Quello che segue è un estratto dell'intervista a Anna Politkovskaya realizzata da Giorgio Fornoni per Report (Raitre), nell'agosto del 2003.
Ci parli delle tecniche di terrore di massa usate dai russi sui civili in Cecenia.
Non sono d'accordo con il vostro modo di esprimervi. Prima di tutto, non si parla di russi, ma di militari di diverse nazionalità. Ci sono forze federali contro la popolazione civile nella Repubblica cecena. Tanto la popolazione russa quanto quella ucraina hanno condiviso la stessa sorte di quella cecena in quei territori. Conosco russi che sono stati torturati e altri russi le cui case sono state fatte saltare in aria intenzionalmente, poiché pensavano che nascondessero guerriglieri ceceni. I metodi utilizzati sono vari, e spesso ci si comporta da bestie più che da uomini. Un uomo può essere eliminato solo perché si trovava nelle vicinanze di militari. Un ragazzo di 26 anni, nel 2001, era in giro per le strade di Grozny quando è stato preso. È stato pestato mentre veniva portato alla stazione di polizia, e una volta lì gli è stato detto che per salvarsi doveva diventare un loro agente e indicare dove si trovavano i guierriglieri. Il ragazzo proveniva da una famiglia cecena perbene, era laureato, e si è rifiutato di collaborare. La cosa particolare è che ci sono stati dei testimoni di questo arresto. In generale si hanno a disposizione soltanto i risultati di queste violenze, cioè i corpi torturati. Questo ragazzo ormai agonizzante è stato gettato in una cella. La cella non era altro che una buca, e quando si venne a sapere che la mattina sarebbe giunto sul posto un procuratore, i militari hanno semplicemente gettato in un pozzo il corpo del giovane che si era rifiutato di diventare un loro agente. Dopo i bombardamenti a Grozny ci sono molti posti così, sono come dei pozzi che scendono verso il basso, là dove c'erano le fognature. Subito dopo hanno lanciato una granata e del corpo non è rimasta traccia. Lui ha semplicemente cessato di esistere. Questa è solo una piccola pagina di quello che accade in Cecenia. Ci sono varie tecniche di pulizia etnica, che in sostanza sono operazioni punitive contro villaggi interi. Viene circondato un villaggio, vengono portati via tutti gli uomini, e non tutti vi fanno ritorno. Dicono che viene controllato che fra loro non ci sia nessuno che abbia preso parte ai combattimenti, invece vengono pestati da qualche parte, vengono portati via e dichiarati scomparsi. La violenza di massa sulla popolazione maschile è un fatto perché rientra nella mentalità dei nostri soldati. Vengono portati via dai villaggi tutti gli uomini alti, forti, e vengono lasciati i vecchi e i drogati. In genere dipende tutto dal comandante della divisione. Questa non è una guerra di generali, ma di colonnelli: la sorte della persone dipende dall'ufficiale che comanda la divisione, che di fatto ha potere di vita e di morte.
Giovani ceceni pieni di odio, donne kamikaze. Cosa spinge a ciò?
La domanda è molto generica. Per prima cosa ci sono due tipi di donne kamikaze. Ci sono quelle della djamahat, le comunità religiose che ritengono tutto ciò un loro dovere verso Allah. La maggior parte sono persone portate alla disperazione da tutto ciò che ho raccontato prima. Madri, sorelle di scomparsi che hanno bussato alle porte di tutte le sezioni di polizia ricevendo sempre la stessa risposta: «Non ci sono più, sono scomparsi, rassegnatevi». Dal 2001 queste donne hanno iniziato a dire apertamente che a loro non rimane che farsi giustizia da sé. Se i militari si fanno giustizia da sé, in risposta riceveranno lo stesso. Nel 2001 ci sono stati i primi sporadici casi di donne kamikaze. Una donna si avvicina a un generale che ritiene responsabile della morte del marito e si fa esplodere. Muore lei, ma muore anche lui. Sono donne che non hanno un comandante, ma sono unite da una comune disgrazia. Per dirla in modo non militare, è quasi un «club»: non vedono altro senso nella loro vita se non la vendetta.
C'è qualche legame tra i ceceni e al Qaeda?
Come giornalista prima dovrei sapere cos'è al Qaeda. Dopo l'11 settembre c'è stato detto «è responsabile al Qaeda». Ma che sistema è questo? Senza dubbio l'ex vice presidente ceceno Zemilhad Dardyev, scappato molto tempo fa dalla Cecenia senza combattere tutta la seconda guerra - e questo per un ceceno è un disonore - riceveva aiuti da Bin Laden e dalla sua struttura. Ho visto con i miei occhi le tombe degli arabi che hanno combattuto qui nella seconda guerra cecena, ma non so se fossero membri di al Qaeda. Credo che al Qaeda sia un paravento dei nostri potenti per nascondere i propri errori quando non riescono a fronteggiare gli attacchi terroristici. È come una nuova alleanza dopo la guerra fredda. Per questo alla vostra domanda non posso rispondere né sì né no.
Lei condivide le scelte del presidente Putin?
