Le ex miniere tornano in vendita
di Giuseppe Centore
IGLESIAS. Riemerge l’ipotesi della vendita per gli immobili dei siti minerari dismessi del Sulcis. Nei bandi internazionali per la riqualificazione delle aree minerarie non si parlerà più di affitto ma di cessione. La notizia è stata anticipata ieri mattina dal governatore Soru nel corso dell’incontro per l’intesa istituzionale con la Provincia di Carbonia-Iglesias. La Regione inoltre metterà sul piatto anche la bonifica delle aree: il costo totale sarebbe di 800 milioni di euro. Di fatto la Regione rilancia la vecchia strategia visto che si è resa conto della scarsa appetibilità della concessione. All’acquisto erano interessati imprenditori del calibro di Barrack, Ligresti e Tronchetti Provera. Cauto il commento del sindaco di Iglesias Carta: voglio capire meglio i contenuti.
Siti minerari, niente più affitto: si torna ai bandi
Il «commissario» Soru ribadisce la vecchia strategia: la locazione è poco appetibile
IGLESIAS. Non c’è ancora la delibera, ma la decisione della giunta è chiara, e soprattutto è stata resa esplicita nel corso dell’incontro per l’intesa istituzionale con la Provincia di Carbonia-Iglesias. I bandi internazionali per la riqualificazione delle aree minerarie dismesse conterranno nuovamente l’ipotesi della vendita degli immobili e non più del loro affitto. La Regione metterà sul piatto anche la bonifica delle aree direttamente interessate ai siti minerari.
Il ragionamento del presidente si è sviluppato su due direttrici: la prima riguarda la poca appetibilità di qualsiasi gara sia pure internazionale con la concessione dei beni minerari: prolungare da 50 a 75 anni l’uso dei beni non avrebbe cambiato molto gli scenari. La seconda riguarda la necessità di offrire quegli immobili e quei volumi in condizioni ambientali neutre, cioè non inquinate. Ma un inquinamento globale di tutti i siti minerari, hanno fatto notare dalla presidenza della giunta, comporterebbe un impegno finanziario superiore qualsiasi disponibilità regionale, nazionale o comunitaria che fosse. Calcoli non precisi ipotizzano, per la bonifica di tutte le aree minerarie del Sulcis-iglesiente, un impegno di spesa vicino agli ottocento milioni di euro. L’impossibilità di procedere alla concessione delle aree per lungo periodo e di realizzare una bonifica completa dei siti spingono così la Regione a una nuova strategia: cessione dei beni, e bonifica minimale dei perimetri degli stessi.
In quest’ottica si spiega una decisione assunta mercoledì. I vuoti di miniera dell’area di Acquaresi, vicino Nebida, saranno riempiti con i residui delle lavorazioni che adesso sono all’aperto. Allo stesso modo si spiega la decisione di coprire con un film plastico e poi con essenze vegetali autoctone i tradizionali fanghi rossi di Monteponi. Nell’area alle porte di Iglesias, oltre all’Università andranno allocati alberghi, abitazioni e attività imprenditoriali a basso impatto ambientale. L’impossibilità di rimuovere quelle montagne di scorie inquinanti ha fatto optare Soru, nella veste di commissario di governo alle bonifiche, per una soluzione radicale, sicuramente concordata con lo studio svizzero Herzog&De Meuron (lo stesso studio autore dello progetto per lo stadio Olimpico di Pechino) che tra un mese presenterà il progetto esecutivo dell’area di Monteponi. Resta da vedere se la Soprintendenza ai beni ambientali che nel passato aveva tutelato quelle montagne di rifiuti industriali ritenendole patrimonio storico-ambientale dell’isola, avrà qualcosa da ridire, ma probabilmente proprio l’incarico di commissario di governo consentirà a Soru di by-passare il probabile parere contrario del ministero dei beni ambientali.
La strategia della Regione non si è ancora appalesata in un bando internazionale, ma le singole azioni intraprese in queste settimane, e annunciate da Soru agli enti locali, vanno tutte nella stessa direzione: riqualificazione delle antiche aree minerarie di pregio, attraverso una bonifica specifica, e poi vendita. Accade a Nebida, a Masua, a Normann, piccolo gioiello storico-urbanistico lungo la strada che da Iglesias arriva a Gonnesa, ma anche a Buggerru, e a Ingurtosu. Prima bonificare quanto basta e poi vendere. Certo privarsi dei gioielli di famiglia, come Soru definisce questi immobili non è una scelta che il presidetne vuol far a cuor leggero, ma i contatti informali di questi mesi hanno fatto ritenere al capo dell’esecutivo che adesso questa strada, a differenza delle altre, sia la più praticabile. La vendita dei siti più che a fare cassa di per sé servirà ad attivare quel volano produttivo che dovrebbe nel giro di pochi anni produre effetti benefici, a cascata su tutto il territorio. La strada per arrivare alla vendita però è ancora lunga, se non altro perché non si conoscono le intenzioni dei possibili, eventuali acquirenti. «La cultura della concessione dei beni immobili, anche per lungo periodo non fa ancora parte del patrimonio dei nostri imprenditori - è il senso del ragionamento di Soru - ecco perché la vendita è l’unica strada». Una frase sibillina. Sarà un “italiano” ad aggiudicarsi i gioielli architettonici del sudovest dell’isola?
