Ricordiamolo tutti e tutte, non solo il prossimo 8 marzo, che la democrazia repubblicana e il maggior potere del popolo li abbiamo conquistati grazie all'apporto tenace e continuo delle donne capaci di lottare.
La Repubblica, 3 marzo 2016
Nell’Italia piegata dal fascismo e dal conflitto mondiale il primo voto femminile cade nel marzo di 70 anni fa, nelle elezioni amministrative che inaugurano la partecipazione politica del dopoguerra. A più di dieci mesi di distanza dalla liberazione del 25 aprile 1945 la cifra della democrazia passa per l’inclusione di tanti con il conseguente allargamento delle basi di legittimazione della Repubblica. Il diritto di voto diventa un grimaldello che segna l’inizio di una nuova stagione, l’avvio di una fase costituente sotto tanti punti di vista (materiali, spirituali, istituzionali). Nel riconoscimento di un diritto individuale si saldano strategie e processi di lungo periodo: la ricerca di forme di partecipazione, l’avvio di possibili esperienze collettive, le opzioni sulle scelte fondanti di chi voleva cambiare rotta. La Repubblica diventa lo spazio per le nuove strategie di cittadinanza: per la prima volta si può pensare o tentare di diventare cittadine.
Una successione di 5 domeniche (10, 17, 24, 31 marzo e 7 aprile 1946) compone la prima tornata amministrativa dell’Italia liberata. La seconda qualche mese dopo, tra ottobre e novembre. In mezzo tra i due appuntamenti il referendum del 2 giugno, la scelta tra monarchia e repubblica e la contestuale elezione dell’assemblea costituente. Il voto per i comuni è quindi un passo verso il suffragio. La prima tornata nelle domeniche di 70 anni fa prevede il voto in 5722 centri (quasi l’80 per cento dei comuni del Nord, più dell’84 del Centro e quasi il 74 per cento di quelli del Sud); sono chiamati alle urne quasi 20 milioni di elettori, in maggioranza donne (quasi un milione più degli uomini). L’affluenza supera di poco l’82 per cento. È un successo diffuso, un fiume di partecipazione che unisce il paese in un clima di festa.
La premessa di un lungo dopoguerra è ben racchiusa nelle riflessioni autobiografiche che Norberto Bobbio ha dedicato alle origini della democrazia italiana venti anni fa, in occasione del cinquantenario del 1946: «Quando votai per la prima volta alle elezioni amministrative dell’aprile ’46 avevo quasi trentasette anni. L’atto di gettare liberamente una scheda nell’urna senza sguardi indiscreti, un atto che ora è diventato un’abitudine, apparve quella prima volta una grande conquista civile che ci rendeva finalmente cittadini adulti. Rappresentava non solo per noi ma anche per il nostro Paese l’inizio di una nuova storia».