Grandi opere, Venezia è snobbata
di Alberto Vitucci
Niente soldi per il treno dell’aeroporto. E nemmeno per gli altri interventi infrastrutturali veneziani, che aspettano le risorse dei privati. Nell’ultimo Dpef, il Documento di programmazione economica 2009-2011 approvato dal governo, le sorprese non mancano.
L’unica voce che mantiene la promessa di spesa è quella del grande progetto Mose. Un’opera definita strategica dal governo, finanziata dall’ultimo Cipe (il Comitato per la programmazione economica) con 800 milioni di euro. Anche qui però l’erogazione dei soldi non sarà immediata. Sono soltanto ottanta i milioni di euro resi disponibili nel 2009. Altri 320 dovrebbero arrivare con la Finanziaria 2010, 240 con il 2011. I residui 160, si legge nelle tabelle del ministero, «saranno erogati dopo il 2011». In totale così il Mose potrebbe disporre di 3 miliardi e 132 milioni di euro su una previsione iniziale di 4270 milioni, adesso «adeguata» dal Magistrato alle Acque a 4 miliardi e 700 milioni, con un aumento del prezzo chiuso di mezzo miliardo. Da dove arriveranno i soldi mancanti? Nella colonna «Fabbisogno da reperire» il Dpef calcola un miliardo e 27 milioni, che diventerà un miliardo e mezzo quando l’Avvocatura darà il via libero definitivo all’aumento proposto dal Magistrato alle Acque. Soldi che in questo caso dovrebbero essere anticipati dalla Bei, la Banca europea degli investimenti. Che attende a sua volta il via libera del nuovo parlamento europeo sulle modalità di restituzione del maxiprestito. Intanto i lavori del Mose continuano, anche se per avviare la gara internazionale per la produzione delle paratoie e delle parti elettromeccaniche si dovranno attendere i nuovi finanziamenti.
Mose a parte, non sono molti i fondi stanziati nel documento di programmazione pluriennale in favore di opere e infrastrutture veneziane. Praticamente fermo il collegamento ferroviario con l’aeroporto Marco Polo. Il suo avvio è previsto per il 2013. E nel frattempo sui 223 milioni e 92 mila euro necessari per costruire la nuova rete ferroviaria metropolitana ne è stato stanziato soltanto uno, sotto la voce «Altre fonti statali». Mancano dunque all’appello 222 milioni e 92 mila euro. Caselle bianche anche per le opere complementari del Passante di Mestre, che erano state inserite negli interventi del «Corridoio V». Non ci sono soldi nemmeno per il contestato progetto di sublagunare. La prima idea risale agli anni Novanta, il progetto approvato dalla gunta Costa e dal Cipe nel marzo del 2005. Un rinvio che in questo caso può non dispiacere alle molte voci critiche, che sollecitano prima dei finanziamenti, un serio dibattito sull’utilità e le controindicazioni della grande opera.
Mentre vengono finanziate decine di opere in Lombardia e la prima tranche del Ponte sullo Stretto (circa 2 miliardi di euro, contro i 408 milioni previsti per la ricostruzione in Abruzzo), mancano all’appello anche i fondi dello Stato su Pedemontana e Nuova Romea. La stragrande maggioranza dei costi è a carico in questo caso dei privati. Con il sistema del Project Financing, già utilizzato ad esempio per costruire il nuovo Ospedale di Mestre. Garantiti infine i i fondi per il nuovo palazzo del Cinema (20 milioni a carico dello Stato, gli altri 59 degli enti locali).
Firmato l’accordo con Milano
e l’Expo «torna» in laguna
di Alberto Vitucci
L’Expo torna a Venezia. Dopo la bocciatura della candidatura di vent’anni fa, ieri il sindaco Cacciari ha firmato a Milano un protocollo d’intesa con Letizia Moratti, sindaco di Milano e commissario straordinario per l’Expo di Milano 2015. Nell’era degli spostamenti globali si prevede che tra sei anni saranno decine di milioni i visitatori previsti all’Esposizione universale lombarda. E buona parte di questi non rinunceranno di certo a visitare Venezia. Ecco allora l’accordo di collaborazione. Venezia mette a disposizione di Milano il suo sistema di «prenotazione e controllo dei flussi», il Venice connected ideato dal vicesindaco Michele Vianello. Altra collaborazione riguarda la cultura e le mostre, con un’intesa che dovrà essere perfezionata fra la Triennale presieduta da Davide Rampello e la Biennale di Paolo Baratta. «Venezia sarà un polo territoriale strategico alla buona riuscita dell’evento», si legge nel documento. «le nostre due realtà possono fare squadra», dice il sindaco Massimo Cacciari. Si tratta anche di programmare per tempo l’enorme flusso di visitatori che rischia di mandare in tilt soprattutto la città d’acqua, già assediata da venti milioni di visitatori l’anno. «E nel 2015 il flusso aumenterà moltissimo soprattutto per le persone provenienti dall’Est e dal lontano Oriente», dice Cacciari. In una Esposizione dedicata al Pianeta e all’energia per la vita si tratta anche di rinforzare le infrastrutture e i trasporti senza sfasciare il territorio già compromesso in alcune parti di Veneto e Lombardia. Il no all’Expo in laguna di vent’anni fa era stato motivato allora proprio dalla preoccupazione di un forte impatto dei visitatori sulla fragile realtà veneziana. (a.v.)