Altra corsa all’acquisto?
L’interesse di Ligresti, Barrack e Tronchetti
IGLESIAS.Ligresti, Barrack, Tronchetti Provera. L’elenco dei possibili candidati all’acquisto si compone di nomi che già in passato hanno visitato di persona i siti minerari, suscitando le ire dell’opposizione in consiglio regionale e le perplessità del sindacato.
Lo spirito del nuovo bando internazionale prevede comunque la riqualificazione urbanistica ed edilizia a fini ricettivi di alcuni compendi per destinarli a strutture alberghiere, con centri di benessere, strutture sportive e per il golf, miglioramenti ambientali, naturalistico e di forestazione.
La Regione continuerà a chiedere progetti rispettosi delle condizioni del bando e in grado di intervenire non solo sul versante della costa, ma anche nelle vicine aree interne, nel caso del compendio di Masua, si tratta di prevedere interventi nell’area di monte Agruxau.
Masua e Nebida dovrebbero diventare le punte di diamante per riconvertire un’economia estrattiva e passare a un turismo culturale basato sulla valorizzazione delle vecchie miniere, con i gioielli della storia industriale dell’800 come la galleria Henry, Porta Flavia, la spiaggia di Masua, Portu Banda, Pan di Zucchero, Grotta Santa Barbara e le spiagge di Fontamanare e Fluminimaggiore-Buggerru.
Dopo lo “schiaffo” di un anno fa, quando la gara internazionale andò deserta, il bando venne riformulato, senza Masua, ma anche in quel caso pretendenti credibili non ce ne furono. L’ipotesi della concessione, avanzata successivamente al fallimento della strategia della vendita, non fece cambiare parere agli imprenditori. E così si è fatto un passo indietro, tornando all’antico, alla vendita dei beni, con un pacchetto di infrastrutture funzionali al sistema turistico.
Gli ambiti territoriali dovrebbero rimanere identici, nei due compendi. Il primo è quello di Masua e Monte Agruxau, su una superficie di circa 318 ettari, dove sarebbe stato consentito il recupero e la realizzazione della volumetria esistente sino al limite massimo di 120mila metri cubi per Masua e 40mila per Monte Agruxau, per un totale massimo di 160mila metri cubi. Il secondo riguardava Ingurtosu, Pitzinurri e Naracauli, per una superficie di circa 329 ettari. In questo sito sarebbe stato consentito il recupero e la realizzazione della volumetria esistente sino al limite massimo di 30mila metri cubi per Ingurtosu e 70mila per Pitzinurri e Naracauli, per un totale di 100mila metri cubi. Nella predednete gara l’importo a base d’asta era di 32 milioni e 520mila euro per Masua e Monte Agruxau e di 11 milioni di euro per Ingurtosu, Pitzinurri e Naracauli.
L’incertezza allora riguardava anche le bonifiche, su cui la Regione avrebbe dovuto aver comunque voce in capitolo attraverso Igea. Nel nuovo possibile bando le bonifiche, in chiave minale e dedicata al recupero turistico, saranno invece a carico della Regione, che rimane intenzionata ad aprire un contenzioso con Eni, responsabile delle attività minerarie sino all’addio del 1993. Per legge era Eni a dover effettuare le bonifiche.
Non lo fece allora, con la complicità silente di buona parte della classe politica sarda, e non sarà certo intenzionata a farlo adesso. La recente vicenda delle bonifiche dell’area ex-Alumix di Portoscuso, con i commissari liquidatori obbligati dopo quindici anni a eseguire gli interventi di ripristino pur in presenza di un socio subentrante gli impianti (in questo caso Alcoa) potrebbe costituire un interessante precedente. (g.cen)
La Maddalena
«Manovre immobiliari»
LA MADDALENA. «Mattoni, cemento e grandi firme - protestano gli ambientalisti - dopo che l’Us Navy ha ammainato la bandiera sono iniziate le grandi manovre immobiliari sull’arcipelago della Maddalena».
Gli scenari che si prospettano in vista del G8 preoccupano le associazioni Amici della terra e Gruppo d’intervento giuridico che adombrano il pericolo che il summit sia solo un alibi immobiliare.
«Parco nazionale, tutela paesaggistica, sito di importanza comunitaria - dice Stefano Deliperi - ma sembra proprio che le normative di salvaguardia ambientale di un arcipelago unico al mondo possano essere interpretate un disinvoltamente in nome del G8». «Così come abbiamo avversato il raddoppio della base militare - aggiunge il portavoce delle associazioni ambientaliste - ci opponiamo alla speculazione immobiliare. Ribadiamo ancora che vi sono numerose strutture che possono essere ristrutturate senza riversare su ambienti delicatissimi nemmeno un metro cubo di cemento in più. Basta volerlo. Né i grandi nomi dell’architettura né il ricorso alla bioedilizia possono far dimenticare che cemento e mattoni sono tutti uguali. E le disposizioni del Ppr non possono esser derogate».
Il riferimento è tutto per l’ordinanza del presidente del Consiglio dei ministri che ha nominato quale commissario Guido Bertolaso e ha dettato disposizioni straordinarie per lo svolgimento del vertice internazionale. Carta bianca, cioè, per derogare nel nome dell’emergenza, agli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti, a cominciare proprio dal piano paesaggistico regionale.