Il manifesto, 25 agosto 2015
L’Europa deve “unificare” il diritto d’asilo e le procedure di accoglienza, per arrivare a una “politica migratoria comune, con regole comuni” per far fronte a “una situazione eccezionale, destinata a durare”. Lo ha detto a Berlino François Hollande, alla conclusione della prima parte dell’incontro con Angela Merkel, che è poi proseguito sulla crisi ucraina, con la presenza del presidente Piotr Poroshenko, altra questione sempre aperta in Europa ma messa in secondo piano a causa dell’emergenza migranti. Francia e Germania prevedono di “dare un nuovo impulso” congiunto per arrivare a una risposta europea, perché “per il momento”, dicono all’Eliseo, le decisioni della Ue sono “non sufficienti, non abbastanza rapide e non all’altezza” nella loro applicazione. Nel mirino di Hollande e Merkel, prima di tutto, c’è l’inerzia dei paesi di primo sbarco – Italia e Grecia – nell’apertura di centri di registrazione dei migranti: il principio era stato approvato nel giugno scorso, ma per il momento nessuno è stato aperto. “Non possiamo tollerare questo ritardo”, ha aggiunto Merkel, che ha sottolineato che i paesi europei devono applicare “il più rapidamente possibile” le regole del diritto d’asilo, che solo sulla carta sono più o meno simili nella Ue. Poi, ha precisato Hollande, seguirà una “ripartizione equa” dei rifugiati, come prevede la Commissione. Ma il presidente francese ha già messo le mani avanti: con un sistema unificato di asilo nella zona Schengen si eviterà che “alcuni paesi ne accolgano più di altri”.
Non c’era da aspettarsi una proposta di soluzione dall’incontro tra Merkel e Hollande, ma Berlino ieri è stata una nuova occasione per confermare l’approccio dominante in Europa, concentrato sull’improbabile separazione tra “rifugiati” e “migranti” (economici, climatici ecc.), i primi ufficialmente da accogliere da parte della “generosità” europea, i secondi da respingere e rimandare a casa, “riaccompagnati con dignità” ha precisato Hollande. Germania e Francia prevedono di aggiornare una lista comune per individuare i paesi “non a rischio”, i cui cittadini verrebbero cosi’ automaticamente esclusi dal diritto d’asilo (contravvenendo la Convenzione del ’51, che prende in considerazione situazioni di persecuzione individuale). Un’armonizzazione europea di questa lista sarà destinata a “fare chiarezza” sulle differenze di trattamento a cui sono sottoposti in particolare i cittadini di paesi balcanici nei vari paesi Ue. Il ministro degli esteri francese, Laurent Fabius, ha annunciato che “nei prossimi giorni” ci sarà una riunione dei ministri degli Interni e degli Esteri della Ue sulla questione dei migranti. Dovranno trovare un delicato equilibrio per conciliare i timori che alcuni governi in carica hanno dell’estrema destra (altri, come in Ungheria, hanno già passato il Rubicone) e la paura che l’Europa perda “l’anima”, come ha affermato il ministro degli esteri Gentiloni.
La Germania accoglie oggi di più della Francia, ma Parigi ribatte di avere su questo fronte un passato più pesante alle spalle. Merkel ha condannato ieri le violenze degli “ubriaconi” neo-nazi in Sassonia, il vice-cancelliere Sigmar Gabriel accusa l’Europa di essere caduta in un “sonno profondo” e punta il dito contro i paesi che voltano le spalle a problema e dicono “non ci riguarda”. Finora, i paesi europei hanno cercato di scaricarsi il “fardello”, come la Francia verso l’Italia a Ventimiglia o la Gran Bretagna verso la Francia a Calais. La tendenza è di liberarsi del “fardello” dando dei soldi (Londra per esempio ha deciso di versare 10 milioni di euro in più alla Francia oltre ai 15 stanziati nel 2014 su tre anni per delegare a Parigi i respingimenti a Calais).
La minaccia dell’estrema destra sta paralizzando i governi europei. Secondo Frontex, 340mila persone sono entrate senza visto nella Ue nei primi sette mesi di quest’anno. La Ue avrà sempre un maggior bisogno di immigrati per far fronte al drammatico calo demografico, problema a cui sfugge praticamente solo la Francia (con 1,9 bambini per donna, mentre in Europa la media è di 1,55, con punte minime in Spagna con 1,27, mentre in Italia in 35 anni la popolazione con più di 65 anni sarà moltiplicata per sei)