Bloccata, sbloccata, ora di nuovo ferma. Questa volta a opera dei giudici del Tar del Lazio. Ora il 14 febbraio il Consiglio di Stato dovrà pronunciarsi di nuovo sulla sospensiva ai lavori. E non è finita. Celotto, del Movimento 5 Stelle accusa: "Un grande pasticcio"
Bloccata, sbloccata, ora di nuovo ferma. Per la Pedemontana veneta arriva un nuovo stop. Ancora dal Tar del Lazio: i giudici amministrativi, con una sentenza depositata a inizio febbraio hanno messo di nuovo in pausa l’iter della superstrada a pagamento che dovrebbe collegare Spresiano, in provincia di Treviso, a Montecchio Maggiore, in provincia di Vicenza. Lo hanno fatto accogliendo il ricorso del sindaco di uno dei comuni interessati, quello di Villaverla, provincia di Vicenza: il primo cittadino aveva fatto ricorso per l’annullamento degli atti di governo e commissariali dell’intero iter amministrativo e i togati gli hanno dato ragione.
Il decreto del 31 luglio 2009 del presidente del Consiglio dei Ministri, governo Berlusconi, per “la dichiarazione di stato di emergenza traffico e mobilità nei territori dei Comuni di Treviso e Vicenza” che aveva dato la stura all’opera e alla sua gestione commissariale, dicono, è illegittima. La stessa conclusione a cui erano già arrivati a inizio gennaio esaminando un altro ricorso, presentato da un privato cittadino: allora il presidente della Regione Veneto aveva parlato di “eccesso di democrazia”. Sentenza che tuttavia a metà del mese era stata ribaltata dal Consiglio di Stato, a cui la Regione aveva fatto immediatamente ricorso. Ora tutto da rifare per questo progetto particolarmente caro al governatore Luca Zaia e agli imprenditori veneti.
L’iter del serpentone di cemento da 92 chilometri (di cui 50 in trincea), un’opera da 2 miliardi e oltre di euro che dovrebbe unire i due rami delle autostrade A4 e A 27 è a dir poco tormentato. Gli imprenditori la vorrebbero perché sperano che serva da volano per implementare l’economia dell’area e per l’indotto che creerebbe, comitati e cittadini la contestano dicendo che si tratta di un’opera inutile e anche dannosa, l’esecutivo Berlusconi con la consueta passione per le procedure di emergenza aveva tolto la competenza al Cipe e la aveva affidata al commissario straordinario. E ora si passa da un ricorso all’altro.
“E’ un vero pasticcio – spiega al Fattoquotidiano.it Francesco Celotto, del Movimento 5 Stelle Veneto, uno dei rappresentanti del Coordinamento pedemontana alternativa – e il 14 febbraio il Consiglio di Stato dovrà dare il giudizio di merito sulla sospensiva dei lavori. Poi ci sono altri ricorsi che devono arrivare a giudizio. Questa sentenza del Tar comunque conferma ancora una volta quello che diciamo da tempo: che bisogna resistere alla cementificazione, a un’opera che riteniamo nociva e inutile a quel “Metodo Chisso” che alla fine penalizza la collettività a favore dei privati”.
Celotto si riferisce a Renato Chisso, potente assessore alla mobilità della Regione Veneto. Il project financing con cui dovrebbe essere realizzata la mastodontica opera, denunciano i comitati, è fatto di clausole capestro che alla fine andranno a penalizzare i conti pubblici. I vari ricorrenti chiedono l’accesso agli atti da tempo, ma, dicono, il Commissario e la Regione non ce li fanno vedere.
A Bassano del Grappa ci sarà un’assemblea pubblica per discutere la vicenda. La vicenda, nonostante la rilevanza, per ora sembra rimanere gestita a livello regionale. C’è però chi dice che dell’affare Pedemontana Luca Zaia abbia cominciato a parlare anche a Mario Monti, nell’incontro che ha avuto con lui poco prima che il presidente del Consiglio partisse per gli Stati Uniti.