Ritengo che se siedi al Cremlino la tua responsabilità principale è la pace. Personalmente non è che non mi piaccia Putin, è che non mi piace ciò che sta facendo. Lui deve mantenere la pace, è un suo dovere costituzionale. Invece continua la guerra nel Caucaso, con migliaia di morti non solo ceceni, ma anche russi. Gli attentati non possono cessare. Putin deve smetterla con questa guerra suicida e mettersi a trattare anche con quelle persone che non gli piacciono.
La popolazione locale non crede ai dirigenti ceceni. Lei cosa pensa?
Anch'io non credo a loro. Per me, come giornalista, prima di tutto vengono le esigenze della popolazione civile. Loro dicono che non c'è differenza che arrivi un bandito di Maskhadov o di Putin. Loro vogliono vivere.
Perché Mosca non vuole osservatori internazionali in Cecenia?
È chiaro che non li vogliono perché sono stati commessi molto delitti. Gli osservatori vedrebbero i cadaveri, le donne violentate e capirebbero chi è stato. Per questo l'accesso è limitato al massimo. Non vogliono testimoni.
Occidente e Usa hanno chiuso un occhio...
Il gioco delle sfere alte è tutto un gioco di compromessi. Il Kosovo, Baghdad, l'Afghanistan. Noi siamo stati co-sponsor degli Stati uniti. Abbiamo dato il nulla osta per le basi in Uzbekistan e Tagikistan. Ma io rifiuto categoricamente questo tipo di compromessi fatti sul sangue. Putin e Bush sono contenti. Invece io, quando guardo negli occhi queste persone a cui il giorno prima hanno ucciso il figlio, capisco che il prezzo di questo compromesso è nel dolore di quelle persone e nessuno può aiutarle. Il mio lavoro è sul campo, vedo i risultati di questo sanguinoso compromesso e non posso essere d'accordo, non voglio essere un cinico commentatore politico.
Racconti il fatto più feroce perpetrato dai militari russi sui civili ceceni.
No, non dirò nulla. Non ho una buona opinione della società occidentale. Non siamo nel 2000, quando c'erano grandi speranze che raccontando ciò che stava accadendo l'Occidente avrebbe fatto qualcosa per aiutarci. So da tempo che l'Occidente non si interessa di questi problemi, ha tradito queste persone che pure vivono in Europa. La Cecenia tra l'altro fa parte dell'Europa, geograficamente. Per questo non mi metterò a solleticare i nervi con racconti di come hanno ucciso, tolto scalpi e tagliato nasi e orecchie. Capitemi bene, non è quello lo scopo del mio lavoro, ma prevenire atrocità di questo genere in futuro.
Quanti morti ci sono stati, sia ceceni sia russi?
Sapete, la vera tragedia è che non c'è una statistica precisa. Ci sono statistiche nei singoli villaggi e nelle unità militari. Ma chi è al potere fa di tutto perché non ci siano dati ufficiali. Per questo, qualsiasi cifra io vi dica, sarà solo la mia cifra, non corretta, e un altro vi darà la sua. So che sono migliaia a oggi, migliaia, e questa storia non è ancora finita, sta continuando.
Un rappresentate ceceno a Tblisi parla di 400 mila morti...
La cifra esatta non la conosce nessuno e di queste parole sono pronta a rispondere. Sì, il signor Aldanov, credo vi riferiate a lui, ha parlato di 400 mila vittime, ma un altro rappresentante di Mashkadov ha parlato di 250 mila. Io so che i federali diminuiscono il numero di perdite, mentre i ceceni lo aumentano. Penso comunque che questo sia un problema del futuro.
Ha paura del Cremlino?
Tutti hanno paura ora, e anch'io sono una parte del tutto. Anch'io ho paura, ma questa è la mia professione e avere paura è una cosa tua, personale. La professione esige che si lavori e si parli di quello che è il fatto principale nel Paese e la guerra che continua è il fatto principale.
Perché lì muore la nostra gente. E avere paura o non averne è il rischio di questa professione.
Non sono d'accordo sul fatto che l'occidente si disinteressi...
Non sto parlando di voi. In tutto questo tempo molti giornalisti occidentali hanno tentato di far conoscere quanto sta accadendo. Ma la realtà è che i leader occidentali si sono messi d'accordo con Putin, e il prezzo di questo compromesso è la Cecenia. La società occidentale non è riuscita ad essere compatta e ottenere che i propri leader contrastassero Putin.
Perché la comunità internazionale non conosce i fatti veri?
Il mondo sa. Basta entrare in Internet e vedere cosa scrive Human rights watch, Amnesty International che monitorano costantemente la situazione cecena. Ogni volta che Putin fa visita a un leader occidentale, si rivolgono al leader di quel Paese. E come può non sapere? Il mondo sa, ma non vuole prendere posizione... Viviamo in un tempo veramente strano, o almeno io non avrei mai pensato che sarebbe arrivato il momento del concetto di terrorismo di stato e terrorismo non dello stato in lotta l'uno contro l'altro. Su che base gli Usa sono entrati in Iraq? Capisco perfettamente chi è stato Hussein, che il suo regime era terribile, ma su che basi sono entrati lì i soldati americani? Non capisco. Capisco che Basaev in Cecenia è il tipico terrorista, ma non capisco perché per quattro anni si risponde con azioni terroristiche che coinvolgono tutta la popolazione.