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Carlo Giacomini
MOSE: La resa … dei conti
5 Luglio 2014
MoSE
Durissima e documentata critica a tutti quei governanti (nazionali e locali), amministratori, funzionari pubblici, magistrati, esperti che hanno consentito il protrarsi dei finanziamenti al Consorzio Venezia nuova illegittimi dal 1995. Non è necessario "revocare" la concessione, essa non sussiste più., e chi ha sbagliato deve pagare. Inviato a

Durissima e documentata critica a tutti quei governanti (nazionali e locali), amministratori, funzionari pubblici, magistrati, esperti che hanno consentito il protrarsi dei finanziamenti al Consorzio Venezia nuova illegittimi dal 1995. Non è necessario "revocare" la concessione, essa non sussiste più., e chi ha sbagliato deve pagare. Inviato a eddyburg il 4 luglio 2014

Molti, a Venezia e nell’intero paese, per eliminare alla radice il centro di tanti comportamenti devianti, propongono di sciogliere il Consorzio Venezia Nuova, credendo forse, in buona fede e data la dimensione e importanza del Mose – e dell’intera Salvaguardia di Venezia e della sua laguna -, che il Consorzio sia pubblico o partecipato dal pubblico, oppure istituito e/o regolato da norme di natura pubblica. Purtroppo quel Consorzio è privatissimo, di totale proprietà privata dei suoi soci, e regolato tutto e solo dalle norme del diritto privato; ed è quindi impossibile (e inutile) pensare di sopprimerlo con decisione pubblica di natura meramente politica.

Più appropriatamente, alcuni discutono e propongono di revocarne la concessione unica (e senza gara) di studi, piani, progetti e lavori (tutto insieme!), concessione di cui il Consorzio, dal 1984, in modo del tutto privilegiato ha goduto e lucrato (e continua a godere e lucrare) ricchissimi frutti ma senza motivo né merito e a spese (costosissime) della laguna e della città, e del pubblico erario.

Idea e proposta che sarebbe corretta, se non fosse che quella concessione, come anche gli interessati sanno benissimo (e però tacciono), per legge è … già invalidata. E dal 1995.

In quell’anno infatti, con il comma 1 dell’art. 6 bis del Decreto Legge 1995 n96 (nel testo modificato dall’Allegato dell’articolo 1 c.1 della Legge di conversione 1995 n206, entrato in vigore l’1 giugno 1995 e tuttora vigente), il Parlamento, dopo aver valutato dieci anni di esperienze (già allora negative) di quel sistema concessionale (voluto e deciso nel 1984 dal Presidente Craxi -e vice Forlani- e dal ministro Nicolazzi -e colleghi DeMichelis e Signorile-) e dopo averne ricevuti giudizi negativi già allora sferzanti della Corte dei Conti, ha dichiarato ‘abrogati i commi terzo e quarto dell’articolo 3 della legge 1984 n798’. Ha cioè abrogato proprio quei commi di legge con i quali, per l’attuazione delle opere statali di riequilibrio e salvaguardia della laguna (opere alle Bocche –barriere mobili comprese-, marginamenti, rinforzi, difese del litorale, interventi di riequilibrio e ripristino, apertura delle valli da pesca, e allontanamento del trasporto di petroli e derivati) era stata autorizzato il ricorso a una ‘concessione … a trattativa privata’ .

Tralasciando qui il non secondario dettaglio che anche nel 1984, ‘a trattativa privata’ non equivaleva a ‘senza gara’ (come invece qualcuno volle intendere, mistificando la legge), ciò che più conta è che dal 1995 non esiste più alcuna norma che consenta atti e disposizioni attuative di concessione a privati, e che, quindi, quella Concessione del 1984 è ormai dal 1995 priva di ogni legittimazione e legittimità. Tanto che quella stessa legge del 1995 non ha chiesto e non ha previsto la necessità di alcun atto di revoca, a quel punto già allora ormai superfluo (in quanto ogni nuovo provvedimento di ulteriore concreto affidamento o finanziamento in concessione sarebbe ormai semplicemente privo di ogni copertura di legge, e quindi illegittimo e annullabile, se non già nullo).

In altre parole, della revoca non c’era e non c’è bisogno, perché quella concessione è, dall’1 giugno 1995, già abrogata e inefficace, avendo perduto il precedente appoggio di legge sulla quale si era basata. Tanto che la stessa legge del 1995 si è preoccupata solo di disporre la norma transitoria di sistemazione di quel (poco) che, con quella concessione, era già arrivato a esecuzione e attuazione tra il 1984 e il 1995: lo stesso Parlamento, con il comma 2 di quello stesso articolo di decreto-legge, ha infatti disposto che ‘restano validi gli atti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base delle disposizioni [abrogate]’.

Disposizione doverosa riguardo agli impegni formali già perfettamente vincolanti assunti verso il privato.

Ma, si badi bene, appunto solo per gli impegni formali già contrattualmente assunti verso il privato e già perfezionati e vincolanti al 31 maggio 1995. Sono fatti salvi, quindi, solo gli impegni già oggetto di regolare atto di convenzione operativa già dotata di copertura finanziaria, ratificata e perfezionata entro il 31 maggio 1995, sulla base delle leggi e dei decreti di finanziamento promulgati ed emessi non oltre il 31 maggio 1995.

