Acqua Alta. Per ben comprendere il fenomeno e i rimedi che si vorrebbero adottare, è opportuno ricordare che a Venezia così si chiama l’inondazione di alcune vie cittadine da parte delle maree lagunari per il molto crescere di quella marina. Poiché il livello medio delle strade cittadine è tra i 100 e i 150 100 cm. sul livello medio del mare, una marea che fosse, poniamo di 110 cm significherebbe che alcuni tratti (pochi) avrebbero acqua per 10-20 centimetri
Questo fenomeno, negli ultimi 150 anni, è aumentato di frequenza e dimensione perché l’estensione del bacino lagunare è stata ridotta quasi di un terzo con grandi bonifiche per costruire la zona industriale di Marghera e, in vista di un suo sviluppo “magnifico e progressivo”, per formare nuove isole; ma anche per altri interventi quali la costruzione dell’aeroporto e la separazione delle valli da pesca dal libero flusso di marea per poterle privatizzare. Influenti, per una modifica complessiva della idrodinamica lagunare, sono state pure la formazione di lunghi e profondissimi canali, la costruzione delle dighe alle bocche di porto e il loro continuo scavo senza che, nel contempo, si effettuassero le manutenzioni necessarie delle difese a mare e a terra - come per millenni aveva fatto la Repubblica Veneta -. Queste sono le vere cause, dovuta all’uomo, che, in condizioni naturali estreme, hanno portato alla terribile alluvione del novembre1966 con marea a 194 centimetri.
Nel 1984 il governo italiano, pur approvando leggi – tutt’ora in vigore anche se non rispettate – per cui ogni intervento in laguna avrebbe dovuto essere progressivo, sperimentale e reversibile, ha costituito un Concessionario Unico, usando strumentalmente la spinta di un’opinione mondiale scioccata per la possibile perdita di una città irripetibile come Venezia e con procedura lesiva anche di norme europee.. Si è formato così un pool di grandi Imprese nazionali, per studiare, proporre, progettare, ed ora, realizzare quello che viene chiamato sistema MoSE, senza possibilità alcuna di valutazione di soluzioni diverse e senza possibilità “terza” di giudizio sulla qualità delle opere. Queste, del MoSE, consistono in 79 portelloni sommersi - ognuno più alto della Chiesa di San Marco - che dovrebbero alzarsi quando si prevedono maree marine superiori ai 110 cm., incernierati su cassoni di fondazione collegati a 12.000 pali infissi fino ad oltre 40 metri di profondità, con un’isola artificiale all’interno della bocca portuale di Lido e complementari dighe in mare e conche di navigazione ai lati degli accessi portuali.
Le maggiori associazioni ambientaliste nazionali e “pezzi” di partiti della sinistra sono stati da subito contrari a quest’opera perché ritenevano – come puntualmente si sta verificando - che non avrebbe rimosse le vere cause delle alte maree e che, quando i portelloni non saranno utilizzati, per le trasformazioni fisiche che si saranno rese necessarie alla loro installazione, faranno aumentare altezza e frequenza di tutte le acque alte. Un’ opera quindi pericolosa; contraria allo scopo che si prefigge; costosissima (4,2 miliardi preventivati per la costruzione, 30 milioni all’anno, per 100 anni, per la manutenzione) e distruttiva della struttura fisica della laguna che diverrà un vero braccio di mare. E’ stata approvata, con solo voto politico, illegittimamente per mancanza di Valutazione di Impatto Ambientale e in violazioni di numerose norme urbanistiche locali, territoriali regionali, ambientali europee (una precedente VIA, annullata per vizio formale, era stata totalmente negativa e mai rifatta). Esistono altri modi per uscire sul serio dalle acque alte, con progetti rispettosi delle leggi, che si possono sperimentare prima del realizzo, dai costi e tempi di realizzazione enormemente minori, ambientalmente assolutamente compatibili. Il Comune di Venezia, che ufficialmente ha rilevato sia le illegittimità procedurali che le pesanti modificazioni ambientali già in atto, ha fatto valutare da esperti l’efficienza dei progetti alternativi in relazione al MoSE: su 14 proposte progettuali, questo si è collocato, in ragione dell’efficienza appunto, al penultimo posto. Si può intervenire con altri progetti ma soprattutto riducendo la forza e la quantità d’acqua che entra dalle tre bocche di porto, in maniera differenziata in ragione del loro uso. Alzando i fondali alle bocche, soprattutto quella di Lido, è possibile, secondo studi acquisiti dal Comune e mai contestati, ridurre tutte le maree di 21 cm. e, con il contemporaneo rialzo dei percorsi cittadini più bassi, portare le 70-80 alte maree annuali a 1-2, di piccola entità come avveniva 150 anni addietro. Il MoSE, entrando in funzione solo in previsione di maree di 110 centimetri, ne può eliminare, in media, solo 2 o 3 all’anno: negli ultimi due anni, ad esempio, non ne avrebbe eliminata nessuna. Il rialzo del fondale del porto di Lido salverebbe, di fatto, Venezia dall’acqua alta e impedirebbe anche alle mega-navi turistiche l’ingresso nel Bacino di San Marco. Oggi, queste navi, lunghe 300 metri ed alte più di 40, distruggono i fondali lagunari e inquinano l’aria, ognuna, come 15.000 automobili, incombendo, con possibili collisioni, sui palazzi storici delle rive. In tempi brevi e costi contenuti – in relazione a quelli del MoSE - è possibile invece realizzare un avamporto turistico in mare.
