Una fotocopia del testo della Legge Speciale del 1973. Che per risollevare Venezia dopo l’alluvione del 4 novembre 1966 ne decideva la tutela fisica e la difesa dalle acque, ma anche la salvaguardia «socio-economica». Iniziativa ironica e per certi versi clamorosa, quella assunta dall’assessore alla Casa e ai Lavori pubblici del Comune Mara Rumiz. Placati i boatos elettorali del Partito democratico, l’assessore ha preso carta e penna e inviato una dura lettera al ministro per l’Economia Tomaso Padoa Schioppa, ai ministri Rutelli e Di Pietro e ai presidenti delle commissioni Ambiente e Bilancio di Camera e Senato, Ermete Realacci, Duilio Lino, Enrico Morando e Anna Donati. «Se si continuerà, come si è fatto in questi anni, a dirottare tutte le risorse dello Stato al Mose», scrive la Rumiz, «sarà del tutto compromessa la salvaguardia della città, dei suoi beni storici artistici, di un ambiente lagunare unico al mondo, di gente che vive, lavora e va a scuola». Il tema è la prossima Finanziaria, dove ancora una volta i fondi destinati alla salvaguardia della città sono ridotti all’osso. Mentre alla grande opera sono andati altri 170 milioni di eruo.
Drammatica l’emergenza a cui va incontro la città d’acqua, secondo la Rumiz, se non si volterà pagina. «In una città così particolare, immersa nell’acqua», dice l’assessore, «gli interventi di manutenzione degli edifici non si possono fare una volta per sempre, ma devono avere garantita la continuità dei finanziamenti». Invece, denuncia l’assessore, negli ultimi anni si è interrotto il flusso dei fondi destinato al risanamento e al restauro diffuso: scavo dei rii, consolidamento di rive e fondamenta, interventi strutturali nei palazzi, restauro dei monumenti, sostegno alla residenza». «Se si riuscirà, forse, ad evitare l’acqua alta eccezionale», scrive l’assessore, «Venezia non ci sarà più». Difficile andarlo a spiegare ai comitati privati, in larga parte stranieri, che da quarant’anni si fanno carico del restauro di monumenti.
«Lo Stato non può essere distante, e nemmeno distratto rispetto a un problema che la legge stabilisce di preminente interesse nazionale», continua l’assessore. Ed ecco la proposta: di destinare con la Finanziaria in discussione in Parlamento qualcosa in più delle cifre finora stanziate. «Nel testo ci sono 170 milioni per il Mose e 20 per la rete antincendio e le sirene di Marghera», sottolinea l’assessore, «questo è positivo e necessario, ma non risolve il problema della salvaguardia del patrimonio culturale e ambientale, né di quello della salvaguardia socio economica della città». «Sono certa», conclude la Rumiz, «che dopo anni in cui l’attenzione e le risorse sono state dirette esclusivamente verso la grande opera alle bocche di porto, si saprà tornare a quel concetto di salvaguardia così bene definito dalla Legge Speciale».
Ed ecco la fotocopia, per rinfrescare la memoria a chi di salvaguardia «complessiva» non ha mai sentito parlare, associando la difesa di Venezia solo ed esclusivamente al progetto Mose. In realtà, denuncia il Comune, gli interventi di salvaguardia e i contributi per i restauri rischiano la paralisi se non saranno garantiti per i prossimi anni fondi adeguati. Anche gli sforzi per contenere l’emergenza casa possono essere vanificati «se non si interviene con politiche d’urgenza».
Negli ultimi anni sono rimasti fermi anche gli interventi di restauro e acquisizione di nuovi alloggi. Un’emergenza sfratti che non si ferma, segnala il Comune, a cui si aggiunge anche la difficoltà di trovar casa per il ceto medio, le nuove famiglie ei giovani che certo non possono competere con le società e gli speculatori sui prezzi di mercato delle case, a volte superiori ai 10 mila euro a metri quadrato. «Se vogliamo che Venezia resti una città normale è necessario che non scenda sotto l’attuale numero di abitanti», dice l’assessore. Il provvedimento annunciato - forse fuori tempo massimo - è quello di frenare la trasformazione di alloggi dei residenti in attività turistiche.
La prima ragione per cui il MoSE è un disastro per Venezia è la sua stessa concezione, come i frequentatori di eddyburg.it sanno. L'assessora Mara Rumiz mette in evidenza l'altra ragione: le opere inutili e dannose del MoSE succhiano tutti i soldi che la collettività destina a Venezia