Il referendum si terrà nel giugno del 2008. Esso riguarda l’abrogazione della cosiddetta “legge salvacoste”. La legge (n. 8 del 25.11.2004) vincolava all’inedificabilità una fascia di 2 km di costa fino all’approvazione di un piano paesaggistico che confermasse e articolasse la tutela del paesaggio. In attuazione alla legge la Regione ha approvato un primo stralcio del Piano paesaggistico regionale esteso a una corposa fascia costiera, ed ha in corso la sua estensione all’intero territorio sardo.
È dubbia l’efficacia giuridica sulla tutela che avrebbe una vittoria del referendum: il piano ha ormai pienamente sostituito il contenuto della legge. Certo che avrebbe una notevole portata politica, poiché sarebbe considerata uno smacco per il presidente Renato Soru e la sua giunta, e soprattutto per l’azione di energica e lungimirante tutela del paesaggio e dell’ambiente che essi hanno condotto. Chi apprezza quell’azione è sollecitato fin d’ora a scendere in campo per difenderla.
Perché in Sardegna, ai piani alti del potere, il clima non è bello. È stata recentemente emessa una sentenza del Tar sul piano paesaggistico. Essa è stata presentata dalla stampa locale come un “affossamento del piano” e, nel più dolce dei titoli, come un “siluro contro di esso”. Nessuno ha informato che la sentenza respinge 20 motivi di ricorso contro il piano, limitandosi a dar ragione al ricorrente su un aspetto del tutto marginale. Nessuno ha informato che la massima parte della sentenza è dedicata a confermare in pieno le scelte compiute dal piano e a rafforzarne la legittimità con argomenti di diritto e di merito.
Distruggere la difesa del paesaggio sembra essere divenuto l’obiettivo di poteri che, se nascono dagli interessi immobiliari, vanno ben al di là al di là di essi. La falsificazione dei dati oggettivi è uno delle armi più insidiose adoperate per difendere i propri interessi.