Con un aumento medio dei mari nei prossimi 100 anni per l’effetto serra, che quasi nessuno più contesta ma che registra ancora grande incertezza sull’entità (da 10 a80 cm.), facendo pure l’ipotesi cautelare di 40-50 centimetri di aumento, il MoSE – secondo uno studio del prof. Pirazzoli del CNR francese - dovrebbe rimanere chiuso più di 150 giorni all’anno azzerando di fatto ogni possibilità competitiva per i traffici di Porto Marghera che usa giornalmente più volte la bocca portuale di Alberoni e quindi la sua bonifica e riconversione produttiva ecocompatibile. Ciò ridurrebbe l’intera laguna, per mancanza di ricambio, in un’unica cloaca (i centri abitati lagunari non possiedono sistemi fognari) inquinata anche da tutti i pesticidi agricoli slavati per le piogge dai 98 Comuni del bacino imbrifero.
Attestando il vero, da chiunque verificabile in loco, all’oggi il MoSE non è stato ancora iniziato, con buona pace di Ministri e stampa di parte, ma sono state quasi totalmente realizzate le opere complementari che, interrompendo i lavori, potrebbero tutte ancora essere riconvertite ad altre più utili funzioni. Un esempio: le conche di navigazione si possono trasformare in darsene per i potenti motoscafi che oggi distruggono i fondali lagunari con il moto ondoso e che potrebbero invece raggiungere direttamente il mare senza arrecare danni.
Il Ministro all’Ambiente ha formalmente denunciato un’ulteriore illegittimità, quella dei cantieri per le opere di prefabbricazione che dovevano essere altrove che invece sono stati aperti ai lati delle bocche di porto devastando ettari di territorio vincolato e protetto anche da norme europee. Illegittimità che neppure il voto a posteriori della Commissione di Salvaguardia di Venezia ne’ il Parere della Soprintendenza ai Beni Ambientali hanno sanato.
Ma al di là della considerazione politica che con la sospensione dei lavori il Governo rispetterebbe il proprio programma che prevede il consenso delle istituzioni locali – oggi assolutamente contrarie – e la valutazione positiva su una nuova prospettiva strategica per la vita e l’utilizzo della laguna compatibile all’uomo e ai suoi traffici, alla natura e ai suoi bisogni, l’alluvione del 26 settembre scorso, che ha affondato Mestre e l’intera terra ferma veneziana (50 milioni di euro per danni pubblici e privati più 70 per quelli industriali) con metri d’acqua, rende la sospensione dei lavori del MoSE assolutamente necessaria per la salvezza e salvaguardia dell’intero territorio veneziano e delle numerose popolazioni che lo abitano.
Il 70% di questo territorio è sotto il livello del mare e, nel passato, ha affidata la propria sicurezza a complessi sistemi di idrovore, canalizzazioni ed argini per governare ed alla fine sversare le acque fluviali e meteoriche in laguna. Con il tragico alluvione del novembre 1966, il bacino scolante ha versato in laguna tanta acqua da farne aumentare il livello di 30 cm e poiché, per il blocco di fatto alle bocche di porto, i 550 chilometri quadrati dell’intero bacino non potevano accoglierne più, migliaia e migliaia di ettari di campagne sono stati invasi d’acqua fino ai primi piani delle case.
Negli ultimi decenni sconsiderati piani urbanistici – consentiti da nuove normative che hanno privatizzato le possibilità decisionali, spesso anche con prestigiose Università consenzienti – e realizzazioni edilizie fai da te, non solo senza controllo alcuno ma legalizzabili con condoni ex postero, hanno ulteriormente cementificato il territorio e lo hanno sempre più impermeabilizzato con nuove reti stradali asfaltate rese necessarie dall’edificazione selvaggia. La rete dei canali di scolo del territorio agricolo è stata fittiziamente sostituita da fantomatici drenaggi sotterranei (di fatto eliminata) e, ove ancora esistente, cementificata sulle sponde e tombinata sotto ogni ingresso abitativo rurale. Molte idrovore sono ancora quelle dell’altro secolo, spesso solo manuali e non collegate in rete. I Consorzi di bonifica, enti cui è affidata sorveglianza, studio e manutenzione idraulica del territorio, perdendo la propria indipendenza e professionalità, sono spesso divenuti veri cimiteri d’elefanti dove parcheggiare politici trombati o amici dei vari sottogoverni.
