La Grecia, dunque, non èl’unica area di crisi. E il problemanon è più circoscritto al Portogallo e all’Irlanda. Ora che le locuste della speculazione hanno messo nel mirino il bersaglio grosso, cioè il nostro Paese ma anche la Francia, la Spagna e la stessa istituzione dell’Euro, ci accorgiamo di come fossero stati sottovalutati i segnali di instabilità in Europa indotti dagli effetti della crisi finanziaria americana e poi dalla recessione. A tre anni dal terremoto finanziario degli Stati Uniti, dalla rottura del sistema dei mutui subprime fino al fallimento di storiche banche, non abbiano imparato nulla, la lezione nonè servita a nessuno. Siamo ancora qui vittime della speculazione e della finanza, assistiamo al trionfo della rendita e alla sconfitta della politica e del lavoro. E la Consob fa quasi tenerezza quando “impone” la comunicazione delle posizioni al ribasso, mentre sul mercato si scatenano i cavalieri dell’Apocalisse.
L’Italia ha creduto, anzi si è illusa, che Berlusconi e Tremonti avessero davvero la situazione sotto controllo, che nessuno avrebbe osato attaccarci perchè «noi stiamo meglio degli altri», perchè «la crisi non esiste» e se c’è «l’abbiamo ormai superata». Tutte citazioni del nostro premier (oggi atteso alla “prima” del Milan... speriamo che non ci vada) e del ministro dell’Economia. Adesso è arrivato il conto, ed è un conto che pagherà l’intero Paese.
I mercati non hanno creduto al valore della manovra di rientro del debito, non hanno condiviso i tempi, non hanno fiducia che questo governo con una maggioranza così sfilacciata e litigiosa possa davvero risanare i conti. L’attacco all’Italia è partito la scorsa settimana, è esploso ieri facendo vittime illustri in Borsa e nei titoli del debito pubblico, e continuerà. Continuerà perchè le locuste si fermeranno solo quando vedranno scorrere lacrime e sangue e potranno incassare i loro profitti per poi trasferire le loro offensive su altri obiettivi. Oggi i mercati vogliono solo una cosa dal nostro Paese: l’approvazione immediata dalla manovra da parte del parlamento e l’anticipazione al 2012 e 2013 dell’obiettivo di pareggio. E se quelli della manovra di Tremonti non sono 40 e passa miliardi, allora ci vorrà qualcuno in grado di trovarli.
Il clima che si respira, piaccio o no, è lo stesso dell’estate 1992 quando Giuliano Amato si presentò al tg della sera per informare gli italiani della svalutazione della lira e del varo di una manovra da 90mila miliardi di lire, compreso il prelievo una tantum dal nostro conto corrente bancario. L’Italia si rimise in pista, la svalutazione competitiva della lira fornì fiato alle imprese e poi l’accordo del ‘93 tra le parti sociali fece il resto. Ci vorrebbe un altro Ciampi, o il Prodi che ci portò in Europa, ma non è aria. Ci possiamo aggrappare alla telefonata del cancelliere Merkel che, dopo aver ritardato per interessi elettorali gli aiuti ad Atene, è in ansia per l’attacco all’Italia che, nonostante tutto, ha la seconda industria manifatturiera d’Europa, assai integrata con quella tedesca.
Quello che è accaduto ieri sui mercati non è un episodio isolato diun sistema sbagliato, anzi malato. La crisi è sistemica. Siamo ostaggi e impotenti davanti ai movimenti di capitali speculativi, i governi per difendersi dovrebbero chiudere le borse,temiamo i giudizi delle agenzie di rating dopo averle finanziate e valorizzate (e certi leader laburisti e progressisti del passato che ostentavano le “medaglie” di Moody’s o Standard & Poor’s, oggi dovrebbe sparire). L’affronto degli speculatori, che non sono qualche cosa di estraneo a questo sistema ma ne sono parte integrante, è senza pudore. Il Wall street journal ha tributato gli onori a Mario Draghi, nuovo presidente della Bce,come garante della stabilità della moneta unica. E ieri l’euro è stato preso a sberle sui mercati. A Londra viene premiata Intesa- San Paolo come miglior banca italiana, nelle stesse ore il titolo dell’istituto perde il 7% in Borsa. Non cambia mai nulla. Tre anni fa, quando a New York fallì la Lehman Brothers “ la banca che non poteva fallire”, quando la crisi travolse il mondo industrializzato, con la perdita di milioni di posti di lavoro, governi e leader politici di ogni colore si impegnarono a limitare le invasioni della finanza, a difendere il risparmio e l’occupazione contro la rendita, a tagliare le retribuzioni dei manager. Ma non è cambiato niente.
Così va il mondo.