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Paolo Berdini
Monte d’oro, un esempio della “nuova” urbanistica
1 Marzo 2005
Conviene, almeno finanziariamente, dare cubature ai prprietari fondiari, e aumentare così i carichi urbanistici, per avere gratis aree per i servizi? Sembra proprio di no, da questo studio del caso

1. Le motivazioni del programma integrato

Mentana è un comune della prima cintura romana, investito –al pari dell’intera area metropolitani- dalle dinamiche della capitale. Dal 1991 al 2001 la popolazione è passata da 14.440 a 16.200 abitanti, con un incremento del 13%. La speculazione edilizia e le amministrazioni “amiche” devono avere invece fiutato il grande affare. Una società immobiliare proprietaria di 16 ettari di terreno agricolo propone al Comune uno dei tanti programmi dell’urbanistica neoliberista in cui, in cambio della possibilità di realizzare 103.000 metri cubi (più o meno 1.000 nuovi abitanti), avrebbe realizzato una serie di opere “nell’esclusivo interesse dei cittadini”.

Nella tavola introduttiva della proposta di “Programma integrato di intervento” ai sensi della legge regionale n. 22/97 in località “Monte d’Oro, Casali di Mentana”, si vede la localizzazione dell’area (fig.1). Nella parte orientale della proprietà è compresa una zona di particolare pregio storico-testimoniale poiché è il sito dell’antica città di Nomentum: per questo l’area è vincolata ai sensi della legge 1089/39 (nella figura l’area archeologica ha una retinatura rossa).

A nord dell’area agricola esiste una zona abusiva denominata “Casali di Mentana” del tutto priva delle aree a standard. La sua presenza ha fornito una delle motivazioni per presentare il programma integrato: la liturgia della nuova urbanistica si basa sul fatto che i comuni non abbiano soldi per acquisire aree e che è meglio pertanto affidarsi al mercato e ai proprietari fondiari: saranno loro a fornire le aree necessarie per la realizzazione dei servizi pubblici.

Fig. 1. Localizzazione del Programma integrato “Monte d’Oro”

La proprietà spinge per ottenere la variante urbanistica e la conseguente valorizzazione immobiliare, in cambio realizzerà una serie di opere pubbliche: in parte con l’utilizzazione degli oneri di urbanizzazione e in parte con un aumento unilaterale di tali oneri. E’ un punto cruciale, poiché i sostenitori della “nuova” urbanistica affermano che in questa ulteriore quota a carico della proprietà sta l’unica compressione possibile della rendita fondiaria e, conseguentemente, la convenienza pubblica a ricorrere all’uso dei programmi complessi.

E in realtà, se ci ferma esclusivamente all’elenco delle opere promesse al comune di Mentana, se cioè non è dato di approfondire contenuti e modalità dell’offerta, si resta colpiti dalla loro entità. In cambio della valorizzazione immobiliare la proprietà –e qui facciamo parlare i documenti ufficiali- sintetizza così i principali effetti dell’attuazione della proposta:

  1. Aumento dell’occupazione sia diretta, con creazione di nuovi posti di lavoro, che indiretta, con prevalenza di primo impiego, derivante dalla realizzazione delle opere, delle nuove attività di carattere ricettivo e commerciale, nonché della creazione del Parco Archeologico che assumerebbe finalmente gli aspetti di un programma concreto e praticabile a breve termine;
  2. Disponibilità immediata, e senza necessità di applicazione della procedura espropriativa di un’area di mq. 70.520 indispensabile per la realizzazione del Parco Archeologico;
  3. Dotazione di aree per standard urbanistici dimensionati sia per i 966 nuovi abitanti da insediare che ad integrazione della dotazione teorica di PRG per i 740 abitanti all’interno della zona “B” contigua all’ambito di intervento;
  4. Acquisizione di un’area della superficie di mq. 6.3560 circostante il c.d. “Casale di Agrippina” in località Casale di Greppe-via di Stallonara, già di proprietà finalizzata ad ampliare l’esistente proprietà comunale per un uso socio-culturale di tale immobile;
  5. Realizzazione e cessione all’Amministrazione di una piscina –escluse tutte le sistemazioni esterne- destinata alla pratica sportiva di base costituita da vasca delle dimensioni di mt. 25 x 12,50 con profondità variabile da mt. 1,20 a 2,40, coperta con struttura pressostatica a doppia membrana e corpo edilizio di servizio (spogliatoi, locali tecnici, etc) della superficie complessiva di mq 100 circa.

