sconvolge il mondo: c’è ancora forse qualcosa in esse che richiama lo spirito di Pierre di Coubertin, delle olimpiadi antiche? O non sono esse, con tutto il loro micidiale apparato retorico, un evento mediatico dietro il quale si nascondono enormi interessi affaristici che ne condizionano lo spirito e forse anche gli esiti? Si dirà: è il Mercato bellezza!
Ma non erano proprio le olimpiadi quelle dove il Mercato non avrebbe dovuto trovare posto perché la sana competizione tra atleti si basa solo sulle loro singole capacità agonistiche e fisiche? Difficile pensarlo quando si vedono atleti dotati dei più sofisticati congegni tecnologici di supporto. Basta pensare al tiro con la carabina; un’arma, quella attuale, difficilmente riconoscibile ai non esperti, sembra quasi un fucile uscito dal film di Guerre stellari. Insomma le olimpiadi sono diventate la celebrazione retorica per non pensare ad altro dove “altro” è la terza guerra mondiale a bassa intensità.
Per questo noi chiediamo una moratoria mondiale delle olimpiadi: che riprendano a celebrarsi solo quando il mondo darà segnali concreti di voler superare le disuguaglianze, le guerre, le sofferenze, le ingiustizie ambientali, la piaga della povertà, che attualmente lo sconvolgono. Di un mondo diverso abbiamo bisogno, non di vivere una giornata all’insegna di un’ebbrezza mistica per tornare, subito dopo ad assistere, impotenti, alla distruzione del pianeta.