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Vezio De Lucia
No al G8 alla Maddalena? Ma a Napoli, nel 1994 …
14 Ottobre 2007
Vezio De Lucia
Dopo la carneficina di Genova del 2001, credo che sia impossibile ...

Dopo la carneficina di Genova del 2001, credo che sia impossibile dir bene del G8. Comprendo appieno le perplessità, le preoccupazioni, le ansie, i no a prescindere, che pervadono gli interventi del “manifesto sardo” per il G8 del 2009 nell’isola della Maddalena. Tuttavia, mi sento obbligato a ricordare che il G7 di Napoli del 1994 fu un'altra cosa (G7 e non G8 perché la Russia allora non faceva parte dei grandi). Senza il G7 non ci sarebbe stata quella stagione di fiducia e di speranza che fu chiamata il rinascimento napoletano. Un rinascimento dissennatamente dissipato negli ultimi anni e poi sepolto sotto una montagna di rifiuti.

Un po’ di cronaca. Alla fine del 1993, Antonio Bassolino era stato eletto sindaco, vincendo al ballottaggio un duello con Alessandra Mussolini che per mesi aveva appassionato l’Italia. Napoli era in ginocchio, stremata dal malgoverno, dagli scandali, dalla corruzione degli anni precedenti. Non funzionava più nulla, dai rubinetti usciva acqua marrone. Il comune era stato dichiarato in dissesto, cioè fallito, si riusciva solo a pagare gli stipendi. Come facemmo a restituire condizioni di vita decenti e ad avviare il riscatto della città è stato raccontato altre volte. Qui è importante ripetere che, senza il G7, i nostri obiettivi non sarebbero stati raggiunti. Non tanto per le risorse finanziare stanziate per l’occasione: disponevamo solo di 20 miliardi di lire, ai quali mi riuscì di aggiungerne altri 35, con un’operazione contabilmente eretica, anticipati dal ministero dei Lavori pubblici dai fondi per l’edilizia popolare. Alla fine spendemmo meno di 50 miliardi con i quali furono pavimentate le strade che i protagonisti del vertice avrebbero percorso; furono restaurate la villa comunale e le fontane delle piazze più importanti da lustri all’asciutto; fu tirata a lucido la galleria Umberto. Ma l’intervento più ambizioso fu il ripristino della piazza del Plebiscito che, prima del G7, era un luogo da incubo, in parte occupata da un cantiere abbandonato della metropolitana, il resto un immenso, terrificante parcheggio. La nuova pavimentazione, e soprattutto la decisione – contrastata da quasi tutta la stampa, da sedicenti esperti (mai fidarsi degli ingegneri del traffico) e dalla maggioranza degli intellettuali – di rendere permanente la pedonalizzazione della piazza, furono la carta vincente. La città si schierò compatta in difesa della giunta, cominciò il rinascimento di Napoli. “Napoli la deforme, Napoli l’incurabile, la disperata, il recinto ribollente, amarissimo del degrado. E adesso, di colpo, Napoli la rinata, Napoli la sfolgorante. La sue sterminate difficoltà sopravvivono, tutte. Ma da qualche settimana questo luogo di fastose meraviglie ritrovate sembra somigliare pochissimo alla patria dei De Lorenzo e dei Pomicino. Si intuiscono le emozioni di un riscatto non solo di superficie ma di coscienze”: così scrisse Donata Righetti su La Voce, allora diretta da Indro Montanelli.

Può servire il ricordo dell’esperienza napoletana nel dibattito sul G8 della Maddalena? Forse no, sono situazioni incomparabilmente diverse. Ma una riflessione sul metodo può essere utile. A Napoli, furono realizzati interventi assolutamente ordinari sfruttando sapientemente (penso di poter dire così) le procedure e i finanziamenti straordinari resi disponibili dal G7: questa credo che sia stata la ragione essenziale del buon risultato. L’occasione non fu sprecata, né si dette spazio a miraggi o peggio, come succedeva prima. Per Italia 90, a Napoli si erano spesi oltre 600 miliardi in opere inutili o delittuose. Penso che abbia ragione Sandro Roggio che ci sarebbe dar far festa se si riuscisse a impedire il vertice sardo. “Ma così non sarà – scrive Roggio – il G8 si farà e porterà denari, molti denari, che potranno essere usati male o bene in un ambiente che vive di turismo e poco altro”. E giustamente propone che si metta mano subito a un’attività di pianificazione partecipata e sostenibile “che tenga insieme tutte le questioni aperte per evitare che si disperda il senso unitario di uno dei paesaggi più importanti del Mediterraneo”.

In alternativa, il G8, oltre a essere, nel migliore dei casi, una stucchevole esibizione dei presunti padroni del mondo, può trasformarsi in una formidabile occasione a favore di vecchi e nuovi speculatori immobiliari.

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