Oggi la Mogherini«illustrerà al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite la drammatica situazione dei migranti nel Mediterraneo e la decisione del Consiglio europeo di condurre una missione per la distruzione delle barche usate dai trafficanti di esseri umani». La Repubblica, 11 maggio 2015
Mercoledì, invece, il collegio dei commissari dovrebbe approvare l’Agenda europea per le migrazioni, un documento che stabilirà una serie di principi per far fronte in modo strutturale alla questione degli immigrati, sia di quelli che cercano asilo, sia di quelli irregolari, sia dei migranti che richiedono un permesso di lavoro. Il documento prevede, tra l’altro, l’obbligo di ridistribuire i profughi tra i vari Stati membri tenendo conto della popolazione, del Pil e del numero di rifugiati già ospitati. Un obiettivo ambizioso, che infatti suscita forti resistenze da parte di molti Paesi, a partire dalla Gran Bretagna, dall’Irlanda, dall’Ungheria e da numerosi governi del Nord e dell’Est europeo. Il dibattito sarà lungo. E difficilmente i primi atti legislativi concreti potranno vedere la luce prima dell’autunno prossimo. Per sbloccare la situazione, la Commissione ha deciso di ricorrere all’articolo 78.3 del Trattato, che dà all’esecutivo comunitario la possibilità di proporre «misure di urgenza» sulle quali il Consiglio deve decidere a maggioranza «sentito il Parlamento europeo», il cui via libera non è dunque vincolante. Queste misure di urgenza riguarderebbero l’accoglienza di un numero limitato di rifugiati da distribuire tra gli stati membri sempre in base alla stessa chiave di ripartizione. Quale sarà questo numero non è ancora deciso in via definitiva. In un primo momento si era parlato di cinquemila, cifra scartata perché considerata irrisoria. Alla fine è comunque probabile che la cifra proposta dalla Commissione si situerà tra dieci e ventimila rifugiati attualmente ammassati nei centri di accoglienza in Italia, a Malta e in Grecia.
La procedura di urgenza dovrebbe anche consentire di evitare che si crei una minoranza in grado di impedire l’approvazione della proposta della Commissione. Infatti, poiché si riferisce alle procedure di richiesta di asilo, la norma di fatto consente un «opt-out» di Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca. Se decidessero, come è probabile, di esercitare il loro diritto a chiamarsi fuori dal provvedimento, i tre Paesi sarebbero anche esclusi dalla votazione e tra i rimanenti non dovrebbe essere difficile raccogliere la maggioranza qualificata necessaria.