Diversamente da come il concessionario, e non pochi ministri e Presidenti del Consiglio (e del Magistrato alle acque, e pure qualche magistrato amministrativo), inconsapevoli o conniventi, hanno voluto credere e leggere (ma forzosamente e senza giustificazione giuridica), tale disposizione transitoria non può valere da illimitata ‘tana liberatutti’; non può valere cioè come recupero della possibilità di affidamento in concessione anche oltre il 31 maggio 1995, di ogni opera e intervento che per qualche appiglio esplicativo, narrativo o logico taluno cerchi di far apparire, a posteriori, come effetto o in connessione con le (poche) opere regolarmente e perfettamente già concesse (con tanto di atti stipulati, impegnativi e vincolanti) prima di quella abrogazione.

In altre parole, il ‘fatti salvi’ e il ‘restano validi’ può essere applicato solo per gli impegni perfezionati e assunti direttamente ed espressamente con le Convenzioni n. 6393, 6479, 6745, 7025, 7138, 7191, 7295, 1568, 1685, 7322 e 7395, sottoscritte tra il 1984 e il 1993, finanziate dalle Leggi 171/1973, 798/1984, 910/1986, 67/1988, 360/1991 e 139/1992, per un importo complessivo massimo di 953,989 milioni di euro (al lordo delle quote riservate, su quegli importi, ai Comuni e alla Regione). E non invece per quanto taluna autorità ha voluto affidare in concessione (senza copertura di legge) con le decine di convenzioni sottoscritte successivamente al 31 maggio 1995 e finanziate tutte da leggi successive al 31 maggio 1995 (ancorchè fosse o sia stato fatto apparire logicamente connesso o materialmente integrato con qualche parte già in precedenza regolarmente concessa e finanziata).

In pratica può esserci legittimazione e regolarità giuridico-amministrativa solo per gli interventi (e i relativi pagamenti) concessi e definiti in modo perfetto e completo fino al 31 maggio 1995, per un valore, tutt’al più, nel complesso, di poco meno di un miliardo di euro (ma da ridurre delle quote di Regione e Comuni). Mentre erano e sono privi di copertura di legge e quindi legittimità tutti gli affidamenti in concessione, tutte le decine di convenzioni (e tutti i relativi pagamenti) sottoscritte dopo l’1 giugno 1995 e appoggiate (ancorchè illegittimamente) su leggi successive a quella data. Sino a oggi per ulteriori oltre 7,7 miliardi di euro (di cui 5,5 circa per il Mose, progetto approvato finanziato e convenzionato dopo il 2002).

E questo, tanto più dopo il persino precedente comma 10 dell’articolo 12 della Legge 537 del 1993 (entrato in vigore l’1 gennaio 1994 e tuttora vigente), che aveva sancito che per tutti gli interventi della Salvaguardia di Venezia e della sua Laguna ‘gli studi, le sperimentazioni, le pianificazioni, le progettazioni di massima, i controlli di qualità dei progetti esecutivi e delle realizzazioni delle opere, i controlli ambientali (anche mediante ispezioni), la raccolta dati e l’informazione al pubblico devono essere svolti in forma unitaria’, e quindi, inevitabilmente, attuati o quanto meno diretti e regolati solo dalla pubblica autorità competente, direttamente e senza più possibilità di affidamento ‘unitario’ in concessione ‘unica’ a privati. Disposizione efficace e cogente da allora, subito, senza bisogno di ulteriori disposizioni o norme delegate (come invece era necessario per il successivo comma 11, che ipotizzava che tali attività e funzioni fossero poi affidate a una nuova società pubblica regionale-statale, per la quale invece espressamente occorrevano ulteriori norme e disposizioni). Tanto che, altrettanto immediatamente, proprio per questo ‘trasferimento’ di cui al comma 10 (‘restituzione’ dal Concessionario all’autorità pubblica concedente e naturalmente competente, di tutte quelle funzioni e attività strategiche, immediatamente cogente, e quindi a prescindere ed anche prima e persino anche senza l’attuazione dell’ipotesi del comma 11), dall’1 gennaio 1994 il comma 12 (tuttora vigente) ha disposto che ‘il corrispettivo per le spese generali previsto dalle concessioni di cui all’articolo 3 della L. 798/1984 è ridotto dal 12 al 6 %’.

Ai giudici qualcuno dovrà finalmente spiegare perché invece, ignorando queste disposizioni, in tutti questi successivi venti anni si è voluto ribadire e proseguire con gli affidamenti in concessione al Consorzio Venezia Nuova, per di più riconoscendogli ‘corrispettivi’ ancora del 12 % invece che del 6 % (per una immotivata regalia a privati, e un sovracosto per il pubblico erario, nel complesso, pari a circa 500 milioni di euro, per la sola differenza tra 12 e 6 %, e pari invece a circa 1000 milioni di euro, considerando l’intero costo dei ‘corrispettivi’ di spese generali di concessione).

Ce n’è che basta per fermare ogni ulteriore atto amministrativo, liquidazione, finanziamento, collaudo delle opere affidate in concessione al Consorzio Venezia Nuova.

Quanto meno fino a che non sarà fatta fino in fondo, nelle ragionerie e nei tribunali, una veritiera ‘resa di conti’

(A meno che qualcuno, anche Presidente o Ministro che sia, a questo punto consapevolmente preavvisato, ugualmente firmando voglia rischiare, in proprio, tutto l’eventuale danno all’erario (e ambientale) che deriverebbe da ulteriori atti che risultassero poi, a un controllo di legittimità finalmente onesto e rigoroso, illegittimi).

Nel frattempo di questa sospensione e ‘resa dei conti’, potremo finalmente verificare, anche rapidamente ma con giudizi veramente esperti e finalmente ‘terzi’, cosa è giusto e cosa è sbagliato (forse non poco), cosa funziona e cosa non funziona (forse molto) del progetto Mose, e come e quanto variarlo e correggerlo in corso d’opera, almeno in quello che ancora (non poco) possiamo correggerlo.

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