In altre parole la situazione del rischio idraulico nel territorio, negli anni successivi al tragico 1966, è fortemente peggiorata, come puntualmente rilevano grandi esperti come i professori D’Alpaos e Matticchio che, nel 1966, dicono “se si confronta la situazione attuale con quella preesistente alla grande piena del 1966, si deve purtroppo rilevare che il rischio idraulico si è ulteriormente accresciuto”.
Ma, quando, giusto 10 anni fa, la commissione VIA ha dato il “Parere di compatibilità ambientale sugli interventi alle bocche lagunari per la regolazione dei flussi di marea” (nel dare – è opportuno ricordare - alla fine un parere totalmente negativo sull’opera), ha dovuto denunciare che manca “un calcolo specifico da parte del proponente (Consorzio Venezia Nuova, nota nostra) sulla portata media del deflusso in laguna in occasione di consistenti precipitazioni piovose” e che il MoSE è stato tarato dai progettisti del Consorzio per un apporto del Bacino scolante calcolato sulla base di una precipitazione piovosa di un massimo di 5 (cinque!) millimetri l’ora: il 26 settembre, solo dalle 7 alle 8 di mattina, sono caduti 145 (centoquarantacinque!) millimetri di pioggia.
Con il MoSE chiuso, mestrini e veneziani avrebbero fatta la fine del topo nella nave che affonda.
Anche per la fortissima pressione degli alluvionati e dei loro Comitati - genuina protesta popolare, che l’opposizione comunale ha inutilmente tentato di strumentalizzare – in un affollatissimo Consiglio comunale il Sindaco ha promesso rimborsi, nuovi strumenti di salvaguardia idraulica e la nomina di un Commissariospeciale per superare l’emergenza.
Un recupero della fiducia dei cittadini nella politica non si ottiene con Commissari più o meno speciali, come è pure stato opportunamente espresso nello stesso dibattito comunale; in Italia ce ne sono un carrozzone di 10.000 senza alcun miglioramento nell’efficienza della gestione politica. Il recupero di una capacità di previsione, strumentazione ed intervento deve essere del corpo politico che a tal fine è delegato ma che, oggi in controtendenza, deve sviluppare la capacità di cogliere quanto dal basso i gruppi sociali esprimono direttamente come saperi locali e la volontà di farsi “controllare”.
A Venezia i commissari speciali, più volte nominati, non sono minimamente riusciti ad evitare il moto ondoso, come chiamano i veneziani le onde dei mezzi acquei a motore che distruggono laguna e città più delle alte maree. In virtù dell’essere sopra le leggi e le norme hanno potuto invece costruire una isola-discarica di fanghi pericolosi all’interno della laguna (che si apprestano a duplicare nelle vicinanze con fanghi tossico-nocivi) quando l’applicazione normale della legge non l’avrebbe consentito. Per costruire la base di guerra americana Dal Molin a Vicenza, è stato nominato Commissario Costa, l’ex sindaco di Venezia ed ex Commissario al moto ondoso, che ha pure consentito la costruzione, distruttiva per abitanti e territorio, del Passante di Mestre e l’inizio dei cantieri MoSE, tradendo il mandato del suo stesso Consiglio comunale. Per entrambe le opere, esistevano soluzioni alternative più efficienti e ambientalmente compatibili
Il territorio veneziano è unico, di terra e di mare e nella sua totalità ed indivisibilità va governata la sua salvaguardia, pena l’inefficacia e la pericolosità di ogni intervento. Un intervento di garanzia e di prestigio istituzionale è ora più che mai possibile e doveroso.
Assieme alla promessa inversione strategica per gli interventi in terra ferma per superare ogni rischio idraulico, il Sindaco di Venezia, proprio per l’attività di documentazione e denuncia svolta sul MoSE e il Ministro dell’Ambiente per dare seguito alle denuncie d’illegittimità, devono assolutamente fermarne tutti i lavori alle bocche di porto, sui quali oggi risulta aperta anche un’ inchiesta della Corte dei Conti.
Questa è l’unica risposta politica, di garanzia per il territorio ed i suoi abitanti, a quella che viene chiamata antipolitica perché, nel rispetto di norme e leggi esistenti di tutela della popolazione – della legalità che conta, quindi -, con la soluzione più efficace ed economicamente realistica del difficile rapporto uomo-ecosistema e nell’accoglimento della volontà degli abitanti che meglio conoscono il proprio ambiente, apre varchi per una democrazia reale e di riconciliazione.