Come si vede la formulazione è volutamente equivoca: si parla di cessioni disponibilità e acquisizioni, lasciando intendere che si tratta di atti gratuiti. Del resto, nella stessa relazione illustrativa del progetto (pag. 2) si afferma che ”Tale programma propone all’Amministrazione la realizzazione di nuove volumetrie di tipo residenziale, commerciale e ricettivo in cambio della cessione di un’area di altissimo pregio ambientale e storico archeologico indispensabile per la creazione del Parco Archeologico Nomentum”.

2. L’imbroglio del “contributo straordinario”

Questo pacchetto di opere pubbliche è alla base delle motivazioni di approvazione il 29 dicembre 2004 da parte dell’Amministrazione comunale di Mentana. Il programma integrato ottiene la realizzazione di 103.000 metri cubi, di cui 80.000 destinati alla residenza.

Fig. 2. Il programma integrato “Monte d’oro” approvato dal comune di Mentana

A fronte del riconoscimento delle cubature, vediamo che sorprese riserva la lettura degli elaborati. Il primo “beneficio” riguarderebbe la cessione al comune dell’area per la realizzazione del “Parco archeologico Nomentum”. Si tratta di 70.520 metri quadrati destinati, come abbiamo detto, ad uso agricolo e gravati da un vincolo ai sensi dell’art.42 della legge 1089/39 (oggi DL 42/2004). Un’area con un vincolo simile ha un valore economico molto limitato: una stima prudenziale si fermerebbe su 7,5 euro a metro quadrato. E’ la cifra che viene erogata per piccoli espropri in zona agricole nei comuni di quel comprensorio. Del resto è la stessa proprietà ad ammetterlo implicitamente quando stima complessivamente il valore dei terreni nella misura di 15 euro al metro quadrato: se tale cifra è il valore medio è indubbio che l’area vincolata abbia un peso relativo minore delle altre.

La cessione, applicando la stima unitaria proposta dalla proprietà di 15 euro, ha un costo per il comune di Mentana di 1.057.800 euro (cfr. elaborato “A” “Relazione tecnica e piano economico”, pag. 14), e cioè un valore due volte maggiore di quanto è il valore dell’area nello stato in cui si trova. Se si applicasse il valore economico vero (circa 10 euro) quello stesso terreno verrebbe a costare alla collettività 528.900 euro: 528.900 euro in meno.

Con il primo “dono”, dunque, la proprietà incassa più di un miliardo delle vecchie lire.

Ma è senz’altro il secondo “regalo” ad essere scandaloso. Nella proposta era contenuta la promessa della cessione di 6.600 metri quadrati di superficie a standard di servizi per l’area abusiva di Casali di Mentana. In questo caso il valore di cessione (pag. 24 dell’elaborato “A”) viene valutato a 98 euro a metro quadrato, e cioè un prezzo di un terreno edificabile!

Il terreno era agricolo ed è stato trasformato dalla deliberazione di approvazione del “Programma integrato” in edificabile. Con la stessa deliberazione, dunque, il comune di Mentana accetta di pagare come edificabile quella stessa area fino ad allora agricola. Per avere 6.600 metri quadrati, la comunità di Mentana dovrà pagare 646.800 euro ai proponenti, mentre il valore di mercato reale vicino ai 10 euro a metro quadrato, avrebbe comportato una spesa di 66.000 euro: l’incremento è del 1000 per cento.

Nel caso del terzo regalo, e cioè la cessione di 6.360 metri quadrati adiacenti al casale di Agrippina, il margine di lucro viene attenuato. Le aree vengono valutate unitariamente a 12,5 euro, per una spesa complessiva di 79.500 euro. Il valore reale di quella piccola area è identico al precedente: l’esborso complessivo avrebbe dovuto essere di 63.600 euro: stavolta il guadagno è di appena 15.900 euro.

