«Il 24 ottobre saremo in piazza a Napoli contro la più grande esercitazione militare dalla Seconda guerra mondiale. La stanno facendo adesso, ma nessuno apre bocca. Una vergogna. Contro questo protesteremo». Il Fatto Quotidiano, 8 ottobre 2015, (m.p.r.)
«Che belli che erano quei giorni. Sono passati appena dodici anni, ma sembra un secolo: a Roma centinaia di migliaia di persone scesero in piazza contro la guerra. Gente di età e classi sociali diverse, con idee politiche diverse. E poi c’erano bandiere arcobaleno ovunque, giravi per le città e le vedevi a tutti i balconi. Era davvero un movimento popolare contro la guerra».
Padre Alex Zanotelli, lei da allora è uno dei simboli della lotta contro le missioni militari. Ma perché nel 2003 gli italiani si mobilitarono a milioni contro l’impegno in Afghanistan e Iraq e adesso sembrano infischiarsene?
«Ci penso tutti i giorni. C’è stato un calo di interesse pauroso. Una caduta di valori. Nel 2003 ricordo che si riuscì a creare una vera e propria resistenza contro le guerre. Avevamo accanto a noi persone come Tiziano Terzani e Gino Strada. E adesso…niente, tutta quella forza è andata perduta».
Piazze semivuote. I Tornado potrebbero tornare a bombardare e nessuno alza un dito. Ma perché?
«È anche colpa nostra. Il movimento è diviso, ci sono state delle spaccature perfino nel Tavolo della Pace di Assisi. Ognuno va per sé. Ma se noi siamo i lillipuziani che sperano di sconfiggere il gigante Golia, non possiamo poi disperdere le poche forze in mille rivoli».
E la politica non vi sostiene più…
«Lasciamo perdere. La destra, vabbè, ha sempre avuto altre posizioni. Ma ora anche il partito di maggioranza a sinistra, il Pd, è aggrappato ad altre idee. Il resto? Sono tutti punti interrogativi. Guardi, c’è proprio poco da sperare a livello politico».
Vi arrendete? Dopo la bandiera arcobaleno alzate la bandiera bianca?
«Mai. L’unica possibilità, però, è mettere insieme un movimento davvero popolare. Proprio come ha detto papa Francesco nel suo discorso in Bolivia, il più importante».
Che cosa direbbe agli italiani per convincerli a mobilitarsi come nel 2003?
«Che queste guerre ci toccano. Provocano conseguenze nella nostra vita. Non illudiamoci di tenere lontano da noi le sofferenze».
Ma a che cosa sono serviti i cortei e le mobilitazioni di dodici anni fa? Alla fine siamo andati in Afghanistan e Iraq . . .
«Sì, forse è anche per questo che tanti oggi hanno rinunciato. Si sono convinti che il loro impegno non è servito a niente. Dal 2003 abbiamo fatto una guerra dietro l’altra. Ma non bisogna arrendersi mai».
Mi dia una ragione valida.
«L’ha detto il Papa: visto che non si può fare la terza guerra mondiale, si combattono guerre locali. Così si salvano i bilanci di società come Finmeccanica. Che ha perfino lasciato le sue attività civili!».
Ma lei combatte ancora contro la guerra?
«Certo. Il 24 ottobre saremo in piazza a Napoli contro la più grande esercitazione militare dalla Seconda guerra mondiale. La stanno facendo adesso, ma nessuno apre bocca. Una vergogna. Contro questo protesteremo. Spero saremo in tanti, ma comunque sia, noi ci saremo. E speriamo sia l’inizio di una mobilitazione. Per far nascere un movimento popolare come nel 2003.