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Edoardo Salzano
Non basta pensare ai soldi
2 Novembre 2010
Vivere a Venezia
Sulle proposte immobiliari in discussione all’IUAV, dalla rivista online Carta EstNort , 1 novembre 2010. In calce la lettera di S. Boato che ha aperto la discussione

L’eventuale decisione dell’IUAV di vendere una delle due sedi più significative per il rapporto con la città (Ca’ Tron e Ca’ Badoer) si iscriverebbe certamente nell’attuale tendenza prevalente nella società: privilegiare la quantità sulla qualità, il presente sul futuro, il privato sul pubblico, il valore di scambio sul valore d’uso; trasformare il cittadino in cliente, il lavoratore in consumatore, il servizio pubblico (dalla scuola al trasporto, dall’università all’ospedale) in azienda privata; cancellare dalla vita della società tutto ciò che non è riducibile a merce, e dalle istituzioni tutto ciò che non produce ricchezza privata.

Se questa tendenza non viene contrastata il destino dell’università è già scritto. Essa completerà la sua trasformazione da luogo destinato alla formazione di intellettuali (cioè di persone capaci di guardare al presente con la libertà e le capacità necessarie per criticarlo e individuare le possibilità del futuro) a macchina capace di fornire la forza lavoro necessaria per proseguire lo sviluppo attuale. I patrimoni culturali, materiali e immateriali, dei quali essa è depositaria saranno ridotti a quanto serve nell’immediato a quanti ne sostengono il costo: gli sponsor e i clienti.

Le gravi difficoltà di bilancio di cui l’IUAV soffre oggi dipendono certamente anche da questa tendenza. Sarebbe però – a mio parere – del tutto sbagliato assumere la decisione sul modo di affrontarle senza una preventiva valutazione politica del contesto, e del modo in cui l’IUAV vi si colloca. Tanto più che, come la lettera di Stefano Boato argomenta, esistono alternative diverse: si può decidere se vendere uno degli edifici “storici”, oppure un’area nella quale i progetti, delineati e finanziati in anni in cui gli occhi erano ancora bendati, prevedevano la realizzazione di nuove costruzioni di prestigio.

A me sembra indubbio quale debba essere la scelta. L’università (come tutte le istituzioni) può resistere alla tendenze in atto unicamente se rafforza i suoi legami con la società, se si collega alle altre realtà analogamente minacciate, se è capace di dimostrare la sua utilità nel collaborare alla critica e alla proposta di soluzioni alternative. A questo fine, abbandonando l’illusione di un prestigio basato sulle magnificenze architettoniche in un futuro improbabile, mi sembra indispensabile per l’IUAV rafforzare - anziché dismettere - le sedi che hanno le potenzialità e la tradizione di “servizio alla società”, esaltarne il valore di centri di informazione, formazione e diffusione di sapere critico alle realtà sociali, farne dei luoghi di elaborazione di proposte utili per una società rinnovata.

P.S. - Gli organi dirigenti dell’IUAV, come informa il rettore, hanno deciso di basare le loro decisioni su un’analisi costi benefici affidata a una commissione di economisti. Si spera che non sarà solo sulla base dei conti economici che la decisione sarà presa. Non sarebbe, oltretutto, una bella lezione.

(In calce la lettera di Stefano Boato che ha aperto il dibattito, e argomenta le alternative possibili)

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