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Antonello Sotgia
Non solo d’estate
13 Febbraio 2010
Sardegna
La recensione al libro a cura di Sandro Roggio sui paesaggi della Sardegna e le tante minacce che li insidiano. Su Carta, n.4, 12 febbraio 2010 (m.p.g.)

In “ Paesaggi Perduti Sardegna. La bellezza violata”Sandro Roggio dice d’essere nato in Sardegna e di viverci “non solo d’estate ”. Una condizione con cui ha selezionato diversi autori chiedendo loro di descriversi. A partire dai luoghi con cui si sono imbattuti e da cui non intendono andar via. Nel dare immediata voce ai suoi, per determinazione geografica residenziale, “simili” Sandro innesca un processo di lettura fatto di continui rimandi tra le diverse narrazioni. I contributi, veri e propri autoritratti a volte di parole, altre di pietra; prendono la forma di altrettante “ figure urbane”. In un periodo di Piani casa, [ quello sardo è incentrato nel dare il colpo di grazia ai milleottocento chilometri della costa isolana], raccontarci di paesaggi perduti vuol dire parlare di, altrettanti, territori resistenti. Perché nel testo, anche se numerosi sono i riferimenti al passato, non c’è alcuno spazio per la nostalgia, per lo scontato “come eravamo”. Al contrario, in tutti i contributi, appare una doppia considerazione: risalire a quando è avvenuto il disastro che attanaglia l’isola e a come costruire i primi elementi per condividere un nuovo paesaggio di riferimento. Un nuovo luogo. Costruito dai tanti paesaggi; non utopico. Questa la scommessa di Sandro Roggio: fare i conti con l’esistente. Partiamo, dice, con elencare, le cose da usare in modo diverso. Per poter “agguantare” [resistere in sassarese] almeno ciò che abbiamo in consegna. Che, leggendo anche solo questo libro, non è poco. Sempre se si riuscirà a combattere una doppia partita: invertire lo svuotamento dei paesi al centro dell’isola e farla finita sulla costa con “trasformazioni sconsiderate e penalizzanti”.“Anche se è il mare a identificare, nell’immaginario collettivo di tutti, la Sardegna, i sardi non amerebbero il mare” scrive Ignazio Camarda. Sanno bene che i peggiori attentati alle spiagge sono avvenuti quando queste sono diventate indicatori di valore per il mercato immobiliare. Oggi pulire le spiagge significa la distruzione del paesaggio delle dune e il conseguente vuoto biologico. Bisogna vigilare con la consapevolezza, sostiene invece Marcello Madau, che la “tutela non basta”; dovrà essere accompagnata “dalla tensione di tutte le comunità di accogliere i luoghi entro se stesse”. A saperli riconoscere e guardarli con quello che Antonietta Mazzette chiama lo “sguardo lungo”; vale a dire il solo punto di vista capace di cogliere il paesaggio urbano come “assemblaggio di percezioni e segni”. A riscoprire la prospettiva come elemento di misura. Come nelle tavole di Alberto Ferrero della Marmore che nell’ottocento seppe cogliere i caratteri individuali dell’isola. A volte, anche i sardi, hanno tenacemente voluto cancellarli. E’ il caso dei “demolitori sacrileghi” descritti da Giacomo Mameli nel loro accanimento per abbattere la chiesa del Cinquecento di Perdasdefogu e realizzare un campetto, chiuso, per altro, all’uso dei bambini perché, dice il parroco:”ogni tanto dicono parolacce”. Verrebbe voglia di gridarle di peggiori, e ancora più forte, andando a vedere le immagini del libro. Dal disastro di Capoterra, al villaggio della Marmorata [ ma è vero? ], al bucare le piazze sassaresi, alle spettrali geometrie dei fossili edilizi riprese da Alessandra Chemollo. Che fare? Forse, ridefinire l’identità dell’isola, di cui la rete dei ventimila monumenti e dei centomila racconti, costituisce l’ossatura materiale e immateriale, come reinvenzione di quella vita che si vuole cancellata.

Sandro Roggio, Paesaggi perduti. Sardegna, la bellezza violata, Cagliari, CUEC, 2009. euro 13,00

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