Solo con le tre valorizzazioni fondiarie effettuate sulle aree di cessione, la proprietà incassa senza muovere un dito 1.125.600 euro. A questo punto, è anche possibile l’inserimento dell’unico vero regalo, e cioè la realizzazione della piccola piscina. Un’operazione in puro stile magliaro: questa viene valutata 450.000 euro, e cioè un terzo di quanto il comune ha generosamente donato alla proprietà.

E siamo ancora alla fase preliminare. Poi verrà l’enorme guadagno derivante dalla costruzione dei 103.000 metri cubi. Qui la relazione economica è abbastanza veritiera, poiché stima l’ammontare complessivo del “valore degli immobili a trasformazione avvenuta” in 45.818.000 euro. Il ricavo può essere ragionevolmente stimato intorno al 20% di questa cifra: la proprietà fondiaria riuscirà a guadagnare alle spalle dei cittadini di Mentana altri 9 milioni di euro circa.

Non esiste altra attività economica, speculazione finanziaria a parte, che fornisce margini di guadagno così astronomici: è del tutto evidente che l’urbanistica contrattata fornisce un’inaspettata boccata di ossigeno alla più retriva speculazione. E ci sarebbe poi da ragionare sugli effetti che la ripresa della rendita produce sul sistema produttivo, nel senso che finché potranno essere lucrate somme di questa rilevanza senza rischi –le legge derogatorie permettono tutto alla luce del sole- nessun investitore privilegerà il comparto produttivo.

3. Urbanistica creativa e rendita

L’episodio del programma integrato Monte d’oro di Mentana potrebbe essere soltanto un classico esempio di malaffare, anche se gli strumenti dell’urbanistica contrattata sembrano fatti apposta per spianare la strada alla speculazione. Ma se venisse confermato il metodo utilizzato a Mentana, e cioè se anche altri comuni pagano per acquisire le aree per servizi somme sostanzialmente simili al valore di esproprio, cadrebbe rovinosamente la più efficace arma dei sostenitori della “nuova” urbanistica.

E’ infatti da tempo che viene propagandata una presunta divisione tra le culture urbanistiche tra i massimalisti sostenitori dell’esproprio che svuoterebbe le casse pubbliche e i buoni riformisti che attraverso l’uso della perequazione compensativa riescono ad avere gratuitamente le stesse aree. Ecco quanto ha scritto di recente Giuseppe Campos Venuti. Parlando del nuovo piano regolatore di Roma afferma:

Mentre l’altra battaglia ideologica condotta sotto le bandiere dell’esproprio più o meno generalizzato, a conti fatti prospetta un altro insuccesso. Infatti le aree per usi pubblici acquisite gratuitamente grazie al meccanismo compensativo, fra una cosa e l’altra calano di circa 1.700 ettari, mentre quelle da espropriare sono quasi quadruplicate, superando complessivamente i 3.000 ettari. Al prezzo medio di 100.000 lire al metro quadrato, cioè di 50 euro, questa massa di espropri costerebbe 3.000 miliardi di lire, cioè un miliardo e mezzo di euro. Una cifra colossale da pagare alla grande proprietà fondiaria.”

Di gratuito, nel caso di Mentana non c’è nulla. Anzi, il costo che il comune paga per le aree pubbliche è addirittura superiore alla cifra paventata dal decano dell’urbanistica liberista a tinte fosche per Roma: invece di 50 euro siamo a 30 per il parco archeologico e 98 per le aree destinate alla borgata, ma siamo in un piccolo comune che ha valutazioni catastali nettamente inferiori a quelle romane. Vale la pena di ribadire ancora una volta che nessuna persona di buon senso fa dell’esproprio una bandiere disciplinare e la intollerabile insistenza con cui si cerca di gettare discredito su chi ha opinioni diverse dovrebbe, per il bene di tutti, finire per sempre.

Ma sembra finalmente chiarirsi un equivoco: se per perequazione compensativa si intende quanto già previsto dalla legge fondamentale è appena il caso di ribadire il generale consenso, non fosse altro per aver utilizzato quel metodo in tante esperienze professionali. Ma se invece quella formulazione nasconde la devastante capitolazione dei pubblici poteri verso la speculazione fondiaria che abbiamo narrato, il discorso si fa diverso. E converrà farlo fino in fondo.

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