loader
menu
© 2024 Eddyburg
Gian Antonio Stella
Nella Calabria deturpata lode a Sant'Agazio, protettore delle ruspe
17 Gennaio 2007
In giro per l'Italia
Bene abbattere gli ecomostri di cemento, ma meglio non farne nascere di nuovi, come "Europaradiso". Dal Corriere della sera del 17 gennaio 2007

V iva viva Sant'Agazio, protettore delle ruspe. Il presidente della Calabria, stavolta, merita gli applausi. Il via ai lavori di abbattimento dell'«ecomostro» di Copanello, un osceno e immenso complesso di cemento abusivo costruito su promontorio un tempo bellissimo, è un gesto simbolico di straordinaria importanza. E ha ragione il governatore, scosso da una miriade di grane politiche e grattacapi giudiziari che lo hanno toccato anche personalmente, a rivendicarlo. Perché, come ha sottolineato il ministro per l'Ambiente Pecoraro Scanio, quello di ieri, dopo mille complicità e battaglie giudiziarie e rinvii, è stato davvero un passaggio «storico».

Purché, appunto, non resti «solo» un gesto simbolico. Spiega infatti l'ultimo Rapporto Ecomafia di Legambiente, che per un verso è entusiasta e per un altro prudente, che la Calabria ha un 28˚ della popolazione e un 20˚ del territorio nazionali ma ha ospitato nel 2005 un 7˚ di tutte le illegalità nel ciclo del cemento, con una percentuale di costruzioni abusive rispetto a quelle regolari in linea col Sud peggiore, che svetta col 26,2% di abitazioni fuorilegge contro il 4,8% del Nord e il 9,5% del Centro.

Il governatore calabrese dice che lo sa, che non «si possono censire tutti gli abusi» ma finalmente chi tira su una palazzina illegale «sa che gli sarà buttata giù». A partire da una prima lista già concordata col governo. Lista di cui fanno parte vari mostri di cemento a Pizzo Calabro, Stignano, Scilla, Rossano, Cessaniti, Stilo, Tropea e Bova. Di più: Roma e la Regione si sono già impegnati a trovare i soldi non solo per le ruspe ma per il ripristino della situazione preesistente. Tutti in coro: evviva Sant'Agazio, evviva i caterpillar.

Questa volontà di rompere coi vizi del passato, però, sarebbe più convincente se il presidente si decidesse a troncare con parole nette ogni ipotesi intorno al progetto «Europaradiso». Il megalomane complesso alberghiero da costruire alla foce del Neto, vicino a Crotone, in uno dei rarissimi tratti di costa scampato agli Attila del cemento e perciò sottoposto a una serie di vincoli, regionali ed europei. Là dove oggi sorgono ancora (miracolosamente) le dune dovrebbe nascere su 6 chilometri di litorale una città di quattro milioni di metri cubi con sei hotel da 1.500 letti ognuno e campi da golf e una metropolitana di collegamento a Crotone e uno stadio per 20 mila spettatori per un investimento complessivo di 10 miliardi di euro: 20 mila miliardi di lire, quasi quanti quelli spesi per il tunnel sotto la Manica.

E chi metterebbe, i soldi? Un «finanziere» israeliano, David Appel. Il quale aveva già provato a far passare il progetto prima su un'isola greca e poi sulla costa spagnola, finendo per essere non solo respinto ma indagato e coinvolto in una serie di inchieste per corruzione che tirarono nel pantano anche Ariel Sharon e suo figlio. Al punto che, saputa la cosa, il quotidiano Haaretz ha mandato un paio di giornalisti pubblicando un reportage a dir poco feroce non solo su Appel ma anche su come il mondo politico calabrese si era lasciato incantare dalla prospettiva di un fruscio di soldi. Soldi che peraltro avrebbe dovuto parzialmente anticipare (e ti pareva!) Sviluppo Italia. Tanto da spingere poche settimane fa il Consiglio regionale, col solo voto contrario di Rifondazione, a chiedere in commissione la rimozione dei vincoli sull'area prelibata. Loiero, a proposito di «Europaradiso» i cui soli disegni in internet gelano il sangue, disse che «nessuno a cuor leggero può rinunciare a un progetto come quello».

La pensa sempre così? Gli ecomostri non si abbattono meglio, se sono ancora di carta?

I dati del secondo capoverso sono palesemente errati.

ARTICOLI CORRELATI
30 Ottobre 2018

© 2024 Eddyburg