Immobili, il Comune non è in grado di salvaguardarli
«Venduti anche per salvarli»
di Enrico Tantucci
«Abbiamo deciso di vendere questi immobili, non solo per ottenere risorse per investimenti, ma anche perché - per molti di loro - non siano più in grado di garantirne la conservazione e evitarne il degrado, nelle attuali condizioni economiche. E’ il caso, ad esempio, dell’ex Osteria Nardi di Sant’Erasmo o della Villa di Mazzorbetto. Meglio allora, che finiscano nelle mani di privati che perlomeno ne assicureranno il mantenimento, come è avvenuto, ad esempio, per Ca’ Sagredo, trasformato in hotel». Così l’assessore al Patrimonio Mara Rumiz ha spiegato ieri in Commissione consiliare la decisione del Comune di costituire il fondo immobiliare che metterà in vendita diciotto “pezzi” del suo patrimonio, di cui undici con cambio di destinazione d’uso per favorirne la valorizzazione. L’introito previsto, dopo le varianti, sarebbe di poco più di 98 milioni di euro, ma - è stato spiegato ieri - ci si attende, rivolgendosi al mercato e con la vendita delle quote del fondo, un ulteriore”utile” di circa 10 milioni di euro. Ieri l’esame - presente anche l’assessore al Bilancio Michele Mognato - ha riguardato gli immobili che saranno posti in vendita in centro storico e nelle isole: Palazzo San Cassiano e Palazzo Diedo, l’area di Piazzale Roma che si trova presso la Manifattura Tabacchi, la Casa del Boia, ex ridotto di Mazzorbo a Mazzorbetto, un’area verde al lido alle Terre Persem, l’ex Osteria Nardi a Sant’Erasmo e Palazzo Gradenigo. Proprio sui palazzi San Cassiano e Diedo, che occupano ancora uffici giudiziari che dovranno poi essere trasferite nella nuova Cittadella della Giustizia all’ex Manifattura Tabacchi, l’assessore Rumiz ha fatto ieri una precisazione importante. «Abbiamo approvato in Giunta un emendamento - ha spiegato - che prevede che i palazzi restino a disposizione degli uffici giudiziari fino al completamento della Cittadella della Giustizia fissato per il 30 giugno 2012. Previsto anche che il ricavato della vendita di Palazzo Diedo vada a finanziare proprio una parte del secondo stralcio dei lavori della Cittadella della Giustizia, per il quale non ci sono ancora i finanziamenti». Forti perplessità espresse da alcuni consiglieri - il Verde Beppe Caccia e Sebastiano Bonzio di Rifondazione - sulla volontà del Comune di vendere la Casa del Boia, che ora ospita la Casa della Laguna, chiedendo lo stralcio per la vendita di questo immobile. Rumiz ha replicato dicendo che la Casa della Laguna troverà una sede adeguata all’interno degli uffici comunali che si trovano in Campo Manin. Sulle polemiche legato alle destinazioni alberghiere di diversi immobili, l’assessore ha fatto notare come ormai sia lo stesso mercato a orientarsi piuttosto verso la richiesta di residenza di fascia elevata e che comunque la gamma di destinazioni d’uso per ogni immobile, dovrebbe consentire per ciascuno di essi la scelta più redditizia. Tra pochi il fondo, legato al bilancio 2009, approderà in Consiglio comunale. (e.t.)
Bene. Il governo senza saperlo fa qualcosa di positivo per Venezia. Non finanzia la metropolitana sublagunare, ottimo strumento per accrescere rendite private e incentivare il turismo distruttivo. Non finanzia qualche infrastruttura autostradale nella Terraferma, che aggraverebbe lo scempio di delicati territori. Finanzia ma rinvia il MoSE, progetto “strategico” per entrambi ni versanti dello schieramento neoliberista, lo promosse ieri Prodi lo sbandiera oggi Berlusconi (ma intanto la bestiale opera è ferma, perché ancora non sanno come fare le cerniere che dovrebbero lasciar aprire e chiudere i giganteschi portelloni d’acciaio).
Il Comune, allora, corre ai ripari. Volgendo in positivo le ragioni che condussero comune, parlamento nazionale e parlamento europeo a rinunciare all’Expo2000, si allea con Milano per portare a Venezia con nuove infrastrutture le torme dei visitatori “mordi e fuggi”. E rivela che i beni pubblici immobiliari sono venduti perché non ci sono risorse per mantenerli. Conferma candidamente le tesi di chi dice che l’urbanistica non serve per migliorare le condizioni di vita nella città, ma per vendere meglio: i palazzi saranno messi sull mercato “con cambio di destinazione d’uso per favorirne la valorizzazione” . Lo diceva Lefebvre oltre 40 anni fa, quando parlava dell’urbanistica degli imprenditori: “Essi realizzano per il mercato, in vista di un guadagno. La novità è che essi non vendono più alloggi o immobili, ma urbanistica. Con o senza ideologia, l’urbanistica diventa valore di scambio”.
Una domanda: chi pagherà, o sta pagando, i 15 milioni di euro per l’inutile ponte di Calatrava? Non sarà mica con i soldi della legge speciale per Venezia, che erano finalizzati al restauro della città e non alle piccole Grandi Opere del regime?