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Glennda Chui
Nuovo terrreno di ricerca per la scienza: il suburbio
3 Dicembre 2007
Clima e risorse
Fertilizzanti, impermeabilizzazione, squilibri naturali: il suburbio non è un problema estetico. Mercury News, 9 dicembre 2005 (f.b.)

Titolo originale: New turf for science: suburbia, Traduzione di Fabrizio Bottini



Suburbia può apparire un terreno familiare, ma si trattad i una delle ultime frontiere per gli scienziati che vogliono capire come funzionano gli ecosistemi, e come gli uomini stanno modificando l’ambiente naturale.

Dalle énclaves suburbane boscose del Vermont allo sprawl di Chico, i ricercatori Livermore e Gilroy, stanno iniziando a verificare il ruolo dei prati nel riscaldamento globale, quanto i fertilizzanti da giardino e i pesticidi colpiscano la fauna selvatica e come il deflusso delle acque da tetti, strade e corsie di accesso mini la salute dei corsi d’acqua.

”L’ambiente suburbano è grande, e in crescita” dice Jennifer Jenkins dell’Università del Vermont, una degli scienziati che hanno riferito dei propri risultati di ricerca a un incontro della American Geophysical Union a San Francisco. “C’è questa enorme superficie di terreno che scivola via attraverso le crepe”.

La Jenkins è impegnata nello studio di 40 giardini suburbani nell’area di Baltimora. A partire da questa settimana, i ricercatori preleveranno campioni di zolle erbose a mano, le peseranno, misureranno i ciuffi d’erba col il resto della copertura vegetale, e analizzeranno anche le foglie raccolte col rastrello.

L’obiettivo è verificare quanta anidride carbonica venga assorbita e rilasciata dai prati, e se essi contribuiscano al riscaldamento globale oppure lo rallentino.

Altri stanno tentando di studiare modi di progettazione dei quartieri suburbani che siano meno dannosi per l’ambiente locale.

”Cerchiamo di pensare a maniere per utilizzare l’ingegneria ambientale, un approccio di ingegneria verde, per risolvere il problema alla radice” racconta Breck Bowden, anche lui dell’Università del Vermont.

Da un punto di vista scientifico, è difficile anche solo definire cosa sia suburbia. Scivola gradualmente, dagli insediamenti radi sulle fasce esterne delle, città sino alle case su appezzamenti di 3.000 metri quadrati, o agli “ esurbi” e “ rururbi”: case sparse su aree in gran parte rurali.

Gli ecologisti si sono consumati nello studio di foreste e acquitrini, deserti e tundre, ma solo di recente si sono interessati di suburbia. Forse perché gli ambienti dominati dall’insediamento umano sono tanto complicati e in continua trasformazione, dice Jenkins; magari sono solo posti un po’ meno esotici per lavorare.

Ma questi “burbi” hanno un grosso impatto. Per esempio, di tutto il carbonio accumulato nelle piante del Maryland, solo i due terzi si trovano nei boschi; il resto è negli alberi piantati in giardini e spartitraffico centrali, come ha rilevato Jenkins in uno studio qualche tempo fa.

Un tipo di copertura del suolo in rapida crescita

L’impatto è destinato a crescere. I suburbi sono una delle forme di copertura del suolo in crescita più rapida, negli Stati Uniti e nel mondo, sostiene Daniel Bain dello U.S. Geological Survey a Menlo Park, tra gli organizzatori delle sessioni all’incontro di questa settimana.

Una delle prime cose che accadono quando si costruiscono campi coltivati o altri terreni allo stato naturale, è che una parte viene impermeabilizzata. Uno studio dello scorso anno ha rilevato che negli Stati Uniti ci sono più di 110.000 chilometri quadrati di superficie edifica o asfaltata. Più o meno un’area delle dimensioni dell’Ohio.

Di conseguenza, l’acqua piovana che un tempo sarebbe filtrata nel suolo si raccoglie nei corsi d’acqua molto più rapidamente, dice Bain. La corrente usura le sponde, approfondisce i corsi e spazza via gli habitat di piante, animali e insetti.

Non ci vuole molta asfaltatura, per danneggiare seriamente un corso d’acqua, racconta Bowden. Anche se si ricopre il 15-20% - quantità caratteristica di un suburbio a bassa densità – “si ha un serio degrado” dice. “Essenzialmente, li spingiamo a morire per eccesso d’acqua”.

Su flora e fauna, i sobborghi hanno effetti contrastanti.

Alcuni animali riescono a adattarsi, o addirittura a diventare infestanti: cervi che devastano i giardini; procioni che frugano nella spazzatura; corvi e ghiandaie gracchianti; coyote, orsi neri e puma che si avvicinano ad alcuni quartieri della California, rubano cibo e spaventano gli abitanti.

Ma molte altre specie sono allontanate, o spazzate via. In generale, la rapida diffusione di suburbia è probabilmente la peggiore minaccia alla biodiversità nel mondo sviluppato, secondo un’indagine del 2003 di Stephen DeStefano dello U.S. Geological Survey e Richard DeGraaf dello U.S. Forest Service.



Il problema dei fertilizzanti

Anche i fertilizzanti sono un problema, quando sono dilavati dai giardini verso i corsi d’acqua, sino al mare.

Anche se può sembrare una buona cosa, dare alle piante selvatiche una bella dose di fertilizzante, i risultati sono spesso disastrosi, dice Lawrence Band dell’Università del North Carolina. L’azoto nei composti provoca la crescita di alghe nell’oceano. Quando le alghe muoiono, affondano e marciscono, consumano l’ossigeno dell’acqua determinando “zone morte” che uccidono il pesce e altra flora e fauna.

Studi condotti sulle aree da Santa Barbara alla Chesapeake Bay in Maryland, stanno cercando di ricostruire le fonti dell’inquinamento da azoto per trovare modi di rallentarlo. Il costo di bonifica della sola Chesapeake Bay è stato calcolato in 18 miliardi di dollari, dice Band.

Negli ultimi tempi, gli scienziati hanno iniziato a sperare che le nuove conoscenze filtrino all’interno della progettazione di insediamenti migliori. Si potrebbero usare materiali di copertura che lascino passare un po’ dell’acqua nel terreno, raccoglitori di acqua piovana che intercettino lo scarico dei tombini, o addirittura tetti erbosi come quello che si sta installando sulla nuova California Academy of Sciences a San Francisco.

”Dobbiamo aver pazienza” dice Bowden. “Ci sono voluti cent’anni per trovarci in questo pasticcio. Ci vorrà un po’ di tempo per riprendersi”.

Nota: qui il testo originale inglese (f.b.)

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